N° 31

 

 

 



Table of Contents
Issue 31 for Spring 2018

[two_columns_one]
03 — cover story. andrea by simon
14 — cover story. marc martin
22 — moda. meatropolis by elvis di fazio
33 — art. watercolors by daryl balcombe
38 — moda. artur by simone lini trivulzio
46 — interview. rhye
48 — art. alexander glass: locker room talk
[/two_columns_one][two_columns_one_last]
54 — moda. biff by elvis di fazio
61 — interview. porches
65 — interview. nakhane
67 — moda. rayly by torian lewin
72 — preview. glad to be glam
73 — moda. narciso by nicolò cerioni
84 — fragrances & grooming
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Faccia a faccia con Marc Martin. Testo di Alex Vaccani.
Leggi l'intervista.

I cessi pubblici non hanno mai avuto una gran reputazione, ma è tempo di rivalutarli. Il fotografo francese Marc Martin ci svela vizi privati e pubbliche virtù dei pisciatoi.

Marc, raccontaci un po’ il tuo background.

Da parecchio tempo lavoro sul tema della mascolinità e delle sue contraddizioni. Metto in scena le zone d’ombra della sessualità, gioco coi codici della bellezza mischiando poesia e pornografia.

Qual’è stata l’ispirazione per il progetto “Public toilets and Public affairs”?

Non era mai stata fatta una indagine approfondita sull’importanza che hanno avuto i bagni pubblici sulla comunità omosessuale e sulla società in genere. I pisciatoi, malgrado la loro cattiva nomea, ospitavano una libertà sacrale: erano il luogo in cui venivano meno le barriere imposte dalle classi sociali. Volevo restituire a questi posti la sensualità perduta e sfatare gli stereotipi sul tema.

Ho apprezzato molto l’atmosfera si sente che sta per accadere qualcosa di pericoloso, vietato e sensuale. Come hai lavorato per ricreare quelle situazioni?

All’ interno dei cessi pubblici l’imprevisto, l’incognita, il pericolo erano gli ingredienti principali per l’eccitazione sessuale. Mi sono assicurato che i modelli che ho fotografato non si conoscessero tra di loro: si sono incontrati per la prima volta sul posto. Uno di loro non era neanche omosessuale. E li ho lasciati improvvisare…

Come hai scelto i luoghi e le città in cui scattare ? Li hai scelti per l’estetica o per la loro importanza storica nel cruising?

Ho avuto la fortuna di poter scendere nei vecchi cessi sotterranei della rete di trasporti pubblici di Berlino, chiusi al pubblico per più di 25 anni. Con quelle vecchie piastrelle, i disegni torbidi, questi luoghi avevano mantenuto intatta tutta la loro carica erotica. I graffiti risalgono agli anni Ottanta e Novanta e sono tracce della vita delle persone. C’è chi ci vede solo il carattere osceno e bestiale dell’omosessualità, io invece ci vedo lo slancio di desiderio. Emerge una certa poesia da queste porte piene di tracce di piscio e disegni volgari. Le ho portate al museo per farne un’installazione e hanno avuto il loro posto importante nella mostra.

Quanto pensi che sia cambiato il modo in cui le persone vivono questi luoghi? Penso agli anni d’oro del cruising, quando le app come Grindr e Scruff non esistevano …

Ho fatto affidamento sui fatti storici ma non volevo una mostra accademica. Non bisognava nemmeno cadere nella nostalgia: la nostalgia, intesa come rifugio, è pericolosa. Ridando vita a questi momenti di vita sotterranea, spero di aver restituito la dimensione emotiva che questi luoghi hanno lasciato nella memoria di chi li ha vissuti, dando anche una testimonianza ai più giovani che non hanno avuto modo di conoscere questa modalità di incontro “in real life”.

Sono stato così sorpreso quando ho letto di questa mostra: è qualcosa che non avrei mai pensato di vedere in un museo!

Portare i pisciatoi in un museo è stato un atto forte, una vittoria sacra come artista! E che sia stato un museo LGBTQ (Schwules Museum di Berlino, n.d.r.) ad ospitare il mio progetto è ancora più simbolico, perché questa sottocultura è stata a lungo sinonimo di vergogna, anche all’interno della comunità omosessuale.

Hai fatto molte interviste e ricerche per questa mostra. Vuoi condividere qualche aneddoto con noi?

Le testimonianze che ho ricevuto sono state le fondamenta di questo progetto. C’è una coppia di amici – Francesco e Maurizio, presenti anche nelle foto in mostra – che mi ha raccontato della Roma degli anni Ottanta e Novanta. C’erano moltissimi pisciatoi e il cruising era molto diffuso: tutte le stazioni ferroviarie della città erano luoghi d’incontro. Loro stessi si sono incontrati in una toilette!

Come hai scelto i modelli per lo shooting? Ho visto tra di loro uno degli interpreti del nuovo film di Noel Alejandro, ‘The End’, ed è stato divertente perché abbiamo intervistato Noel proprio sull’ultimo numero di Toh!

