VERGINE è un progetto musicale dalle atmosfere elettroniche dal gusto vintage ma dall’anima moderna.
Il duo electro/dream pop formato da Lucia Lareglia e PierPaolo Ovarini, ha coraggio ed energia per portare alla luce ogni segreto angolo della sua mente, ogni affranto buio della sua personalità, ogni convinzione, ogni decisione.
VERGINE parla d’amore, di vita, con cuore, mente e istinto, in modo elegante e diretto poiché in esso non c’è regola o genere.
In occasione dell’uscita del loro primo videoclip del singolo “Fiore Giallo”, che vedete in anteprima in fondo alla pagina, li abbiamo intervistati.
Come nasce Vergine?
Vergine, il progetto e l’omonimo disco, nascono dopo aver affrontato entrambi (Lucia e Pierpaolo) un periodo di ricerca sonora e d’identità durata due anni.
Lucia e Pierpaolo sono due persone fondamentalmente molto simili (per certi aspetti), due amici che da anni condividono musica, emozioni, palchi, piaceri e dispiaceri.
Produciamo musica elettronica insieme da tempo e condividiamo progetti musicali differenti da altrettanto tempo.
Due anni fa ci siamo fermati e abbiamo dato alla luce Vergine successivamente al periodo di stasi citato all’inizio. Il disco prende forma prima della pandemia ma cresce e fiorisce durante.
Nel disco c’è il nostro estro in tutte le sue forme, abbiamo scritto ciò che volevamo scrivere, suonato ciò che volevamo suonare nel modo in cui volevamo, con assoluta libertà.
Ciò che ascoltate nel disco siamo nel modo più autentico noi, l’abbiamo creato, prodotto insieme, nota per nota.
Siete un duo ma avete scelto un nome femminile che può avere diversi significati, ma cosa significa per voi?
È una domanda ricorrente questa, Vergine è un segno zodiacale, uno status sessuale, un’entità cristiana, un disco non ancora scritto, una giovane donna in cerca di marito. È tutto e non è nulla di tutto ciò ma molto altro.
Vergine per noi è musica, un bouquet di fiori, un mix di forme e colori, pensieri contrastanti, forme d’onda differenti.
E’ diversità, ed è in sintonia con la sua diversità, sfaccettata, poco generica, astrale, sognante, ama le proprie parti oscure e accetta ciò che producono nella realtà.
L’immagine di cover è evocativa, sa di vacanze estive in un luogo nazional pop italiano, come l’avete scelta e dove è stata scattata?
La cover del disco è stata scattata appena è nato il progetto, febbraio 2019.
Avevamo in testa il concetto su cui basare quella che sarebbe stata poi la nostra musica e io (Lucia) sono stata rapita da questa statua presente in una piccola città di mare tra Fano e Senigallia.
Da questo scatto abbiamo deciso in seguito di dare al progetto il nome di “Vergine”. È stata d’ispirazione e le dovevamo un favore!
No, non solo, ci piace il suo sguardo, malizioso, sensuale, allo stesso tempo innocente, puro, su uno sfondo quale un mare e un cielo azzurro che desta tranquillità, serenità, lei è a suo agio li, così come Vergine lo è con la sua essenza.
La vostra musica mescola l’electropop al dreampop all’italo disco, in un modo molto catchy, al secondo ascolto le vostre canzoni si cantano ed è un pregio, da cosa traete ispirazione nel comporle?
É bella l’espressione “al secondo ascolto”, è vero, al secondo ascolto esattamente, il primo a quanto abbiamo constatato desta perplessità, resti un attimo spiazzato, forse perchè non ti aspetti nulla del genere, un mix di generi e di suoni che non siamo abituati ad ascoltare ultimamente, almeno in Italia.
Siamo due persone che ascoltano tantissima musica estera soprattutto ma in modo particolare ascoltiamo qualsiasi genere di musica.
Non ci sofferiamo su singoli generi, siamo dei cultori del bel suono, o meglio, del suono che più riesce a penetrare la mente e restarci, siamo alla continua ricerca di suoni che possano esprimere le nostre sensazioni in quel determinato momento.
Vergine non crea canzoni ruotando attorno ad un genere musicale ma lo fa mantenendo un filo conduttore quale quello concettuale, colorandolo poi dei suoni che al momento sembrano essere più adatti al contesto.
Il disco infatti è elettronico ma contiene spunti di ogni tipo, di ogni epoca, di ogni genere.
La libertà è uno dei concetti principali del nostro progetto, la libertà, libertà di interpretare, di essere, di esprimersi, di sentirsi come si è realmente, quindi di conseguenza di identificarsi liberamente come meglio si crede in ciò che si ascolta.
C’è un alone di nostalgia nei vostri testi, è un sentimento che vi appartiene?
Siamo due nostalgici ma poco in realtà, ci soffermiamo molto sul passato per “analizzarci” ma entrambi nella vita reale siamo due persone che vivono molto il presente.
La nostalgia che deriva dall’ascolto del disco è frutto dell’immaginario di Vergine, la nostalgia di un ritorno alla propria purezza d’essere, alla propria essenza.
Con che musica siete cresciuti?
Lucia: i miei genitori non sono musicisti ma sono sempre stati dei grandi cultori di musica, sin da piccola passavo da Vivaldi con mia mamma alla disco anni ’80 di mio padre alternata da bossa nova e musica country , il tutto contornato da i grandi classici italiani di ogni epoca.
