King Princess: dalla rabbia all’estasi

King Princess, in questa intervista esclusiva, ci racconta il viaggio emotivo e artistico dietro al suo nuovo album Girl Violence.

Con Girl Violence, King Princess torna con un album che è molto più di una semplice raccolta di canzoni: è un viaggio intenso e personale attraverso emozioni, identità e rinascita creativa. Tra sonorità pop accattivanti e testi crudi, l’artista racconta la sua esperienza di lasciare tutto alle spalle — le relazioni, una major, una città — per ritrovare se stessa. King Princess ci parla di musica, attivismo queer, collaborazioni e della sua recente esperienza sul set di Nine Perfect Stranger 2. Una conversazione autentica che svela il cuore pulsante di una delle voci più audaci della nuova scena musicale.

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Ciao Mikaela, come stai e dove ti trovi?

Sto molto bene, grazie! Sono a Brooklyn, a casa mia.

E tu dove sei?

A Milano.

Wow! Verrò a Milano a settembre.

Cosa verrai a fare?

Fashion Week, baby!

Allora ti aspettiamo, ma vogliamo anche uno show!

L’unica volta che ho suonato in Italia ero in apertura ai Sigur Rós a Lucca, e c’era tipo una sola persona a vedermi, una nonna di 80 anni. Però io le ho dato tutto e lei ha amato.

“Girl Violence” sembra una rinascita creativa. Cosa ti ha spinto a spogliarti di tutto e ricominciare da capo — lasciandoti alle spalle una relazione a lungo termine, una major e persino una città?

Credo che la cosa più incredibile del fare musica sia che è uno specchio del momento in cui ti trovi, emotivamente, spiritualmente, fisicamente e anche geograficamente. Per questo disco, che vedo come un’indagine sugli ultimi dieci anni della mia vita, ho sentito il bisogno di tornare a casa, a Brooklyn, e lasciare Los Angeles.

Mi sono chiesta: come posso rappresentare questo sentimento che mi accompagna da quando avevo 16 anni? Pensando alla mia vita, le parole Girl Violence rappresentavano al meglio questo pensiero. Questa idea, unita al ritorno alle mie radici, ha dato vita all’album.

Quindi è stata anche un’analisi utile a te stessa.

Oh my gosh! È stato come fare terapia.

La prima canzone, la title track, è come una dichiarazione d’intenti che imposta il tono dell’album. Sei d’accordo?

Assolutamente. È stata la prima canzone che ho scritto e getta le basi del disco, anticipandone i temi. Quando sceglievo la tracklist, questa canzone mi dava la sensazione perfetta per iniziare questo viaggio. È una piccola e dolce dichiarazione: “and I guess it’s true love ‘cause it really fucks with me. Nobody mentions that girl can be violence”. Il testo è giocoso ma allo stesso tempo malinconico.

Parliamo dell’artwork. Nei dischi precedenti sembrava che stessi interpretando un personaggio, ma questa volta ci sei solo tu, in primo piano e in movimento. Diresti che questo è il tuo album più personale?

Sì, potrei dirlo. Ma la cosa divertente è che in questo album ho un antagonista che si chiama Cherry, che è l’incarnazione di Girl Violence. È un demone antico con le tette enormi, la burattinaia del caos. Non potrei essere più me stessa: l’armatura è caduta.

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King Princess “Girl Violence” (Sectionn 1)

“RIP KP” è audace, erotica e sfacciatamente queer. In che modo scrivere quella canzone ha cambiato il tuo rapporto con la tua identità?

In realtà è una canzone che parla dell’essere scopata ovunque — per me rappresenta il lato sexy di Girl Violence. Abbiamo deciso di pubblicarla come primo singolo perché mostra il lato più dolce: una brava ragazza così mentalmente presa da desiderare di essere la puttana di qualcuno.

Hai detto che questo è un album che avresti idolatrato a 15 anni. Cosa penserebbe la te quindicenne ascoltandolo oggi?

Se questo album fosse uscito quando avevo 15 anni, avrei comprato il vinile e mi sarei sdraiata sul letto a piangere ascoltandolo.

Che musica ascoltavi quando avevi 15 anni?

Oasis, Radiohead e, in generale, musica triste indie rock.

“Girl Violence” suona come il tuo album più vicino al pop finora — ma a livello di testi è anche il più crudo e personale. Questo contrasto era voluto?

La miglior musica pop nasce accidentalmente nei momenti in cui sei davvero a tuo agio. Non credo che il pop sia un genere, ma più il modo in cui cucini un pezzo. In questo caso, non avevo nessuno della label che mi dicesse cosa fare o che mi chiedesse di fargli sentire questo o quello.

Sono stata totalmente libera di esprimere me stessa, e di essere strana e fuori di testa come volevo. Il pop nasce dai miei istinti più strani come artista, e volevo trovarmi nella posizione di farlo nel modo più confortevole possibile.

È un album che per me suona molto libero e volevo che fosse facile da suonare dal vivo. Ricordo che la prima volta che abbiamo provato i pezzi per il live ho pensato: missione compiuta!

