È bastato il singolo Occhi Niagara – che esce oggi in una nuova veste – e HU si è ascoltata alla radio, la sua musica mescola la neo-classica all’elettronica e il risultato è travolgente, come le celebri cascate di cui canta.
Ci hanno abituati alla generazione della cameretta, quei giovani artisti che con un singolo fatto in casa si ritrovano star mondiali.
Federica Ferracuti, in arte HU, non è così ed è un pregio, anche lei ha cominciato giovanissima a fare musica in casa ma studiando con devozione, prima musica partendo dal jazz poi produzione che col tempo è diventata la sua passione tanto che in lock down ha tenuto corsi gratis online che hanno spopolato.
Il mondo di HU è pop, è fluido, è elettronico, è inclusivo. Non vediamo l’ora di cantare e ballare con il suo primo album. Nel mentre l’abbiamo intervistata per capire cosa aspettarci:
Qual è il percorso musicale di HU?
Allora, quest’anno compio 27 anni e mi sento male, poiché ho iniziato a far musica che ne avevo undici quando ho cominciato a suonare chitarra jazz. In realtà già all’asilo volevo un pianoforte che non ho mai ottenuto, finché mi è arrivata una chitarra.
Quello che ho sempre voluto fare è scrivere e comporre, anche se me la cavavo piuttosto bene con la chitarra e suonavo sui palchi con gente più grande di me. Ma il mio desiderio era produrre!
A quindici anni ho messo insieme un po’ di testi e un po’ di basi e mi sono detta: “Da adesso devo imparare a mettere tutto insieme”, così dal nulla ho iniziato a seguire dei tutorial su YouTube e nel mentre andavo a fare l’assistente in studio di registrazione.
Io sono marchigiana, di una piccola città che si chiama Fermo e come puoi immaginare c’erano poche persone che facevano musica e quindi ci ho messo poco a conoscerle tutte e imparare qualcosa da loro. Con gli anni ho iniziato a fare la turnista per diversi artisti, finché non mi sono messa in prima linea. Nel 2017 è nata Hu anche se prima ho fatto parte di un progetto elettronico-sperimentale.
Come si chiamava questo progetto?
Si chiamava Ivy, puoi trovare un ep che s’intitola Rubik su SoundClouds, è un progetto che mi ha permesso di girare tantissimo l’Italia. Avevo 17 anni e mio padre mi ha accompagnato in giro per tutto il paese in tour. Posso dire che ad oggi la mia vita è stata tutta palchi, studi e scuola perché ho frequentato anche il conservatorio.
Il jazz e il conservatorio suggeriscono che hai avuto una base classica, ma come nasce il tuo amore per la musica elettronica?
Quando studiavo jazz mi sono scontrata su YouTube con John Zorn (compositore polistrumentista ndr) e Squarepusher, quindi il mio primo approccio è stato con la Warp records e poi a tutto il mondo dell’IDM che ho conosciuto anche grazie a Autechre.
Da qui è partita la fascinazione per la natura del suono, tanto che mi sono messa a studiare informatica musicale perché volevo capire cosa ci fosse dietro al mondo dei synth.
Devi sapere che sono una persona estremamente curiosa, quindi se faccio qualcosa devo capire anche tutto quello che ci sta intorno.
Credo che la curiosità sia una filosofia di vita, smettere di esserlo è come essere morti dentro, come chi vive di ricordi. Come se da una certa età in poi non si potesse produrne di nuovi…
La mia curiosità è esplosa durante il primo lockdown, ho studiato, suonato e coltivato le mie passioni. Da allora la prima cosa che faccio la mattina è andare sul sito della Nasa per vedere in diretta streaming quello che succede nelle loro stazioni spaziali. Non fraintendermi amo le persone, uscire, la moda, ma amo di più studiare.
Quindi stai sfatando il mito degli artisti nati in cameretta, sei la dimostrazione che se si vuole far musica per bene bisogna studiare.
Io credo che l’importante sia andare oltre, quando hai la consapevolezza di quel che vuoi, te la vivi e te la godi in un altro modo. Pensare sempre a come evolversi non a fermarsi, io non sono l’enfant prodige che ha 18 anni ha fatto un milione di streaming, ma tutto il mio percorso, anche quello silenzioso, è fatto in una certa maniera.
Non mi interessa far qualcosa che funzioni solo a livello di mercato, sono una sognatrice e vorrei fare qualcosa che resti nel tempo e non che sia stato solo in classifica.
Quindi mi stai dicendo che nel tuo percorso artistico non ci sono pentimenti?
