Genera+ion: sentimenti queer autentici

Genera+ion è la serie che tutti stanno aspettando per un milione di motivi, tra cui quello di essere scritta da giovani visti dagli adulti che vorrebbero essere giovani.

Genera+ion (la + fa riferimento al simbolo + della sigla LGBTQ+)

Con i suoi 8 episodi da 30 minuti, arricchisce il palinsesto delle serie queer adolescenziali.

Dopo Euphoria e We Are Who We Are, HBO mette al centro del suo mondo seriale nuovamente i giovani della GenZ, in un viaggio alla scoperta dei sentimenti, del sesso e del mondo.

La serie è scritta da Daniel Barnz (regista di Cake, film del 2014 che avrebbe dovuto lanciare la carriera di attrice drammatica di Jennifer Aniston) e Zelda, sua figlia.

Tra i produttori esecutivi di Genera+ion anche Lena Dunham e Ben Barnz, marito di Daniel e secondo padre di Zelda.

Genera+ion segue le vicende di un gruppo di studenti di una scuola di Orange County, partendo da un assurdo parto nel bagno di un centro commerciale.

Genera+ion

Da qui, a ritroso, conosciamo i suoi protagonisti e la storia viene raccontata da diversi punti di vista che si incastrano.

Chester (Justice Smith) è l’emblema dell’adolescente queer out and proud che per via dei suoi look, ritenuti inopportuni dal regolamento scolastico, finirà più volte nell’ufficio del nuovo consulente scolastico, Sam (Nathan Stewart-Jarrett), iniziando così quello che potrebbe diventare uno sconveniente gioco di seduzione.

Tra gli altri c’è Greta (Haley Sanchez), lesbica alle prime armi innamorata di Riley (Chase Sui Wonders), creativa con la passione per la fotografia, poi Delilah (Lukita Maxwell), una giovane attivista, Naomi (Chloe East) e suo fratello Nathan (Uly Schlesinger), che è segretamente bisex e le ruba il ragazzo, ma in realtà è innamorato di Chester.

Angoscia e desiderio di libertà, i temi dei coming of age sono sempre gli stessi, cambia lo sguardo attraverso cui li si racconta.

Genera+ion

Genera+ion è meno disperato di Euphoria, meno violento di Grand Army (Netflix) e meno intimista di We Are Who We Are, si pone a cavallo di queste serie, vuole raccontare i giovani in modo nuovo, ma si impegna troppo e qui e là fa un po’ di confusione, dando vita a un mondo di conflitti superficiali.

Come Lena Dunham con Girls voleva essere la voce della sua generazione anche Genera+ion vorrebbe fare lo stesso. È un compito difficile, l’impegno non manca, anzi, forse ce n’è troppo. Già l’intenzione costituisce una zavorra, e toglie la necessaria genuinità. 

Genera+ion ha una visione contemporanea su come i giovani adulti gestiscono i loro drammi, con la tecnologia e la libertà di espressione a loro disposizione.

occasionalmente hanno paura del giudizio degli adulti, mai di quello dei loro coetanei (pura fantascienza?, una speranza per il futuro?).

genera+ion

La serie è teatrale e eccessiva, poi leggera ed eversiva: a guidare i suoi protagonisti – sfacciati, petulanti e dispettosi – c’è una nuova consapevolezza, l’acquisita conoscenza delle realtà identitarie.

E se gli adolescenti sembrano essere tutti sulla stessa barca (pronti ad abbracciare la diversità senza paura), i genitori invece si dividono ancora tra progressisti liberali e conservatori che non capiscono cosa sta succedendo attorno a loro: “una volta eravamo tutti normali!”, tuona la madre di Nathan che non vuole accettare la sua bisessualità. 

Nonostante tutto Genera+ion ha però un grande pregio, non è nevrotico, semplicemente ci prova un po’ troppo, incarnando l’ansia da prestazione degli adulti che vogliono capire i propri figli così a fondo da credere di poter essere come loro, in una corsa disperata per colmare il divario che li separa.

Prendono vita così degli adolescenti che nel 2021 ascoltano Britney Spears, Jessie Ware e le Salt-N-Pepa, in fin dei conti meno antipatici di molti loro colleghi seriali.