Stefano Sigillino è un giovane artista che attraverso il suo amico immaginario ci porta in un viaggio interiore alla ricerca di noi stessi e dell’infanzia perduta. Un viaggio pieno di colori, emozioni e domande che ci faranno riflettere sui bisogni delle nostre vite che spesso trascuriamo. Stefano grazie a questo viaggio ha ritrovato la sua voglia e sopratutto necessità di fare arte.
Nato in Basilicata, nella storica città di Matera, Stefano cresce in un contesto borghese ma non evita le curiosità che la strada possa portagli. A 18 anni decide di trasferirsi a Milano dove intraprendere e consegue gli studi in Art direction e Marketing della pubblicità. La grande città iniziava a stancarlo cosi decide di tornare alla sua città d’origine che lo lega fortemente, dove si sente più libero, tranquillo e dove riesce a trovare ispirazione e concentrazione per ciò che ama fare.
Le opere di Stefano presentano linee e scelte cromatiche molto semplici, quasi naïf che fanno sognare chi le guarda, provando una sensazione di delicatezza e leggerezza. Riesce attraverso la sua creatività a raccontare delle storie che possono risultare spensierate ma che in fondo hanno anche un forte peso. Spazia con le basi per le sue opere, dalle grandi tele a dei piatti o pezzi ti stoffa.
Stefano inoltre è il fondatore insieme a un gruppo di ragazzi della Seal Factory un’associazione culturale senza scopo di lucro dove attraverso l’arte e la letteratura vorrebbe coinvolge e riunire bambini rimasti orfani e donne vittime di violenza. Tra i tanti progetti futuri, la voglia di trasformare la sua casa in un salotto culturale come fece Andy Warhol con “The Factory”.
Alla ricerca di Serafino” è il progetto artistico che stai portando avanti, Chi è Serafino?
Serafino è il mio migliore amico, ma anche il mio peggiore nemico…immaginario! È il mio guru, ma anche la mia arma di distruzione. Serafino è quella voce che quando sei giù ti da la spinta per tirarti su. In pratica ognuno di noi ha un Serafino con sé, questo è abbastanza ovvio; ma molti non sanno di averlo o meglio, se lo sono dimenticati. Serafino, in effetti, è facile da dimenticare, perché è quell’emozione o sensazione che provi nel compiere un’azione che ti fa tornare bambino, una cosa che gli adulti non fanno proprio tutti i giorni.
È propio lì, in quel preciso istante, che Serafino nasce; ma come tutti i bambini ha bisogni di energie per crescere. Bisogna alimentarlo cercando continuamente questa sensazione per garantire a Serafino una via di crescita protetta. Il suo cibo è la sua creatività. Senza, Serafino non ha senso di esistere.
Serafino dunque non è solo il mio migliore amico, ma anche il tuo migliore amico. Vive in un mondo immaginario dove non gli è possibile toccare realmente sentimenti ed emozioni se non attraverso qualcuno che gliele trasmetta. Può, dunque, assorbire la felicità come l’odio, ma non sa di essere felice o arrabbiato, proprio come un bambino che sta ancora scoprendo chi è.
Io e Serafino ci conosciamo da sempre; ma gli ho dato un volto di recente, in un giorno di pioggia, poco dopo essermi licenziato. Finalmente trovavo del tempo per dedicarmi alla mia arte. Mi sono detto: “Bene, hai voluto fare arte, ora torna a disegnare” ed ho disegnato Serafino.
Come riesci a vivere con il tuo alter ego? Che rapporto hai con lui?
È difficile vivere con il propio alter ego, questo è un dato di fatto. Un giorno ti senti Courtney Love e l’altro Leonardo Di Caprio a mollo appoggiato alla tavola di legno.
La tua nave è affondata, ma il tuo amore in salvo e perdi tutte le tue forze prima di collassare del tutto. Comunque, Serafino non è il mio alter ego, bensì una figura che mi segue sin da quando ero piccolo ed è presente nella mia vita nel bene e nel male.
Ti capita di arrabbiarti con Serafino? Se si perché?
È normale, anche se io e lui viviamo in due mondi completamenti diversi e difficili da comparare. Serafino è molto dispettoso, mi mescola i colori mentre disegno facendomi sbagliare o mi rovescia tutti i vasetti di miele dalla dispensa. Penso che lo faccia perché è goloso; ma non potrò mai essere davvero arrabbiato con lui, perché lui solo non mi abbandonerà mai.
Da dove nasce la tua esigenza di disegnare? Qual’è stato il tuo percorso?