Esatto! Certo mi capiterà di sbagliare, lo metto in conto, ma per ora sono una che pensa troppo alle cose. Mi definirei puntigliosa.
Quando scrivi un pezzo sei macchinosa o scrivi d’istinto?
Nel mio lato creativo non ci sono regole, ma quando scrivo mi siedo al piano e nasce tutto di getto. Le canzoni che ho pubblicato ad oggi sono nate da un flusso di coscienza in un quarto d’ora. Poi ovviamente subentra tutto il processo produttivo e passano le ore a cercare il suono giusto.
Ho letto che durante il lockdown hai tenuto corsi gratuiti online di produzione. Me ne parli?
Quando ero piccolina non avevo molte possibilità di imparare la produzione, non ero ricca abbastanza per frequentare corsi privati, che ancora oggi sono costosissimi.
Mi ricordo che impazzivo a quindici anni a far le traduzioni di libri specifici dall’inglese all’italiano.
Così’ durante il lockdown mi sono messa a pensare a quanti altri artisti come me si sono dovuti fermare, perché magari non hanno la competenza per curare determinati aspetti della loro musica, poiché sono troppo abituati a lavorare in studio affidandosi ad altre persone.
In quel periodo molti programmi per far musica come Ableton, hanno messo delle versione gratuite in rete, ma in inglese è più complicato. Così nei weekend davo lezioni gratuite a tutti su Skype, il corso l’ho chiamato Ableton for Dummies e in un solo giorno ho ricevuto più di 200 richieste.
Non me lo sarei mai immaginato. Insieme al mio amico, Andrea Moretti, che fa comunicazione e grafica, abbiamo stilato un programma in cui ascoltavamo demo, insegnavamo produzione etc… quindi i primi mesi di lockdown sono volati.
Questa esperienza mi ha messo in contatto con tantissimi artisti, se non l’avessi vissuta probabilmente non li avrei mai conosciuti.
Oltre alla carriera e ai sogni, credo che la chiave di tutto, esclusa la curiosità, sia la condivisione.
Come sei arrivata in Warner?
Come tutti ho avuto dei percorsi discografici sia positivi che negativi, ad esempio ho passato un anno a studiare diritti d’autore solo per uscire da una situazione spiacevole.
Una cosa che ho imparato è che non devi mai firmare un contratto senza la presenza di un legale. Tornando alla Warner, il 26 giugno 2020 pubblico il mio primo singolo Neon da indipendente, un singolo che ha fatto circa 20 mila streaming, quindi non molti, ma che se devo essere sincera ha fatto si che venissi contattata da quasi tutte le etichette discografiche italiane.
In Warner in poco tempo si è costruito un team molto affiatato, cosa per me molto importante. Penso che dovevo aver bisogno delle persone giuste per raccontare il mio progetto, che è un po’ particolare perché non è super pop ma nemmeno così di nicchia.
Una via di mezzo tra l’elettronica d’affaccio europeo e la forma canzone all’italiana
Stai preparando un album? E se si, sarà simile ai singoli pubblicati fino ad oggi?
Assolutamente si, sto scegliendo in questi giorni il nuovo singolo e sono indecisa tra due brani, dovrebbe uscire ad aprile. Penso che ogni mia canzone sia un’evoluzione stilistica se paragonata alla precedente, ma c’è una linea stilistica che le lega tutte quante.
Anche a livello tematico il disco sarà un viaggio dove iniziano e finiscono tantissime cose, ma non voglio fare spoiler. A livello musicale ci saranno tanti archi e pianoforte legati alla mia passione neoclassica, e poi tutto il mondo dell’elettronica.
Nell’album di HU si toccheranno punti estremi, picchi di neoclassico e picchi techno uniti a pezzi crossover, come il singolo Occhi Niagara che mescola tantissimi generi.
Come nasce Occhi Niagara, il singolo che hai presentato a Sanremo Giovani?
Per Occhi Niagara sono partita dal colore blu, perchè Niagara è un pantone oltre ad essere una cascata, lo stessa punta di blu degli occhi di una persona con cui mi frequentavo.
È una canzone che parla di attese, consapevolezze di aspettare qualcosa che non arriva mai e alla fine decidi di lasciarti andare in questo grande mare blu.
Nei miei pezzi mi piace creare interazione, non sono per l’ascolto passivo, è un lato della mia musica che vorrei fare emergere di più. Ad esempio in Occhi Niagara canto: “Vorrei due mazzi di chiave per la stessa porta, dividere il caffè ma anche la doccia. Ho fatto un salto nel vuoto nei tuoi occhi Niagara, il tuo nome è ___ ma io ti chiamo casa”. Così ciascuno può metterci il nome che vuole.
