Laurent Pellissier, artista valdostano, esprime la sua arte attraverso la pittura, la scultura e il disegno sperimentando nuove tecniche e materiali lasciando libertà di interpretazione a chi osserva i suoi lavori.
L’esigenza di trovare nuovi stimoli e di vivere in una grande città lo porta a trasferirsi a Berlino. Laurent riesce a inserire dei temi crudi come la morte in maniera grottesca. I disegni presentano un utilizzo del chiaroscuro non preciso quasi abbozzato e veloce che rendono l’immagine molto forte. Scene che sembrano narrare una vicenda in atto dove i diversi soggetti prendono spazio egregiamente ottenendo un’ ottima visibilità al disegno, che risulta chiaro e bene equilibrato.
La pittura di Laurent è principalmente una pittura in acrilico, con delle pennellate ben profonde e con dei contrasti di colori molto interessanti dove prevalgono i toni accesi che suscitano un eccitazione positiva a chi osserva. Riesce a mio avviso a trasmettere più emozioni contemporaneamente in modo molto naturale. La scultura è sicuramente la disciplina che più risulta maestosa e imponente.
Grandi e larghe forme sono le caratteristiche dei suoi soggetti, realizzati con materiali di riciclo come fogli di giornali che creano un effetto patchwork molto colorato ma con una predilezione per il nero e il grigio. Materiali e tecniche possono sembrare semplici, ma non lo sono affatto, hanno bisogno di un bravo ideatore e creativo qual’è Laurent Pellissier, che attraverso le sue opere riesce a farci capire l’esigenza di esprimersi attraverso l’arte che lo accompagna da quando era bambino.
Come e quando è cominciato il tuo percorso nel mondo dell’arte?
Il mio percorso è iniziato presto e non è stato molto lineare. Mio padre è scultore e mia madre è stata insegnate di educazione artistica, quindi fin da bambino ho avuto la fortuna di avere a disposizione spazio, colori e materiali per sperimentare e creare.
Ho iniziato nel migliore dei modi possibili: con il gioco. Ora, da adulto, dopo studi in architettura sto cercando di ritrovare l’ingenuità e la gioia che provavo da piccolo ma integrando le esperienze e le conoscenze accumulate.
Come avviene la scelta dei materiali per le tue opere?
Spesso mi attira ciò che comunemente è considerata immondizia. Recentemente, durante il lockdown ho realizzato una serie di sculture usando solo pacchi di riviste e giornali trovati per strada e quello che era nella pattumiera del mio studio. Alla pietra e alla ceramica preferisco la carta pesta e il DAS per esempio, perché sono facili da reperire, economici, più effimeri e con una qualità plastica particolare. In linea generale mi aggiusto con quello che ho a disposizione: delle matite trovate in fondo a un astuccio, gli acquerelli del supermercato, ma non rinuncio a qualche tubetto di acrilico costoso.
Nella serie di disegni “pencil on paper” troviamo spesso degli scheletri, perché ?
È un riferimento al tema dei “memento mori” e delle “vanitas” ricorrente nella storia dell’arte, dai mosaici antichi, alle nature morte fiamminghe, ai quadri di James Ensor. Mi piace come spesso in queste rappresentazioni la morte ha un aspetto un po’ goffo e quasi buffo.
Attraverso la tua arte cosa vuoi comunicare al pubblico che l’osserva?
Ho smesso di pensare a questa domanda da un po’. Il pubblico è spesso più creativo di me nell’interpretare e vedere cose a cui magari io nemmeno avevo pensato. Non voglio limitare quello che un’opera può esprimere o evocare. Per questo do raramente dei titoli. Nei quadri, nei disegni e nelle sculture cerco di dare spazio alle parti di me che non ne hanno nella vita quotidiana. Se poi anche lo spettatore si specchia in questa intenzione e scopre qualcosa di se ciò mi rende felice ma non posso controllarlo.
Oltre ad essere un pittore e disegnatore sei anche uno scultore. Attraverso queste 3 tecniche credi sia possibile per te utilizzarne una per ogni tua tipologia d’emozione? Se sì come le suddivideresti?