Si tratta di Pierre Emö, è uno dei personaggi più fotogenici che conosca. Mi ricorda la bellezza anni Settanta di personaggi come Jacques de Bascher, l’amante conteso tra Yves Saint-Laurent e Karl Lagerfeld. Come lui, Pierre Emö è un vero dandy, sexy e sorridente, ed è lui che per primo ha riscaldato l’atmosfera durante gli scatti. Gli piace giocare ed è molto spontaneo: direi che merita proprio la copertina di Toh!

Cosa pensi della reazione dello spettatore nei confronti della potenza erotica del tuo lavoro?

Sono molto fiero che il mio lavoro non lasci indifferenti, né nella testa né nelle mutande. Amo mostrare come la sessualità, persino la più nascosta, possa essere una fonte di creatività luminosa: arraparsi significa anche far funzionare i neuroni.

Il tema del cottaging è legato a doppio filo alle fantasie erotiche. Tu come ti rapporti con le tue?

Le mie prime emozioni le devo proprio ai pisciatoi della mia piccola città di provincia. Questi luoghi di passaggio hanno orientato la mia sessualità, nutrito i miei impulsi e soddisfatto la mia curiosità. Mi hanno permesso di fare degli incontri tanto improbabili quanto inaspettati. Suppongo anche che siano stati per me gli atti fondativi della mia carriera, questo omaggio era dovuto.

E per il tuo futuro, stai lavorando a qualcosa di nuovo?

Sto preparando il seguito della serie “Dur Labeur” sui lavoratori manuali e sul loro sex appeal non curato. Ieri ho fotografato un contadino molto sexy mentre porta a pascolare le sue mucche tra la neve. Per scusarsi di aver macchiato con gli stivali fangosi il manto di neve, mi ha mostrato il sedere in mezzo al campo: “Ecco, la neve sarà pure sporca – ha detto – ma ho il culo bianco. Sarà un bel contrasto per le tue foto!”. Mi sembra l’attitudine giusta, non trovi?

www.marcmartin.paris

All images: © Marc Martin, 2018. Courtesy of Schwules Museum, Berlin.





Daryl Balcombe, un portfolio. Intervista di Alex Vaccani.
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Dopo aver lavorato come illustratore per importanti case editrici, Daryl Balcombe ha direzionato la sua creatività verso le belle arti. A Rye, la sua città natale nell’East Sussex, ha aperto il suo studio all’interno del Rye Creative Center insieme a un gruppo di artisti noti come il collettivo New Road Artists.
Daryl è prevalentemente un pittore figurativo, la sua tecnica preferita è l’acquerello con una palette limitata di sfumature. Il suo modo di ritrarre gli uomini è naturalmente erotico, e di recente è stato ispirato da una raccolta di fotografie sportive d’epoca.

Daryl, raccontaci qualcosa di te. Come sei arrivato dove sei adesso?

Era chiaro fin da piccolo che avrei trascorso la mia vita a dipingere e a disegnare. Ho frequentato un college di arti grafiche e nonostante abbia imparato molto, mi sono accorto molto presto che il mio lavoro cominciava a perdere libertà e naturalezza; da allora ho cercato di disimparare quello che mi avevano insegnato fino a quel momento. Malgrado ciò, frequentavo sempre i corsi di copia dal vivo e hanno influenzato molto il mio lavoro: credo che la comprensione del disegno sia imperativa nel campo della pittura figurata.

Credi che il tuo lavoro abbia una direzione particolare?

Non credo segua una direzione particolare, ma tende a concentrarsi principalmente sulla figura maschile. Adoro i soggetti sportivi con un’allure vintage.

Ti senti un artista istintivo che segue l’onda della sua creatività o sei più quello che fa degli schizzi su carta prima di creare?

Se il quadro è molto dettagliato o ha più soggetti, faccio preventivamente degli schizzi e campioni di colore, ma dato che molti dei miei lavori tendono a essere sciolti e approssimativi, questo è generalmente il punto di partenza e di arrivo. Con gli acquerelli tendo a elaborare un piano di attacco nella mia testa cercando di prevedere in quale modo il pigmento sarà spinto in giro aggiungendo l’acqua e dove i tratti si confonderanno l’uno con l’altro.

L’erotismo è un soggetto molto presente nei tuoi lavori.

Direi che la maggior parte dei miei lavori è erotica. Penso che l’aspetto erotico si basi anche sull’interpretazione personale di chi guarda.

Forse ti potrà suonare ridicolo ma mi diverte osservare quanto tu sia bravo nel disegnare il dietro del corpo maschile, sempre sensuale ed elegante nel movimento. Tu come li percepisci?

La struttura muscolare della parte posteriore del corpo maschile è affascinante da dipingere se ben definita. Si può capire come mai questa parte sia diventata il soggetto di un grande numero di artisti e scultori nei secoli.