Ero la bambina di 5 anni che ballava “Barbara” di Enzo Carella intorno al tavolo fino allo sfinimento a quanto mi dicono dalla regia.
Nella prima adolescenza ascoltavo, suonavo e scrivevo rock, alternative rock, psichedelico, mentre nella seconda ho avuto modo di apprezzare il jazz dal più noto al meno noto.
Da questa descrizione si può capire un po’ il perchè non sia legata con Vergine ad un genere specifico, ho sempre ascoltato musica di tutti i colori e apprezzato la musica in ogni suo genere, adoro spaziare e rubare ad ogni brano ciò che più mi rapisce.
Pierpaolo: Da piccolo ho ascoltato dal giradischi di mio padre i vinili di Pink Floyd, Deep Purple e Genesis.
Questa discografia tuttavia non mi ha mai condizionato da un punto di vista stilistico, sono state piuttosto la ricerca e la divagazione di quelle forme musicali, molto meno sintetiche di quelle odierne, ad attirare la mia curiosità e fantasia.
Ho sempre cercato quell’intenzione nella musica che ho ascoltato successivamente e l’ho trovata nella musica elettronica dei primi anni ’00. L’hardkore continuum inglese, la brostep americana, la nascita della laptop music.
Artisti in ordine e genere sparso: Burial, Skrillex, James Blake, Bondax, Disclosure, Flume, Chet Faker, Mala, Skream.
È doveroso menzionare la musica Italiana come substrato costante, da me stesso snobbato a lungo: conosco a memoria “Unò Dué” di Daniele Silvestri e “Dialogo Tra un’Impegnato e un Non So” di Giorgio Gaber, giusto per citare un paio di dischi.
Fiore Giallo ha le potenzialità di una hit estiva con quel suo cantato molto anni ’80 accostato ad una produzione contemporanea, che forse è un po’ la vostra cifra stilistica, qual è il vostro punto di vista?
Fiore Giallo è una canzone molto anni ’80 volutamente accostata ad una produzione contemporanea e si, il nostro intento è quello, mai abbandonare il passato ma portarlo sempre con noi attraverso le diverse sonorità ma rinfrescandolo ogni volta con del nuovo.
C’è anche una componente ironica nei vostri pezzi, penso a Gin Lemon ad esempio, mi piace il modo in Lucia usa la voce, sembra un po’ una bambina capricciosa. Me ne parlate?
Ironica e maliziosa. Ci sono giochi di parole, i testi possono essere interpretati liberamente, possono risultare superficiali e leggeri in un primo momento contornati dalla musica volutamente creata in quel modo per enfatizzare una superficialità quasi inesistente in realtà.
È tutto plasmato per creare un illusione che presto svanisce quando si ascolta per più volte il brano e si capisce invece quanto ci sia del tagliente di mezzo.
Così come la musica viene usata per esprimere al meglio il concetto di Vergine anche la voce ha un’importanza fondamentale in tutto ciò.
È volutamente così in modo tale da arrivare direttamente nelle orecchie dell’ascoltatore, ammaliarlo con un timbro a tratti sensuale ma velato da un pizzico di innocente leggerezza.
Come sarebbe Vergine dal vivo rispetto al disco?
Vergine dal vivo sarà energico, sarà pieno di vita ed emozioni, totalmente allineato con le emozioni che trasmette il disco.
Abbiamo costruito il nostro concerto in modo da poterci divertire, far divertire chi ci ascolta e trasmettere in modo più energico possibile ciò che portiamo sul palco.
Avremo tutti bisogno di emozioni forti, di energia, di libertà di movimento una volta tornati ad una realtà più vicina alla nostra vecchia amata normalità.
Fiore Giallo è la canzone che da vita al vostro primo videoclip, come mai avete scelto proprio questa traccia?
Fiore Giallo è la focus track del nostro disco omonimo, l’abbiamo scelta in quanto strettamente legata al concept del progetto.
Vergine è l’invito a ritornare in sé, alla propria purezza, alla propria verginità d’essere, alla propria essenza, ai propri pensieri privi da ogni condizionamento.
E’ l’invito a prendersi cura di se stessi, mostrarsi e affrontare la realtà senza il timore di essere, qualunque sia il proprio modo di essere e stare al e nel mondo.
Qual è il concept del video di Fiore Giallo?
La storyboard del video segue la linea concettuale del brano dove Lucia rappresenta in modo provocante il Fiore Giallo, il pensiero desideroso di essere ascoltato, seguito, nutrito d’attenzioni, in una scatola luminosa che si rivela essere una serra e che rappresenta la mente di ognuno di noi.
Tra datamoshing e glitch ci si sposta freneticamente da una scena all’altra come l’impeto e il desiderio di questo pensiero d’esser ascoltato e alla fine ci riesce perfettamente, nella scena finale Pierpaolo viene letteralmente risucchiato, catturato dalla scatola, dalla mente. Il pensiero, il Fiore Giallo vince, finalmente riesce a manifestare la sua forza.
L’ultimo album di cui vi siete innamorati:
Lucia: “L’aventurier” Indochine, sono molto inflippata con le drum machine, non si sente vero? Ahahaha.
Pierpaolo: Sono arrivato 7 anni in ritardo ma la dolcezza e la dispersione di Kagayaki, album di Masakatsu Takagi, mi ha ricordato che la musica è anche raccogliere documenti sonori e note, senza per forza doverli imbrigliare in una forma o in una categoria.
Photo Credit: Alessio Beato.