Credo che ogni materiale e ogni tecnica richiedano un approccio e un’attenzione diversa. In realtà non penso alle emozioni mentre lavoro. Probabilmente lo stato d’animo in cui sono o anche qualcosa di esterno a me trova la sua via e si canalizza nell’opera ma per me non è qualcosa di conscio.
Il disegno per esempio è la tecnica più libera, meno pretenziosa e intima con la quale mi permetto di sperimentare di più. Nei disegni però può succedere di perdermi in dettagli o virtuosismi, allora passo alla cartapesta che mi obbliga a forme più elementari e rozze, così porto qualcosa di nuovo e fresco nei disegni o nelle tele e così via. Le tecniche e le pratiche si influenzano a vicenda.
La città in cui vivi è Berlino, ti aiuta a trovare l’ispirazione per i tuoi lavori?
Amo Berlino e ho bisogno della grande città e dei suoi stimoli. Ma ho bisogno anche di pause e di natura, per questo appena posso torno in Valle d’Aosta, dove sono nato.
L’ispirazione è un’idea un po’ romantica e non so bene cosa sia…Vedo la pratica artistica come un lavoro. Se vi si dedica abbastanza tempo, energia, onestà qualcosa viene fuori, indipendentemente dal luogo in cui si vive.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea? Trovi nette differenze tra l’Italia e la Germania?
Nell’arte ma anche in altri ambiti come la moda, il teatro o l’economia c’è la necessità di rimettere in questione le regole e ripartire dal “basso”, non dico di fare tabula rasa ma di pensare a cosa sta alla base di quello che si fa.
In Italia ho lavorato poco, ma da quello che osservo mi sembra che la differenza stia nella dignità e nell’importanza che si dà alle professioni legate all’arte ma anche al lavoro in generale, nonostante questo principio sia scritto chiaro e tondo nell’articolo uno della costituzione. Lo si vede anche dalle scelte politiche di questi giorni.
Si decide di sacrificare l’arte perché non è uno dei settori dell’economia considerato indispensabile.
Lo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij diceva “ La bellezza salverà il mondo” Credi che la bellezza riscontrata nell’arte, nella musica, e in ogni altra possa salvare o quantomeno distrarre da questo terribile periodo che stiamo vivendo?
In questo momento più che di distrazioni c’è bisogno di consapevolezza, non di distogliere lo sguardo ma di guardare nella bruttezza, la nostra e quella che ci circonda e ripartire da lì. Non dico che dobbiamo deprimerci, anzi! Questo si può fare anche con leggerezza e ironia che sono due strumenti preziosi che l’arte ha a disposizione.
Vorrei quasi dire: la bruttezza salverà il mondo!
Quanto è importante per te l’utilizzo del colore? Da dove nasce la tua scelta cromatica?
È molto importante e difficile allo stesso tempo. Il colore è carico di significati e lo si associa immediatamente a qualcosa di concreto e per me all’inizio della fase creativa questo può essere un ostacolo. Quindi cerco di seguire l’intuizione e di usare “trucchi” per impedire alla mente razionale di interferire, lavorando in fretta, senza piani o preparazione, accostando campiture, macchie, punti, linee e lavorando freneticamente su più tele o fogli. In un secondo tempo osservo e aggiungo o tolgo, do più definizione a certe forme.
Prediligo i colori forti e gli abbinamenti improbabili perché generano tensione, come le dissonanze in musica.
Che colore ti attribuiresti in questo periodo?
Rosa fosforescente!
Dal tuo profilo IG si evince che non sei un amante dei social come molti artisti che ho avuto modo di conoscere, dove pubblicano costantemente le loro opere. Credi che non sia un buon mezzo per promuovere l’arte, oppure è una tua scelta personale non esporti tanto sui social?
Instagram è un mezzo incredibile per artisti, collezionisti, galleristi, curatori… Permette di interagire, formare una comunità saltando molti passaggi che prima rendevano certe interazioni impensabili. Personalmente ho un po’ di pudicizia nel pubblicare. Il consumo giornaliero di immagini è diventato talmente alto che forse non voglio saturarlo ulteriormente. Sicuramente è uno sbaglio in termini di marketing ma per ora non ci riesco. E poi ho paura di fare troppa attenzione ai likes e ai cuoricini. Magari dopo queste tue domande proverò a postare con più disinvoltura!