Adam Baker nei suoi quadri racconta una queerness autobiografica, immaginata e amplificata per creare una messa in scena pittorica inquietante, quasi onirica dell’esistenza gay.
Adam Baker è un pittore astratto-figurativo inglese che lavora con la pittura ad olio. Adam parte dalla rielaborazione di fotografie vintage di atleti e militari, dove solitamente viene celebrata la realizzazione fisica maschile. Attraverso il suo processo creativo Adam Baker sovverte lo scopo originale dell’immagine ed accentua le sfumature omoerotiche, deridendo leggermente la mascolinità eteronormativa.
I colori sono intensi, scuri, fluorescenti ed acidi. Insieme hanno un sapore rozzo e camp che affascina ed amplifica la teatralità e la natura sottilmente kitsch del materiale originale di partenza. Adam Baker consente una visione un po’ viziosa della normalità e mette amabilmente in dubbio la correttezza di certi generi rispetto ad altri o su altri.
Da dove nasce il tuo interesse per la pittura?
Essere dislessico, scrivere e parlare non è mai stato il mio punto di forza, ma raccontare storie attraverso le immagini ha sempre catturato la mia immaginazione. Fin da piccolo amavo disegnare, dipingere e raccontare storie. Ho trovato la pittura il modo migliore per comunicarle. L’interesse è cresciuto da lì.
I tuoi dipinti trattano l’ambiguità e possono essere interpretati in modi differenti. Sicuramente alcune persone mettono in discussione cose come gli sportivi che si truccano o i loro costumi da bagno leopardati, giusto?
Amo che i miei dipinti possano avere interpretazioni multiple a seconda dell’identità dello spettatore.
La sfacciata reinterpretazione d’immagini eteronormative può allontanare le persone e creare questa giustapposizione all’immagine originale.
Hai certamente ragione differenti spettatori creano differenti interpretazioni.
Sei a tuo agio con un tipo di interpretazioni anche quando non è quello che avevi in mente quando stavi dipingendo?
Mi sento più a mio agio quando i miei dipinti vengono presi alla lettera da un pubblico che comprende meglio il mio punto di vista. Questa sembra una comprensione più autentica rispetto all’incomprensione e al simbolismo che spesso ho ricevuto in precedenza.
Hai notato dei cambiamenti nel modo in cui il tuo lavoro viene percepito da quando hai iniziato?
Penso che il mio lavoro stia trovando un pubblico queer più ampio, quindi ricevo un feedback meno negativo rispetto alla reazione che ha suscitato alla scuola d’arte, dove la maggior parte del pubblico era etero. Forse anche a causa della pandemia e delle restrizioni, ho notato che le persone danno maggiori riscontri a quello che posto, forse in risposta al Covid e alla mancanza di socializzazione, connessione umana ed intimità.
Che tipo di reazione speri dal tuo pubblico?
Non mi aspetto mai un tipo specifico di reazione, che sia positiva o negativa, per me è un successo purché susciti un’emozione.
I miei dipinti non hanno come dire: una taglia unica che vada bene per tutti.
Mi piace che le persone apprezzino i dipinti esteticamente, rimanendo incuriositi dalla narrazione e dal linguaggio.
Il punto di partenza del tuo lavoro sono fotografie vintage, giusto?
Per molti miei lavori, soprattutto l’anno scorso, sono partito da fotografie vintage sportive e dell’esercito. Ho una vasta collezione trovate nei mercatini e nei negozi dell’usato. Ho preso un’immagine, l’ho reinterpretata e ridisegnata. Ho combinato diversi riferimenti per creare la mia scena e la mia narrativa. Recentemente ho scattato delle fotografie ad alcuni amici e amanti LGBTQ +, per avere una nuova base di riferimento per i miei lavori. È stato un cambiamento stimolante per me.
Hai già in mente l’immagine che vuoi creare? Esegui degli schizzi preparatori o segui semplicemente il flusso della tua creatività?
Entrambi. Faccio spesso schizzi preliminari per avviare il processo e da lì vado con il flusso lasciando che un’idea iniziale di massima si sviluppi e vedo dove mi porta.
Voglio farti una domanda personale, siamo gay e ci piace esserlo, ma come ti senti ad essere etichettato a volte come un artista queer? Preferiresti essere definito solo come artista, non tenendo in considerazione quale sia il soggetto del tuo lavoro?
Questa è un’ottima domanda! All’inizio mi risentivo di essere etichettato in quel modo, forse per paura di non essere rispettato o apprezzato allo stesso modo di un altro artista. Col tempo non sono più così preoccupato di come le persone vogliono etichettare me o il mio lavoro, finché le persone osservano e rispondono ad esso. Ho notato un cambiamento positivo nel mondo dell’arte in cui “artista queer” e “lavoro queer” sono molto più celebrati e molto meno emarginati. Ma non saprei dirti se le etichette possano essere positive o restrittive, immagino che dipenda dall’intento dell’etichetta.
Mi piacciono tantissimo i colori che usi, sono così potenti. Che cosa significa per te il colore e perché questa decisione di usarlo?
Il colore è uno strumento fantastico, il più divertente in ciò che faccio. È sempre emozionante giocare con il colore. I colori combinati sono come la poesia. I colori da soli sono parole che se li si mette insieme possono creare una narrativa e un’esperienza così bella.
Qualcuno dei tuoi progetti si è rivelato impossibile da completare?
Tanti, quanti sono i dipinti di successo che pubblico, tanti ce ne sono di “falliti”, che non hanno la stessa sorte. Nessun dipinto “fallito” è uno spreco però, perché lo considero un esperimento e ho imparato qualcosa da esso.
Quando sai che un dipinto è finito? Quanto tempo ci vuole per crearne uno?
Alcuni dipinti sono molto rapidi e naturali, mentre altri richiedono più tempo e il processo è meno fluido. Devo ancora capire perché questo accada.
Immagino che la forza delle facce dei tuoi personaggi, sia il modo in cui le dipingi, non ci sono troppi dettagli, quindi lo spettatore potrebbe non sapere mai cosa stia succedendo nelle loro teste. Sei d’accordo?
Sì. I dipinti più grandi con figure più piccole, hanno meno dettagli e gesti più suggestivi, lasciando più spazio per l’interpretazione del pubblico. Mentre le figure più grandi hanno più dettagli, che danno emozioni più specifiche ai loro volti.
Ricordi la prima volta che hai pensato “Voglio essere un artista”?
Non riesco a individuare il momento esatto, ma a scuola ho capito che la pittura era la mia passione principale e se avessi potuto farne una carriera, sarei stato molto fortunato.
Dipingi nudo in studio?
Sì, molto durante l’estate quando lo studio diventa troppo caldo. Trovo che l’estate sia liberatoria.