Io sono dislessico, cosa che quando ero ragazzino non significava niente, ancora. Perciò, non riuscivo a esprimermi in modo chiaro e nessuno mi insegnava come fare. Ho trovato nell’arte un canale di comunicazione immediato e sincero, che ha alimentato la mia passione, nata per esigenza e trasformata in dedizione.
Sono cresciuto, per mia fortuna, in una famiglia dove l’arte e la libertà di essere e di esprimersi non sono mai mancate. Sono cresciuto con Topolino, Fantasia e canzoni che inneggiavano alla rivoluzione e al cambiamento che mi hanno sempre fatto riflettere sulle differenze socio-culturali.
Alle medie, la mia professoressa di Arte mi diceva che non avrei mai avuto futuro nel campo artistico perché ero al di fuori degli schemi, riuscivo a vedere quello che non c’era, semplicemente perché più sensibile della media.
Questo non mi ha fermato. Mi sono iscritto al liceo artistico di Matera, città mia d’origine, dove mi sono specializzato nel settore accademico.
Non potrò mai scordarmi una delle mie più grandi fan, la mia docente di disegno Marta Salonna. Ricordo che un giorno dovevamo consegnare come esame di ultimo anno prima di diplomarci la riproduzione di un’opera. Io scelsi Burri. Mi misi nel cortile della scuola dentro una cornice di legno di 2x2m a bruciare buste di plastica con un accendino e della lacca per capelli. Forse per i fumi tossici o qualche altro motivo è nata in me l’esigenza di creare e stare a contatto con tutto ciò che è materico.
A 18 anni mi sono trasferito a Milano. E chi c’era mai stato a Milano! Mi sono laureato allo IED in Art direction e Marketing della pubblicità. Pensavo che potesse diventare il mio percorso, ma stavo solo mettendo da parte il mio vero essere per inseguire un sogno che nemmeno io volevo realmente che si realizzasse.
Dopo molti anni trascorsi a Milano hai deciso di tornare alla tua città originaria, Matera, come mai questa scelta?
Sono stato sempre legato alla mia terra, alle mie origini, al mio dialetto e a quella taranta che non ti fa mai smettere di ballare. Matera per me non è solo la città dove sono cresciuto, ma il mio parco giochi. Ho avuto la fortuna di crescere nei Sassi. Una specie di terra di nessuno dove tutto era possibile. Potevi costruire capanne, costruire fortini per le guerre di quartiere, arrampicarti sulle rocce, stare a contatto diretto con la natura e assaporare tutte le sue meraviglie senza aver mai la paura di farti male.
Sono cresciuto in strada, ma in un contesto borghese. Ho sempre visto nella mia città un incredibile potenziale artistico. Parliamo pur sempre di una delle città più antiche del mondo, dove la mancanza di prospettiva e queste stradine che creano labirinti uno sopra l’altro ti danno un senso di libertà. Dove non esiste cemento e puoi toccare la texture del tufo corroso dagli agenti atmosferici, la roccia viva che sprigiona calore con le sue mille sfumature di grigio e questi alberi di fichi che con arroganza sfondano muri, tetti, pavimenti e crescendo ti regalano il frutto della vita. Ecco perché sono tornato a Matera: ero stanco di essere una macchina, un numero, un cavallo con i paraocchi.
Stavo dimenticando cosa fosse il vero valore del rispetto che non ha nulla a che fare con l’educazione. Ero stanco di svegliarmi con l’idea di fatturare, lavorare troppe ore al giorno ed sfruttato da un sistema di capitalismo estremo. Avevo bisogno di fermarmi, tornare all’essenza e alla base della mia felicità.
Dove trovi l’ispirazione per i tuoi lavori? Come definiresti il tuo modo di dipingere?
L’ispirazione dei miei lavori nasce da una forte complicità con Serafino. Noi non stiamo sempre insieme: ogni tanto ci dividiamo e quando ci rincontriamo iniziamo a raccontarci tutte le avventure che abbiamo vissuto. Da lì che partono le idee che raccontano una storia che viaggia tra il reale e il fantastico.
La mia arte è fatta di forme pure ed essenziali, togliendo tutto ciò che è superfluo e lasciando l’essenza, l’anima dell’essenza. Il mio è un mondo colorato, dove i colori primari fanno da padroni e il nero e il bianco diventano degli amanti. Sono sempre stato colpito dall’arte greca. Infatti, artisti come Alekos Fassianos e Dimitris Mytaras mi sono di ispirazione. Per quanto riguarda i colori direi senza ombra di dubbio che Mirò ha fatto la sua parte.
Ho cercato di portare la mia arte dentro a un mondo fatto di Innocenza e Fantasia. Non saprei definire onestamente il mio modo di disegnare. Alcuni la chiamano Arte contemporanea, Arte Naïf. Io non la etichetto semplicemente così: do vita alla mia Creatività.