Chi sono i soggetti dei tuoi disegni?

Variano: possono essere dei modelli dal vero che mi mandano le loro immagini o fotografie che io stesso ho trovato in giro. Recentemente mi sono appassionato alle fotografie vintage, ne ho trovate moltissime su eBay e ora ne possiedo una discreta collezione. Nelle mie creazioni ad acquerelli i modelli diventano anonimi perché i loro visi perdono i tratti somatici.

Ogni artista o ogni persona creativa ha un proprio processo, qual è il tuo? Che cosa ami maggiormente della tecnica a acquerello?

Adoro la spontaneità dell’acquerello. Aspiro alla semplicità: la mia pittura ideale sarebbe il tratto di un singolo colpo dipennello che suggerisce tutto il necessario. Un quadro ha una sua sensualità materica, cosa che manca invece alla fotografia e a quelle tecniche dove il controllo troppo rigoroso degli strumenti fa perdere la naturale bellezza.

Che cosa significa invece per te dipingere?

Creare è parte del mio essere, se non avessi nulla, continuerei a disegnare. Credo che in un mondo in cui tutto è computerizzato e meccanico il gesto umano non perderà mai la sua importanza e gli artisti non smetteranno mai di trovare maniere differenti di vedere il mondo.

Qual è la cosa più bella del ritrarre le persone?

Che hanno la possibilità di non invecchiare mai.

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Rhye. Intervista di Francesco Mascolo.
Ritratti di Neil Krug e Genevieve Medow Jenkins.
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“Blood” è il secondo disco di Rhye, progetto del canadese Mike Milosh uscito lo scorso febbraio per Loma Vista Recordings. Un’etichetta indipendente ha il vantaggio di lasciarti la piena libertà di immortalare la tua fidanzata per la copertina del disco, un nudo e in bianco e nero per avvolgere undici tracce di sophisti-pop profondamente sensuale. La fotografia è del resto una grande passione di Rhye, insieme ai videoclip di cui cura anche la regia. Ce ne ha parlato lui stesso, di un secondo disco come rinascita, come ritrovare ispirazione nelle linee del corpo di un’amata e nei contorni di uno studio dove avviene il laborioso missaggio del tuo disco fino a liberarsi in una fenice di suoni.

Ciao Rhye, hai una grande passione per la fotografia (la copertina di “Blood” è una foto scattata in Islanda che ritrae la fidanzata Geneviève, NdA), ma anche la dimensione video per te è importante, hai curato la regia di molti tuoi video come “Count to Five” e “Song For You”.

Sì, perché rappresenta il mondo che crei con la tua musica. In “Blood” ci sono gli ultimi due anni della mia vita e non me la sento di chiamare altri registi per dare una loro idea e interpretazione, mi sembra importante ricreare un mondo che sia vero rispetto alle mie canzoni; inoltre mi piace girare: ho da poco acquistato una camera RED Dragon 5K, mi piace tutto il processo.

Tre cose che non possono mancare nella tua valigia prima di un viaggio?

Porto con me la mia macchina fotografica 5D, insieme ad un microfono e qualche vestito che amo molto.

Qual è l’ultima canzone che hai ascoltato almeno tre volte di seguito?

Non riesco a pensare ad una canzone che ho ascoltato per più di tre volte.

E allora raccontaci di qualcosa che ami o hai amato

Jimi Hendrick, l’Adagio in Sol minore di Albinoni, “Sleep” di Max Richter e per rimanere sul repertorio classico mi piace molto Beethoven.

Nelle tue canzoni c’è un grande lavoro di dettagli, ogni tanto ci si sorprende a notare particolari sfumature: quanto tempo ci vuole per fare emergere una canzone di Rhye?

In termini di scrittura è molto differente da canzone a canzone. Per “Song For You” ci sono voluti due giorni, per “Phoenix” una vita. La cosa importante è non giudicare mai niente e lasciare che le cose vengano fuori: può succedere in un pomeriggio o mesi, basta raggiungere quella sensazione di completezza. Se parliamo di missaggio, io e Lexxx (Jessie Ware, Mura Masa, Wild Beasts, NdA) con cui ho mixato il disco, abbiamo speso circa dodici ore per ogni traccia affinché ogni dettaglio s’incastrasse alla perfezione nell’idea di sonorità che doveva avere il disco.

“Blood” è nato dal periodo di tour del disco precedente “Woman”, com’è stato registrare il nuovo disco con una vera band?

È un disco in cui suonano diversi musicisti, ma il cuore pulsante di Rhye sono io (il suo primo collaboratore Robin Hannibal ha abbandonato il progetto ai tempi di “Woman”, NdA) se parliamo di strumentazione, una della costanti è la mia presenza alla batteria in tutte le canzoni del disco.

E in effetti “Blood” è un disco profondamente ancorato sul ritmo, eppur ha un groove timido e contenuto, finché non arriva la citata “Phoenix” dove sembra che ti lasci un po’ andare, vero?