Cosa ti ha spinto a creare questa nuova veste per Occhi Niagara intitolata Electronic Live Suite?
Ho creato una nuova versione di Occhi Niagara per provare a ripartire dalla stem vocale senza necessità o pretesa di farla diventare altro, cosa che poi è successa. Volevo solo provare. Da lì mi sono lasciata andare ed è uscito fuori un crossover musicale in cui inconsciamente percepisco la mia necessità di evolvere ma soprattutto di dare sfogo alla comunicazione.
Pensi che Occhi Niagara sia il tuo MANIFESTO ci spieghi perchè?
Quando ho finito la produzione e ho iniziato a mixare, riascoltandola in maniera analitica mi sono accorta che dentro ci sono tutti gli elementi che mi rappresentano emotivamente e musicalmente: la neoclassica, che è un pendolo che oscilla tra un riflesso di felicità e la mia inquietudine, più una forma di acid techno per dare sfogo agli Stati d’animo e lasciarsi andare in un flusso dinamico che cresce sempre di più, fino a spegnersi e ritrovare di nuovo la pace. Mi somiglia. Ecco perché è un lavoro che rappresenta la mia personale forma di manifesto.
Prima hai detto che ti piace la moda, ma nello specifico cosa? Inoltre ho letto che quando ti sei rasata i capelli è stato per te come un momento catartico, me ne parli?
Quando mi sono rasata i capelli, vivevo ancora a Fermo e penso che forse non avevano mai visto una ragazza con i capelli rasati in tutte le Marche. Sono anni che porto i capelli così, ma c’è stato un periodo della mia vita in cui ero ricoperta di piercing e indossavo solo abiti extralarge, era un po’ come se volessi coprire me stessa con qualcosa, poi c’è stato un evento, un incidente in cui quasi ci rimanevo e da li la mia vita è cambiata.
È stata come una rinascita e d’ora in poi ho deciso che voglio solo trasparenza e il coraggio di espormi, perché non sai mai cosa può succederti.
Così mi sono rasata i capelli, ho tolto i piercing e ho iniziato ad indossare abiti della mia taglia. Parlando di look mi piace il minimalismo e vestirmi sempre di nero, sono una control freak dell’ordine ma non sono un’accumulatrice seriale al contrario, butto via o regalo tutto, anche quello che in realtà mi serve.
La moda l’ho scoperta quando mi sono trasferita a Milano, nel momento in cui ho deciso di approfondire la conoscenza dei magazine. Impazzisco per Alla Carta, mi piacciono tutti i lavori di Massimiliano Bomba e C41.
Mi piace molto guardare le sfilate su Internet, ma io i miei soldi li spendo per i synth e non per i vestiti, altrimenti sarebbe la fine! Se devo dirti il mio stilista preferito, mi viene in mente Yamamoto
Sei davvero una persona così rigorosa?
Ho imparato ad esserlo, dentro di me sono sempre un vulcano ma ho dovuto imparare a crearmi un ordine per convogliare le cose in un unica direzione, altrimenti mi sarei persa.
Parlando d’immagine, nelle tue foto stampa appari un po’ androgina, la foto in cui ti rasi i capelli allo specchio in lingerie è un mix tra una foto di Helmut Newton e un frame di Demi Moore in Soldato Jane. È voluto?
Mi fa molto ridere la cosa che hai appena detto! Ma è semplicemente la mia beauty routine perché ogni tre giorni mi raso i capelli. Non vado mai dal parrucchiere perchè per me è un momento quasi sacro e me lo voglio godere. A proposito di questo discorso, il nome HU arriva da una divinità egizia che non era ne uomo ne donna, ma che dava agli uomini la facoltà di pensiero e di parola. Ho sposato questo concetto come mio mezzo di espressione per rappresentare tutto il mio lavoro.
Chi è stato il tuo primo idolo musicale?
I Blink182, impazzivo per Travis Barker, alle medie ero proprio una punkettona. Mi piacevano tanto anche i Green Day.
E se ti chiedessi chi è il tuo idolo oggi?
Woodkid perché secondo me è un grandissimo artista e innovatore, è uno che va oltre i classici 360°
L’ultimo disco di cui ti sei innamorata?
Sarò ripetitiva, ma l’album che ho più consumato e amato nell’ultimo anno è S16 di Woodkid.
Hu Hu