Tom de Pékin è un artista, attivista, grafico e regista. Nelle suo opere l’erotismo è sempre presente e protagonista. Le sue illustrazioni passano tranquillamente da colori violenti ai bianchi e neri più cupi, perversi.
Quello che succede, osservando i disegni è la sensazione di smarrimento, allo stesso tempo di appartenenza che si prova. Dove è un piacere naufragarci.
I disegni di Tom de Pékin creano sensazioni tangibili di allerta, di voyeurismo e di eccitamento. Osservando il suo Instagram è interessante vedere i collage mentali che crea quando realizza un disegno. Solitamente nella sequenza, subito dopo l’opera, si vede l’immagine o le immagini da cui ha preso spunto.
E’ come se la realtà che Tom de Pékin vede, venga poi tradotta attraverso i suoi occhi e con la sua arte, in quegli scenari erotici che realizza.
Tom de Pékin è anche un regista, i suoi film sono un’estensione del suo lavoro grafico, ma solo eseguiti attraverso un mezzo diverso, che si tratti di un cartone animato o di un film che mette in scena con persone.
Tom è nato nel 1963, vive e lavora a Parigi.
Ha studiato all’École des Beaux-Arts di Valencia. Fondò la casa editrice Éditions des 4 mers dal 1994 al 2000, insieme all’artista Guillaume Dégé. Dal 2000 si occupa di disegno, video, performance e arte stampata. I suoi libri illustrati vanno a ruba e la maggior parte sono fuori catalogo.
Che cosa ricordi del tempo che hai trascorso a Savoy prima di trasferirti a Parigi?
Le lunghe passeggiate in montagna, le scarpe da passeggio pesanti, i calzini di lana spessa che cadono sulle caviglie e i miei pantaloncini corti che si attaccano alle mie cosce…
Mi racconti che differenze riscontri nel creare oggi rispetto gli anni 80? Che cosa è cambiato per davvero per te nella società e nel modo in cui crei arte?
Per me gli anni ’80 sono inseparabili dall’HIV, questa pesante spada di Damocle che pende sulle nostre teste, l’epidemia ha occupato tutto lo spazio della nostra vita, ci ha rimandato alle nostre paure e allo stato di vittima. In termini di creazione artistica, è complesso e probabilmente troppo presto per confrontare quel periodo con quello che stiamo vivendo oggi con il Covid19
Con il mio lavoro parto sempre dall’intimo, dal mio desiderio che, a seconda del periodo, si trasforma.
Trova il suo posto tra il decorativo, l’attivista e talvolta adotta un atteggiamento politico. Nel tempo ho notato che la base di questo lavoro è cambiata molto poco, si arricchisce soprattutto di nuovi ambiti creativi.
Mi piacciono molto i colori nelle tue opere. Che cosa significano per te?
Un brivido di piacere con la nostra retina.
Giochi sempre con scenari erotici nei tuoi lavori, dove trai inspirazione?
Le mie esperienze artistiche sono molto orientate alla riappropriazione delle immagini. Mi interessa il rapporto testo/immagine e le deviazioni dei codici visivi che condizionano la nostra vita sociale. Questa tecnica di approccio mi permette di lavorare sulle relazioni che abbiamo nella vita di tutti i giorni utilizzando le immagini contemporanee e d’archivio.
Trovo le immagini sui social network, presso rivenditori di stampe e foto. Pratico anche il trading.
Sei anche un performer artist, che cosa ti piace maggiormente di quest’arte? Mi parli di una performance che hai fatto di cui non te ne dimenticherai mai?
Amo l’arte per il suo lato soggettivo. Dal punto di vista performativo, il mio ricordo più bello è il giorno in cui, con uno dei miei amici, Fred Morin, sono andato a rendere omaggio a Rintintin, la grande star del cinema. Rintintin è un cane francese che ha fatto carriera negli Stati Uniti. Era una domenica ed ero vestito da addestramento per cani, nel cimitero dei cani di Asnières.