“Phoenix” è un sacco di cose e letteralmente quello che vuole essere: una rinascita. Ho attraversato un periodo difficile, dovevo reinventarmi e in questo processo c’è stato qualcosa di simile al ritrovare una versione precedente di me. Per questo suona più o meno come la musica per la quale ho avuto una cotta da adolescente: il rock classico e la musica psichedelica. Ho sempre voluto incidere una canzoni così e il fatto che finalmente ci sia riuscito è stato divertente e liberatorio.

Ti lasciamo con una domanda per l’ultima canzone del disco, ti va di parlare della dimensione più acustica e da camera di “Sinful”?

Non so se le altre persone la pensino come me, ma io la sento come una canzone di grande ispirazione classica indiana con quel drone in crescendo sul quale si costruisce tutto il pezzo. Sai che fino all’ultimo non eravamo sicuri di volerla inserire nel disco? Ma poi abbiamo deciso di metterla alla fine come un segno del futuro, di quello che potrebbe succedere prossimamente nella musica di Rhye.

Ascolta Blood su Spotify



Alexander Glass. Intervista di Alex Vaccani.
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Il lavoro di Alexander Glass colpisce subito per il forte impatto visivo e per la sua carica di tensione erotica. Tramite disegni, sculture e installazioni, il giovane artista londinese indaga la virilità del corpo maschile, osservato e studiato in quel luogo dove spesso la realtà e l’immaginazione si confondono: gli spogliatoi. ’Seduzione’ è la parola chiave, e Alexander riesce a suggerirla creando scenari in bilico tra l’horror e il porno. Sono luoghi in cui le “locker room talk” non cessano mai, prendendo una piega hardcore: set candidi e innocui che nascondono tracce di desiderio e violenza.

Alexander, le tue creazioni sembrano sempre suggerire una certa suspense: come se ci fosse nell’aria qualcosa di erotico e proibito o – allo stesso tempo – qualcosa di spaventoso in agguato…

È ciò a cui aspiro e che inseguo: il delicato equilibrio tra il lato sexy e quello più spaventoso. Creo installazioni in senso inverso rispetto a uno scenografo: qui la narrativa non dipende da chi vi entra, ma è il luogo stesso a darvi vita. Penso che la chiave sia costruire un mondo riconoscibile, con cui è  facile relazionarsi, ma che in qualche modo sia danneggiato: è come la promessa di qualcosa di pornografico, che però comincia negli occhi di chi osserva prima ancora che nell’opera.

La seduzione negli spogliatoi nelle docce fa parte delle fantasie gay maschili. Come ti relazioni con questo tipo di sessualità?

È qualcosa con cui credo la cultura visiva abbia sempre avuto a che fare; la palestra e gli spogliatoi nella cultura omosessuale sono sempre stati sinonimo di sessualità, di nascosto, di esplorazione e fantasia, tanto da rendere questi spazi molto carichi di significati e potenti culturalmente.

Che cos’è la seduzione per te?

L’esperienza del magnetismo che esiste tra le persone: il desiderio che diventa così forte da prendere un carattere fisico. È fantastico.

La mascolinità e il desiderio sembrano due temi fondamentali nei tuoi lavori. Ce ne parli?

Il desiderio è una cosa potente e l’idea della mascolinità è qualcosa di molto resistente: il rapporto tra questi due elementi è un’idea che mi affascina moltissimo. Soprattutto in un momento cui la mascolinità sta cambiando – pensa ai social media – ridefinendosi sui canoni di estetica e desiderabilità che spesso non riflettono la realtà.

L’argomento della tua tesi era incentrato sul rapporto tra l’erotica omosessuale e l’horror. È una conclusione divertente, come ci sei arrivato?

Stavo già lavorando sul tema degli spogliatoi quando ho iniziato a chiedermi a quali fossero i luoghi, nel cinema e nella pornografia, dove gli uomini sono più erotizzati. E la risposta era ancora una volta la stessa: sono sempre gli spogliatoi la scena del crimine dei film horror adolescenziali. Il sesso e la violenza sono sempre stati collegati, ma io volevo affrontare il tema facendo un’attenta ricerca anche sulla rappresentazione della mascolinità.

Che cosa pensi dell’arte contemporanea di oggi?

Credo che ci siano un sacco di cose interessanti, mi piacciono molto gli artisti della mia generazione. L’arte nell’era di Instagram è un mondo abbastanza strano, la connettività della comunità artistica ha creato un grande network ed è una cosa positiva, ma a volte credo che molte persone finiscano per sembrare tutte uguali.

Che cosa t’interessa oltre all’arte?

Sai, l’arte è per me un lavoro e un hobby, e quindi è difficile da dire. Sono un grande nerd, amo il genere fantasy e i super eroi e trascorro molto tempo a guardare cose di questo tipo.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il focus del mio lavoro sta cambiando. Sto preprando una nuova ricerca sulla rappresentazione della mascolinità attraverso gli eroi e i supereroi, dai film classici ai più recenti. Di conseguenza stanno cambiando anche le mie sculture, e la cosa non mi dispiace affatto. Voglio buttarmi maggiormente nel genere fantasy: ho grandi speranze per il 2018!

