Anohni ci ha deliziato il 31 ottobre con una piccola perla; un video dedica con la sua malinconica versione di I Will Survive.
In vista delle elezioni del 2020, Anohni aveva già pubblicato due canzoni di protesta anti-Trump, “R.N.C.” e una collaborazione con CocoRosie e Big Freedia dal titolo “End of the Freak Show“.
A poche ore dal grande giorno, la musicista ha condiviso una cover del classico di Gloria Gaynor “I Will Survive”. Anohni usa quesa canzone per inveire contro l’attuale amministrazione, tutto l’odio e le ingiustizie, che ha perpetuato negli ultimi quattro anni il governo Trump.
Questa versione di I Will Survive è rallentata come una ballad drammatica. L’originale a cantarla per la prima volta è stata Gloria Gaynor nel 1978. Da sempre è stata associata ai diritti della comunità lgbtq+, ma oggi si tinge di sfumature più inquietanti.
Ciò che ha fatto parlare però è stato quello che Anohni ha scritto sulla sua pagina YouTube dove ha detto di aver detto di no all’offerta di 200mila dollari che Facebook le avrebbe dato per usare la sua canzone.
Nel testo di accompagnamento che ha scritto infatti racconta quello che è accaduto con Facebook.
Questa versione della canzone infatti esiste dal 2001. Lo scorso giugno Facebook avrebbe contattato Anohni per utilizzarla per uno spot per tutte quelle piccole attività commerciali che sono presenti sul sito e che purtroppo la pandemia del Covid 19 le ha colpite.
Anohni ha scritto: “Avrei potuto prendere quei soldi, ma ho detto di no perché non volevo essere complice dell’hosting di Facebook nel rilanciare notizie false che avrebbero potuto permettere la rielezione di Donald Trump.
Hanno risposto dicendomi che stavano placando le preoccupazioni degli altri partecipanti facendo donazioni alle loro associazioni di beneficenza, oltre a pagarle.
Mi sono svegliato la mattina dopo e ho capito che non era nemmeno pubblicità; questa è politica, e non so nemmeno quanto sia profonda quest’acqua.Questa azienda Droga5 ha lavorato con Obama, Google e altri. Ho dovuto andarmene.”
Mesi dopo l’accaduto Anohni vide sul social network la pubblicità che però aveva una versione di “I will Survive” che ricordava molto la sua quasi al limite dell’imitazione. “Un mese dopo ho visto l’annuncio. Facebook aveva assunto un altra cantante per copiare la mia versione della canzone. Era una sensazione nauseante.
Sappiamo tutti che Facebook, Google, Twitter, Amazon e altri sembrano distruggere le nostre vite, le nostre menti, il nostro lavoro, le nostre culture e la capacità delle nostre società di governarsi.
Noi, come artisti, siamo stati i primi ad essere bloccati per essere nutriti e nello stesso tempo essere prosciugati da aziende come Apple e Facebook.E ora come artisti, dovremmo essere i primi ad andarcene.
Dobbiamo dimostrare che è possibile vivere senza Instagram, senza Facebook, senza Google e Amazon. Dobbiamo sforzarci di ricostruire le nostre vite e le nostre comunità, le nostre conversazioni private, in modi che non si basino su infrastrutture e interfacce manipolate fornite dalle società più ricche del mondo.
Dopo la debacle di Facebook, mi sono sentita obbligata a completare la mia versione in studio di “I Will Survive”. È stata la prima canzone che ho cantato nei nightclub di New York quando avevo 20 anni. L’ho cantata centinaia di volte.
A quei tempi la cantavo pensando a Marsha P. Johnson e alla comunità di gay underground che lottavano per sopravvivere di fronte all’AIDS. Ora mi sembra un inno per il futuro della vita sulla terra.
Ovviamente, Youtube è di proprietà di Google. Non ho chiuso tutti i miei account. Ma voglio parlarvi di questo; Voglio far parte di questa conversazione.”
Nel Video che Anohni ha postato su Youtube vediamo del footage degli anni novanta della cantante. Sopra queste immagini si vedono le frasi di dedica che lei ha pensato per questa canzone:
Dedicato a tutte le vite delle trans nere in via di estinzione.
A tutti coloro che attendono l’esecuzione nelle camere della morte degli Stati Uniti.
Alle barriere coralline del mondo, ora in decomposizione.
Dedicato a coloro che negli Stati Uniti muoiono per negligenza medica.
Alle vite delle persone nere torturate e rubate dalla polizia americana.
Dedicato alle foreste bruciate e agli animali dell’Australia, dell’Amazzonia, della Siberia, del Colorado, del Borneo, della California e dell’Oregon. Ai preziosi animali selvatici, uccelli e insetti che ancora lottano per vivere.
Dedicato alle sacre comunità indigene di Stati Uniti, Australia, Brasile e in tutto il mondo che continuano a combattere governi e corporazioni brutali.
A coloro i cui mezzi di sussistenza sono stati ridotti dalla tecnologia.
Dedicato al sacro popolo gay che lotta per la propria vita e la propria dignità in Afghanistan, Iraq, Arabia saudita, Uganda, Yemen, Russia, Polonia, Iran, Cina, Somalia, Egitto, Turchia, Emirati Arabi, Nigeria…ai ricordi di quei bambini gay le cui vite sono state rubate da governi, assassini e persino dalle loro stesse famiglie.
Ai fantasmi che vagano su questa terra, ricordando cosa è successo qui.
Dedicato a tutti i bambini che lottano per la propria vita nel futuro che stanno preparando per loro.
Saremo ricordati per quello che abbiamo fatto.
E per quello che stiamo per fare.