Sei definito come un artista attivista, quanto credi che l’arte possa far cambiare il punto di vista delle persone?
Penso che l’arte possa farti pensare di più, come la letteratura.
Che cosa pensi della comunità LGBTQ+ di oggi, quanta strada credi che dobbiamo ancora percorrere?
Mi sembra importante stringere legami tra di noi. Imparare a rimanere vigili sia all’interno che all’esterno della comunità.
Non ti sembra che nonostante siamo nel 2020 a volte abbiamo a che fare con gli stessi pregiudizi di sempre?
Dobbiamo continuare le nostre lotte e non lasciarci mai abbattere.
Nelle tue opere raffiguri il pissing e il S&M. Quale pratica preferisci?
È come il pattinaggio artistico e la danza sincronizzata, mi manca ancora trovare l’allenatore giusto…
Ricordo che un giorno del 2010 mi trovavo a Parigi ed ho comprato il libro Haldernablou Alfred Jerry 1873 1907 con le tue illustrazioni e testi. Ero alla libreria Les Mots à la Bouche, non ho potuto resistere, mi innamorai dei tuoi disegni e lo comprai anche se sapevo che non avrei potuto leggerlo dato che non parlo francese. Mi parli di quel libro?
È un’opera che è stata curata dalle edizioni United Dead Artists. Ho risposto alla richiesta di un’amica Hélène Azera che voleva che illustrassi questo testo.
Haldernablou (1894) è un’opera in due atti di Alfred Jarry (1873-1907), probabilmente una delle prime opere francesi a raccontare una storia d’amore esplicitamente omosessuale. Questa commedia parla dell’amore tra Duke Haldern e Page Ablou. Si ispira alle canzoni di Maldoror (1867) di Lautréamont.
Parla apertamente del desiderio amoroso e istintivo tra due uomini. Una dualità che incontra il fisico e il mentale, il sociale e l’animale, il religioso e il carnale.
Vediamo la storia di fusione che il diciannovenne Alfred Jarry ha avuto con il sedicenne Léon Paul-Fargue. Ciò che mi avvicina a questo bellissimo testo oscuro è la pratica del collage che utilizza Alfred Jarry, che conferisce al testo un significato maggiore.
I riferimenti sono multipli; le emozioni e i sentimenti nascosti trovano così un vero spazio di libertà. Questo è esattamente come mi sento quando costruisco un’immagine da varie fonti Internet.
La trasformazione si interrompe quando questa nuova immagine trova la propria autonomia. Quando ridisegno questo collage finito. Questo lavoro intorno ad Haldernablou ha dato origine a un progetto interdisciplinare, che riunisce edizioni, film, performance, disegni, installazioni, lavoro con coreografi, attori, tecnici cinematografici.
È stato messo in mostra durante festival cinematografici ed in occasione di alcuni eventi in centri d’arte contemporanea.
Come descriveresti Tom de Pékin?
Un artista compagno.
Sei anche un regista di corti, che mi dici a riguardo? Hai intenzione di farne altri?
Ho realizzato molti film d’animazione, continuo a provare a fare cortometraggi attorno al progetto Haldernablou.
Che cosa preferisci maggiormente nel disegno?
Questa capacità di schiarirti le idee, quando te ne accorgi è un’ottima terapia!
Ricordo ancora il giorno in cui sono andato a vedere al cinema Lo Sconosciuto del Lago di Alain Guiraudie e vidi il poster che ti avevano commissionato per la locandina. L’avrei rubato!
Spero tu l’abbia rubato…
Se dovessi pensare ad un artista che ti ha ispirato artisticamente, che nome mi diresti?
La scoperta del film Querelle di Rainer Werner Fassbinder, basato sull’opera di Jean Genet. L’ ho visto quando è uscito nelle sale e rimarrà per me uno dei grandi momenti della mia vita. Mi ha dato tutte le chiavi creative per andare avanti.