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Porches. Intervista di Marco Cresci. Fotografie di Jason Nocito.
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Aaron Maine per il suo terzo album sotto lo pseudonimo Porches si è barricato in un piccolo appartamento a New York, dopo un estenuante tour aveva bisogno di ritrovare se stesso e un luogo di appartenenza, ma si è sentito talmente tanto al sicuro in questo luogo che non riusciva più a uscirne,  tanto che questa casa à diventata quasi la sua prigione. L’album ha assorbito qualsiasi emozione tanto che il titolo The House è uscito come qualcosa di naturale e insostituibile. Un lavoro che spinge Porches fuori dalla sua confort zone esponendosi come mai ha fatto prima, in un album intimo devoto al synth-pop malinconico.

 

 

‘The House’  è un album dal gusto nostalgico e solitario che avvolge l’ascoltatore infondendo in esso queste sensazioni. Da dove pensi nasca questo tuo languore?

Per me questo disco va ascoltato in cuffia isolandosi dal mondo per apprezzare la solitudine con cui è stato concepito. Come quando sei sott’acqua e tutto l’ambiente reale si blocca lasciandoci la possibilità di interiorizzare e scavare in noi stessi. Ho iniziato a lavorare al disco dopo un anno di tour, un’esperienza sempre estraniante e difficile, così una volta tornato a casa ho capito che non potevo sprecare tempo e che dovevo mettermi subito al lavoro, per non dimenticare chi sono e cosa faccio. La sensazione di solitudine che traspare dal disco è sia uno strascico del tour che il mondo in cui l’ho scritto, ovvero un isolamento volontario e meditativo. Non avevo mai abitato prima da solo.

Mi hai parlato di acqua, parola che ricorre spesso nei tuoi testi: è un elemento che ti infonde sicurezza?

L’acqua è un elemento con molteplici interazioni, l’acqua sta nell’aria, nel cielo, nell’oceano, nel tuo corpo. Credo che ciò che mi attrae sia questo suo attraversare ogni cosa. Io amo nuotare, soprattutto al lago, perché dove sono cresciuto a Pleasantville ne avevo uno vicino a casa e per me era il simbolo dell’estate. L’acqua è sempre la prima superficie che noto quando osservo un paesaggio. Scriverne per me è qualcosa di necessario.

Quando ho letto che hai scritto il disco in estrema solitudine t’immaginavo in una baita sperduta, di certo non a New York. Come sei riuscito a non farti distrarre dalla città?

Riuscire a trovare uno spazio personale a New York ha molto più valore che scappare in un rifugio tranquillo perché diventa la tua unica via di scampo da tutto. Ho registrato in casa così non dovevo nemmeno andare in studio e ho creato una sorta di routine sistematica e alienante. Ho vissuto in una stanza con un materasso a terra e le apparecchiature per registrare su una scrivania per cinque mesi, non avevo altro. Certo,non fraintendermi, mi piace essere circondato dalle mie cose, ma in questo casoavevo bisogno di pulizia e chiarezza, quindi uno spazio neutro mi ha aiutato a tenere la mente concentrata. Era il mio nido.

Ora che hai lasciato l’appartamento che progetti hai, resterai a New York?

Sono passato dalla campagna in cui sono cresciuto alla frenesia della Big Apple, ma sto seriamente pensando di spostarmi per un po’ in Europa, è un’esperienza che vorrei fare. Mi piacerebbe provare a vivere in una città meno frenetica, sto pensando di trasferirmi a Copenhagen, ma chissà…

È vero che vorresti pubblicare un libro di poesie?

Ho scritto come un pazzo l’anno scorso. Moltissime poesie di cui alcune son diventate in seguito canzoni.  Sto ancora cercando di capire come unirle insieme per poterle presentare a qualcuno, oppure un giorno pubblicherò un PDF di poesie interattivo fruibile gratuitamente a tutti.

Ascolta The House su Spotify



Nakhane Touré. Testo di Marco Cresci.
Leggi l'intervista.

Nakhane Touré è un artista sudafricano multidisciplinare – musicista, scrittore e attore – finito sotto i riflettori per il suo ruolo in “The Wound”, pellicola del sudafricano John Sengrove candidato agli Oscar 2018 come miglior film straniero. Nakhane ha iniziato a appassionarsi alla musica sin da bambino grazie alla madre e alle zie che lo portavano in giro per concerti, musica corale sudafricana ma anche rock. La sua musica parla delle sue esperienze in Sudafrica così come d’identità e autoaccettazione, temi snocciolati sia nell’album di debutto ‘Brave Confusion’ che nel nuovo’ You Will Not Die’ anticipato dal toccante video del singolo ‘Clairvoyant’. Come il titolo dell’album suggerisce, la sua è musica senza paura e racconta di un viaggio verso la libertà fatto di archi, synth anni ’80, percussioni in stile mbira il tutto farcito dal rifiuto delle sue credenze religiose.