Cosa ama fare nel tempo libero Stefano ? E cosa ama fare Serafino?
Come dice il grandissimo orso più geniale della storia, Winnie The Pooh: “Il dolce far niente spesso porta alle cose migliori”. Esattamente questo. Inizio a camminare senza meta e a fare cose senza senso. Faccio la prima cosa che mi viene in mente. Poi la seconda, la terza. Questo non perché non abbia di meglio da fare, ma perché credo che quell’orsetto abbia propio ragione: alcune volte non devi far nulla per essere felice.
Serafino, invece, non si ferma mai. Fa capriole, piroette, si tuffa nei barattoli di colore rovesciandomeli tutti e scappa dappertutto. Conta quante nuvole ci sono in cielo e quante si riflettono nelle pozze d’acqua a terra. A lui piace rincorrere i Lumin, che sarebbero delle speci di lucciole, per creare effetti luminosi duranti le sue raffigurazioni teatrali delle ombre.
Pensi che il tuo compagno di vita un giorno si possa allontanerà da te? Ti spaventa l’idea?
Ovviamente, il pensiero a primo istinto mi terrifica; ma Serafino l’ho perso per 10 anni già una volta e lui è rimasto li ad aspettarmi. Quindi la cosa non mi terrifica affatto. Anzi, mi spaventa il fatto che dovrò portarmelo con me tutta la vita! A volte diventa geloso se conosco qualcuno che non sto nemmeno qui a raccontartelo, cosa è capace di combinare.
Quando crei ti piace avere della musica in sottofondo, se sì cosa ami ascoltare?
Amo molto il silenzio e i suoni naturali quando creo. Non ho bisogno di musica per creare. La musica è più nella mia testa. Il cervello crea le note e la mia mano come un bravo direttore d’orchestra dirige l’intera banda. Compaiono totalmente dal nulla spartiti, strumenti, sedie. L’auditorium si riempie di strumenti e la tromba è lo strumento degli angeli. Nei dipinti del Rinascimento, quando c’erano degli angeli erano a suonare la tromba, forse donatagli da Dio stesso. Ecco, la mia mente funziona nello stesso modo. Se mi capita di ascoltare della musica preferisco senza dubbio la musica classica o quella balcanica.
Come ti senti appena porti al termine un lavoro o progetto artistico?
Alleggerito, come penso succeda a tutti gli artisti. Allo stesso tempo non mi affeziono mai a nessuna mia opera, tanto da non essere mai soddisfatto al 100%. So che scuserete la modestia…trovo che le mie opere siano belle; ma se mi abituassi a questo pensiero non sarei invogliato a creare qualcosa di ancora più significativo. La mia arte è un’arte narrata. Chi compra le mie opere non acquisisce solo un un quadro o un disegno ma possiede un pezzo di una storia non imitabile.
Stai sviluppando nuovi progetti artisti in questo periodo? Cosa ci riserverai per il futuro?
In questo periodo sto sviluppando un progetto che mi sta molto al cuore, si chiama Seal Factory, un’associazione culturale, fondata da me ,Roberto Guagnano, Vittoria Caldarola, Alice Bignardi e Olga Bartzoka. un gruppo di giovani ragazzi uniti da un unica passione in comune per l’arte e la cultura.
Insieme abbiamo deciso di fondare un associazione non a scopo di lucro tramite la quale vogliamo organizzare progetti che creino consapevolezza riguardo al mondo dell’arte e della letteratura e parlino soprattutto alle categorie di persone che, personalmente, ci stanno più a cuore: in particolare i minori orfani e le donne vittime di violenza. Per questo i progetti che Seal Factory vuole realizzare nei prossimi sei mesi sono tutti pensati per viaggiare e raggiungere per prime Atene e Berlino.
La prima cosa che faremo, sarà trasformare la mia casa a Matera in un salotto culturale. Ci faremo ispirare da Andy Wharol che negli anni ’70 metteva la sua factory a disposizione di altri artisti.
Oltre al tuo amico immaginario, c’è una persona fisica molto speciale nella tua vita?
Questa è una domanda un po’ “prezzemolina”. Come i bohémien ci hanno insegnato bisogna vivere in povertà per amore dell’arte.
Alcuni dicono che non si vive d’amore, io ribadisco il contrario, Bisogna vivere in nome dell’amore perché senza amore non c’è stimolo e senza stimolo non c’è creatività.
Quindi direi che in questo momento l’unico amore che sto vivendo è l’amore per i miei cani, la mia famiglia e i miei amici che mi supportano e sopportano ogni giorno. Magari qualcuno leggendo questo articolo avrà voglia di scrivermi ed allora potrò rispondere diversamente a questa domanda.