Se si pensa alla moda la prima cosa che ci viene in mente non è sicuramente la canottiera, eppure questo capo, decisamente antiestetico, nel corso degli ultimi cento anni è stato capace di sprigionare, a chi l’ha indossato, una carica intima e sessuale senza paragoni.
Complici il cinema e la musica ieri e Netflix oggi, la canottiera è diventata iconica, politica, sfigata, tragicamente sexy.
I film straboccano di canottiere: dal Neorealismo a Tornatore, da Visconti a Hollywood, da Il Padrino, passando per tutti i Fast&Furious, salutando Madonna in Cercasi Susan Disperatamente e nel video di Ray of light arrivando a Zendaya che, nel film Netflix Malcolm&Marie, ha ridefinito il significato di sexy facendola arrivare negli armadi delle influencer e facendola letteralmente sparire dai negozi.
Perchè se è vero che è un film funziona grazie ai suoi personaggi è altrettanto vero che la canottiera è un gesto, un gesto che serve a creare il personaggio.
Nel 1951 usciva al cinema Un tram chiamato desiderio, in cui Marlon Brando interpreta il rozzo e proletario Stanley Kowalsky, che senza la canottiera non sarebbe stato lo stesso, così come Paul Newman, nel 1958, in La lunga estate calda, dove ad un certo punto si spoglia mandando ai matti chiunque lo guardi ancora, 60 anni dopo.
Nell’85 Freddy Mercury si esibisce a Wembley indossando una canottiera bianca e infuoca lo stadio e Fantozzi gli ha dato quel tocco di disagio e sfiga, ma che ha comunque abbracciato un certo tipo di target, Umberto Bossi ci ha costruito un’intera carriera politica grazie alla canottiera e da allora pensavamo di non vederla mai più indosso a nessuno.
E invece no, perchè si sa che certi amori fanno giri immensi e poi ritornano e infatti, dopo essere stata protagonista sulle passerelle (Dolce&Gabbana, Dries Van Noten, Jean Paul Gaultier su tutti) la canottiera fa switch tornando direttamente nel film capolavoro di Netflix Malcolm&Marie, diretto da Sam Lavinson.
Il film racconta la tormentata notte di un regista, fresco della prima di successo del suo ultimo film, e della compagna, attrice, che coglie l’occasione per dirgliene quattro.
John David Washington, per me tra i nuovi sex symbol del cinema, si sfila di dosso lo smoking come pochi sanno fare e Zendaya, sorprendente protagonista assoluta del film, con tre cambi di look ha reso memorabile un film e un personaggio.
Lo stylist, Law Roach, alla sua prima volta da costumista cinematografico, ha pensato ad un abito lungo, che ricorda quello di Michelle Pfeiffer in Scarface, così perfetto nel rendere le inquietudini interiori del personaggio, così glam da essere già finito nelle wishlist di chiunque. Una manciata di minuti dopo vediamo Marie in un completo intimo bianco e minimal, con canottiera e slip, riuscendo inaspettatamente a stravolgerne completamente il significato.
Come sarebbe stato il personaggio di Marie senza quel look così semplice ma infinitamente sexy?
Il suo nervosisimo non avrebbe la stessa evidenza, la sua emotività non sarebbe così palpabile ed elettrica, anche quando con un coltello in mano fa vedere al suo compagno che sarebbe stata perfetta per la parte che non le ha dato. Un look semplice ma potente, sexy ma non volgare, classico ma ancora nuovo, che aggiunge al personaggio una forza visiva notevole, senza ingabbiarlo e, al contrario, lasciandolo libero di far fluire tutto il proprio tormento interiore, anche grazie a una gestualità che proprio il look enfatizza.
Così gli outfit diventano i terzi protagonisti di questo imperdibile film che conferma il detto per cui se l’abito non fa il monaco, a volte il costume di scena fa il personaggio.