Partiamo dal nuovo disco, il titolo ‘You Will Not Die’ suona come uno statement…

Il titolo dell’album è un perfetto esempio delle mie ossessioni per le parole, leggo una frase o una scritta e rimane così impressa nella mia mente che poi si trasforma in qualcosa, che sia una canzone o una poesia. Il punto di partenza è stato quello di volere realizzare un album che evitasse qualsiasi riferimento al machismo. Scherzando dissi al mio produttore (Ben Christophers) che volevo fare un album vaginale, e questo mi ha portato a eliminare dai testi qualsiasi riferimento fallico.

Il video di ‘Clairvoyan’ è emotivo e toccante. Puoi dirci di più sulla trama e sull’idea che c’è dietro?

L’idea mi è venuta leggendo ‘Les Enfant Terribles’ di Jean Cocteau,  ricordo che c’era una battuta su come l’amore avesse reso i personaggi chiaroveggenti. Questa frase m’infastidì perché io ho provato l’esatto contrario: l’amore non mi ha reso chiaroveggente. E così quando ho creato il video musicale ho capito che volevo concentrarmi sulla banalità della vita di una coppia. Sono stato ispirato dal film ‘Happy Together ‘di Wong Kar Wai, volevo trasferire i colori saturi di quel film e il suo stile nel mio video. Ma avevo bisogno che i personaggi fossero neri e strani come me. Volevo fare qualcosa che non si fosse mai visto nel pop.

Recentemente Mikky Blanco in collaborazione con i-D ha realizzato un documentario sulla scena queer sudafricana e sui suoi artisti, lo conosci?

Stimo Mikky Blanco, è un artista coraggioso e unico ma purtroppo non ero in Sudafrica durante la realizzazione. Ho visto il documentario e mi sono mangiato le mani perché dentro ci sono tutti i miei amici, la mia famiglia, ha avuto un impatto molto emotivo su di me e mi è spiaciuto tanto non poterne fare parte.

 

Qual è stata la tua formazione in Sud Africa?

Sono nato in una piccola città nell’Africa orientale del Sudafrica, chiamata Alice. Sono cresciuto prevalentemente a Port Elizabeth. Poi a 15 anni mi sono trasferito a Johannesburg. Mia mamma mi ha sempre fatto addormentare cantandomi delle canzoni, tanto che ho ancora difficoltà a dormire senza musica nelle orecchie. La musica è sempre stata nella mia vita, quando ero a scuola suonavo il trombone nella banda, ho cantato nel coro e mi sono esibito nei musical scolastici. Ero solito andare a scuola un’ora prima del suono della campanella per fare pratica in sala musica. Quando mi sono trasferito a Johannesburg, non c’era educazione musicale a scuola, quindi sono passato al teatro e così ho cominciato a recitare.

A proposito dI recitazione, com’è stato partecipare a ‘The Wound’, film in gara agli ultimi Oscar?

Un’esperienza unica. È stato il mio debutto sul grande schermo e mi è valso il premio come miglior attore al Festival Internazionale del Cinema di Valencia, al cinema Jove, al Festival internazionale del film di Palm Springs e al Festival internazionale del film di Durban.

Quando hai capito che eri gay?

Quando la gente ha cominciato a definirmi tale. Prima era solo una sensazione.

Chi è la tua ‘gay-icon’?

Lo scrittore James Baldwin, che ho scoperto quando avevo 19 anni. Ricordo che era inverno, mi annoiavo perché ero in vacanza da scuola così ho cominciato a curiosare tra i libri universitari di mio padre e il mio sguardo è stato catturato da ‘Just Above My Head’ di Baldwin. Non avevo idea di chi fosse, ma ho iniziato a leggerlo e mi ha cambiato la mia vita. Non avevo mai visto personaggi bizzarri neri nei romanzi, tanto meno figure così complicate e complete. Finalmente avevo trovato persone che mi assomigliavano e avevano desideri simili ai miei. Sì, James Baldwin mi ha fatto sentire meno solo in questo mondo.




 

David Bowie, Marc Bolan, Elton John e i Queen, fino ai Kiss, George Michael e ai Duran Duran. Icone che hanno portato avanti una rivoluzione estetica, ancor prima che musicale, fatta di strass, piume e paillettes nel decennio di maggior crisi economica e grigiore dell’Inghilterra del dopo guerra. Negli anni del boom economico e della Swinging London infatti, la società britannica entrò in una profonda crisi. Ma alla contrazione dei consumi, alle contestazioni e alla recessione rispose la cultura popolare con un singolare fenomeno che verrà chiamato “Glam”. ONO arte contemporanea oggi gli una retrospettiva che vuole celebrarne alcune delle più importati icone attraverso le fotografie di Michael Putland.