Hai detto che questo album ha un lato sexy, ma cosa è sexy per te?

Le lady sono molto sexy, una hot gay summer è sexy, fumare erba è sexy, andare al cinema e stare in casa con i miei amici è sexy, ma anche andare ai party!

Qual è l’ultimo film che hai visto?

Jurassic World: La Rinascita. L’ho adorato, adoro i dinosauri.

Scrivere testi così onesti all’interno di una struttura pop ti è sembrato liberatorio o rischioso?

Liberatorio. Sono molto istintiva, e quando ho voglia di cantare qualcosa è sempre una melodia pop. Amo la musica pop perché ti permette di essere libera, di stravolgere la struttura dei pezzi e rompere le barriere. Se sono spaventata non riesco a scrivere.

Chi è la voce che canta con te in “Say What You Will”?

Joe degli IDLES.

Come è nata questa collaborazione?

Mentre scrivevo il disco ho ascoltato moltissimo il loro album Tangk. È stato incredibile che abbia accettato di collaborare, e credo che mi abbia regalato uno dei testi più belli del disco. Quando avevo 19 anni ho suonato con Josh Holland e loro erano ospiti alla stessa serata; alla fine della performance hanno lanciato le bacchette della batteria, e una stava per cadermi in testa, ma l’ho afferrata. Mi hanno mandato dei fiori per scusarsi, ed è così che è nata la nostra amicizia. Ora siamo anche sulla stessa etichetta.

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La moda e l’estetica sono sempre state centrali nel tuo lavoro. In che modo lo storytelling visivo si intreccia con il tuo processo di scrittura musicale?

Se sono esigente con la musica, lo sono ancora di più con l’arte. Per questo album, insieme ai miei amici, abbiamo pensato a cosa ci facesse ridere e a cosa potesse avere lo stesso effetto anche su altre persone. Abbiamo approcciato tutto così.

Sei da tempo un’icona queer e un’attivista. Senti una responsabilità quando crei opere che risuonano così profondamente con i giovani queer?

Ne sento la responsabilità, ma poi penso che io stessa sono una giovane queer! Ascolto molto la mia comunità e ne attingo: sono una figlia di internet e sono sempre online. Le persone gay sono così intelligenti e divertenti, imparo moltissimo guardando i miei fan su Discord o TikTok. In generale amo le cose che mi fanno ridere.

Come ti senti riguardo al clima politico negli USA sotto l’amministrazione Trump, specialmente rispetto ai diritti e alla visibilità LGBTQ+?

Decisamente non bene. Ma sta succedendo ovunque: stiamo tutti facendo lo stesso errore ripetutamente, in Germania, in Italia… Continuiamo a fare due passi avanti e uno indietro sui diritti. Ci sono persone che si riuniscono e decidono per noi; saranno anche religiose, ma io ci vedo più una paura radicata verso le persone queer. Hanno paura perché siamo forti e ci temono.

Non serve parlare di Bibbia, qui si tratta solo di potere. Questi bigotti pieni di odio, sentendosi insignificanti nella cultura, si sono ribellati per reclamare quelli che credono siano i loro privilegi. Ma non ci arriveranno mai. Noi saremo sempre qui, siamo le persone che fanno arte e cultura a prescindere: queer, immigrati, siamo quelli che fanno girare la lancetta.

Abbiamo una voce, e internet ci permette di connetterci. Questo manda questi stronzi fuori di testa. Non possono zittirci! È una situazione terrificante, e per questo la musica, l’arte, ridere e divertirsi sono fondamentali adesso. Sono la nostra tattica di difesa.

Parliamo del tuo ruolo come attrice in “Nine Perfect Strangers 2”. Com’è stato parteciparvi? Trovi ci siano similitudini tra il tuo personaggio e te stessa?

È interessante, penso che Tina sarei io se non fossi andata in terapia. Sarei arrabbiata e repressa come lei. È stato divertente esplorare un personaggio così rabbioso e stronza.

Cosa hai imparato lavorando con una star come Nicole Kidman sul set?

È una fottuta star di Hollywood! Basta un suo sguardo per capirlo. Ho cercato di assorbire tutto il più possibile, sono stata in silenzio ad ascoltare perché ero circondata da persone così talentuose che facevano il loro lavoro, e io ero come una studentessa che prendeva appunti.

Sei sempre in movimento: canti, reciti e organizzi anche una one night selvaggia a New York. Com’è nata?

Bazonga! Una volta ero a San Diego a suonare per il Pride, avevamo mangiato alcuni funghi, e il mio amico Josh ha visto nella lobby dell’hotel una donna con delle tette enormi ed esclama: “Guarda che Bazonga ha quella!” Da lì è nato tutto. L’ultimo evento era a tema funerale, ci divertiamo moltissimo.

Cosa stai ascoltando ultimamente?

Tankg degli IDLES, ma anche molta musica del passato come Mezzanine dei Massive Attack, Fiona Apple e Radiohead.

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