George Michael, Japan 1989. ©Michael Putland.

Se già dal nome, abbreviazione di glamour, il riferimento al lato estetico è evidente, è d’altro canto difficile circoscrivere il fenomeno attorno a un genere musicale preciso. Il comune denominatore rimane il colore, l’eccesso di spettacolarizzazione delle performance e un look  vistoso e avido di brillantini. Nella mostra si alternano momenti on stage e istanti di quotidianità, in tour, nei backstage o in casa, per mostrare dall’interno, con uno sguardo privilegiato, un movimento tanto cangiante quanto ancora importante e influente nel mondo della musica contemporanea.
[Testo di Marco Torcasio]

Glad To Be Glam.
ONO arte Contemporanea

via Santa Margherita 10, Bologna
17 maggio – 29 luglio 2018
Ingresso libero

 



 




Creed. Viking

Viking di Creed è stato un lancio molto atteso, perché avviene sette anni dopo quello di Aventus, fragranza di grande successo. Eccoci ora a sfidare i limiti, con l’adrenalina addosso, affermare ogni giorno il senso della libertà, vivere costantemente rivolti alla scoperta di ciò che è sconosciuto. L’uomo contemporaneo è chiamato a incarnare lo spirito del Vichingo, un uomo audace e senza paura che vive una vita piena e non rinuncia mai a perseguire le proprie ambizioni, che lotta per affermarsi in ogni istante del suo viaggio, con un’insaziabile sete di scoperta del nuovo, ma anche di se stesso e dei propri limiti da abbattere in ogni circostanza della sua esistenza. Questa fragranza rappresenta tutto questo e la composizione è un sali e scendi di emozioni che travolgono e ci accompagnano in questa avventura della vita.

Da indossare ascoltando:


Testa: limone, bergamotto, pepe rosa.
Cuore: rosa bulgara, menta.
Fondo: sandalo, vetiver, patchouli, lavanda.
Anno di creazione: 2017. 


Aesop. In Two Minds, Tonico e Idratante

In Two Minds è la nuova linea di prodotti per la cura del viso formulata per tenere conto di tutte le complessità e i bisogni della pelle mista, riportando calma e equilibrio, grazie a formulazioni che contengono un potente mix d’ingredienti e estratti botanici atti a bilanciare e lenire le pelli miste, caratterizzate da una zona t particolarmente grassa, con guance secche, e che tende a essere particolarmente reattiva. Un tonico che contiene Niacinamide e Pantenolo per lenire e bilanciare la pelle. Un idratante che contiene un efficace insieme di estratti botanici: olio di Andiroba, Copaiba e Acai che forniscono idratazione e nutrimento alla pelle mista, lasciandola idratata, ma non appesantita. Sono stati impiegati tre anni per formulare la linea In Two Minds che è entrata subito a far parte della routine quotidiana. Nella linea è presente anche un detergente. Ogni prodotto è in vendita singolarmente.


Elizabeth Arden. Advanced Ceramide Capsules Daily Youth Restoring Serum

Elizabeth Arden è stata la prima azienda a capire l’importanza di questo essenziale ingrediente anti-età e a sviluppare ceramidi identiche a quelle prodotte naturalmente dalla pelle. Nel 1990 nascono le Capsule Ceramide e nel 2017 Elizabeth Arden, leader nella tecnologia delle ceramidi, introduce una nuova generazione di capsule: Advanced Ceramide Capsules Daily Youth Restoring Serum. Una formula clinicamente e dermatologicamente testata, oggi tre volte più potente, che migliora la funzione di barriera della pelle, aumenta l’idratazione all’interno della superficie dell’epidermide e aiuta a ridurre la comparsa di rughe e linee sottili. La nuova formula permette non solo di ridonare i lipidi essenziali naturalmente presenti nella pelle, ma anche di sostenere il naturale processo di rinnovamento cutaneo. Il risultato è un siero che rende la pelle visibilmente più compatta e levigata, donandole un aspetto talmente sano da sembrare dieci anni più giovane.


Goutal Paris. Bois d'Hadrien

Nel 2018 Annick Goutal diventa Goutal Paris, Narratore di Profumi. Nuovo packaging. Una rinnovata identità grafica. Delicatezza amplificata. Un’opportunità per il marchio di offrire la nuova interpretazione di Eau d’Hadrien di Camille Goutal, figlia di Annick Goutal. Un invito a riprendere la storia da dove tutto ebbe inizio per continuarla. Una nuova opera battezzata Bois d’Hadrien. Un tipico paesaggio italiano e l’ambientazione delle memorie di Adriano si trovano in questa nuova versione di Hadrien, che è più contrastato, caldo e legnoso del primo. Un sentiero calmo che attraversa le colline toscane mentre un’ombra densa di un bosco improvvisamente contrasta con il calore e la luce del tramonto sui campi ocra toscani. In questo momento la sera rivela la fragranza in tutto il loro splendore, le calde note del cipresso si diffondono dal sottobosco creando un’impressione di pace eterna, come il profumo degli alberi di limone che rotola giù per la collina, mentre la fragranza rinfresca la pelle, ancora calda dai raggi del sole che l’hanno sedotta prima.

Da indossare ascoltando:

Testa: lime, cipresso, cedro, edera.
Cuore: pino, balsamo d’abete.
Fondo: incenso e muschio.
Anno di creazione: 2018. 


Caudalie. Premier Cru Siero e Crema

Grazie al complesso brevettato Vinergy®, il Siero Premier Cru rivitalizza intensamente la pelle con una sferzata di energia per correggere i segni dell’età. Booster di efficacia moltiplica l’azione anti-età della crema. Con l’utilizzo la pelle appare visibilmente più giovane, più bella e ricca di vitalità. Ripristina l’energia cellulare, contrasta rughe persistenti e rilassamento. La crème de la crème per le pelli secche offre un’azione anti-età completa per una pelle che appare visibilmente più giovane. Nutrita intensamente, la pelle è come rigenerata e rassodata. Le rughe sono attenuate. L’incarnato è luminoso e uniforme. Fa parte della stessa linea anche un contorno occhi, che completa il trattamento.


Eisenberg. Soin Actif Calmant Hydratant

È l’innovativo trattamento per l’uomo metropolitano che unisce in un solo prodotto l’efficacia della Formula Trio-Moléculaire®, le ricerche all’avanguardia della biotecnologia sulle cellule staminali di origine vegetale e principi attivi naturali a elevata performance. Ipoallergenico, senza parabeni, senza coloranti e senza profumo, è il trattamento ideale che le pelli sensibili. La pelle maschile, nonostante sia in genere più spessa e resistente alle aggressioni, può essere sensibile, oppure diventare più fragile col passare degli anni. Eisenberg Soin Actif Calmant Hydratant è ideale per l’uomo che è soggetto a una pelle reattiva, scatenata da diversi fattori quali la rasatura, l’uso di trattamenti inadeguati e/o aggressivi, le variazioni e aggressioni climatiche, l’inquinamento ambientale, gli agenti irritanti quali il polline oppure i cibi speziati e l’alcol.


Serge Lutens. Dent de Lait

Questo profumo è il punto di vista di Serge Lutens sull’infanzia e su come forma gusti e carattere per la vita. Ormai stanco dei giochi con la lingua che dopo settimane hanno finito per allentare il dente e farlo cadere, un giovane lupo è ansioso di passare dal latte al sangue dopo averlo assaporato in bocca. Cosa se ne farà della reliquia? Nel migliore dei casi, dopo una notte sotto il cuscino, diventerà una moneta o un dolce incartato, oppure potremo trovarlo così bello che lo attaccheremo a una catenina per tenerlo sempre con noi. Dent de Lait non è un bambino innocente, ha carattere è luminoso è pronto a farsi amare ma anche a mordere.  Serge Lutens ha creato un profumo perfidamente infantile, dove un piccolo innocente dente di latte diventa simbolo del distacco, il sacrificio della perdita che porta alla conquista di nuovi territori e piaceri.

Da indossare ascoltando:

Note: Latte di cocco, latte di mandorla, Cashmeran, incenso della Somalia, note metalliche, eliotropo.
Anno di creazione: 2017. 


Benamôr. Gordissimo

La storia di Benamôr nasce grazie alla passione di un farmacista che nel 1925 creava lozioni miracolose nel cuore di Lisbona, in Campo Grande nº189. In breve tempo anche la Regina Amelie, ultima monarca del Portogallo, ne fu una fedelissima consumatrice. Le formule per il benessere e la cura del corpo sono preparate ancora oggi in Portogallo, utilizzando ingredienti cosmetici di alta qualità. Aloe vera, burro di karitè, olio di argan, mandorla dolce e cocco sono alcuni dei componenti naturali impiegati nella collezione, realizzata artigianalmente e custodita in un packaging dall’incantevole stile art dèco. Le proposte sono prive di parabeni, senza conservanti, né petrolati. Benamôr è inoltre “cruelty free” e non testa i prodotti sugli animali. Gordissimo che in Portoghese significa letteralmente grassissimo per pelli secche ricche di burro di Karitè e Con olio di ricino e cera d’api è una Rich Body Cream Tube, una crema per il corpo dalle proprietà emollienti e leviganti.  La sua formulazione ricca la rende ideale anche per gomiti e ginocchia che hanno bisogno di una maggiore cura dalla fragranza, che da subito una sensazione di comfort immediato.


Burberry. Mr. Burberry Face Scrub

Mr. Burberry Face Scrub svolge un’azione esfoliante delicata per detergere la pelle e rimuovere le impurità. La crema ha una texture fine non abrasiva lascia una sensazione di freschezza e morbidezza su viso e barba. Arricchita con la fragranza Mr. Burberry Eau de Toilette, lascia un profumo delicato e persistente.


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