Anatomia Cristallo del collettivo Iside è un album necessario nel panorama musicale italiano, un lavoro che non si incasella in un genere e che colpisce dritto al cuore sia per ferirlo che per rigenerarlo.
Difficile oggi rimanere colpiti o scossi da un album, ma Anatomia Cristallo mi è arrivato dritto al petto come un proiettile, che ascolto dopo ascolto scava in profondità sino ad arrivare al cuore.
La band di Bergamo formata da Dario Pasqualini, Daniele Capoferri, Giorgio Pesenti e Dario Riboli, come ci suggerisce il titolo del loro debutto, ha tante sfaccettature e riflessi come quelli di un cristallo e specchiarcisi dentro vedendo la propria immagine distorta e moltiplicata è meraviglioso.
Uno scorrere di parole e suoni che toccano l’indie, il punk, l’elettronica e che nonostante sfiorino generi vari vanno a creare un album coeso che rivela i suoi riflessi minuziosamente sezionati, ascolto dopo ascolto. Li ho intervistati:
Ciao ragazzi, dove vi trovate e come state?
Ciao, Siamo in auto verso Torino, oggi abbiamo un live e abbiamo deciso di rispondere tutti insieme alle vostre domande, in auto con l’aria condizionata a palla.
Fa abbastanza caldo, stiamo leggermente stretti, ma ci vogliamo bene ed è bello così. Poco fa abbiamo mangiato all’autogrill e abbiamo inutilmente comprato una scatola immensa di biscotti.
Ci raccontate quando vi siete conosciuti e come avete capito che avevate qualcosa che vi accomuna, sentendo la necessità di condividerlo in musica?
Ci conosciamo fin dalle scuole elementari, siamo dello stesso paese nella provincia di Bergamo e in posti come quello in cui siamo cresciuti, non ci sono molte cose da fare.
Abbiamo capito che eravamo i soli interessati alla musica e poi è stato tutto molto naturale.
Da quel momento in poi abbiamo fatto insieme tutte le esperienze, musicali e non, le vacanze estive i primi viaggi con l’auto ci piacerebbe tanto viaggiare in altri modi, anche più sostenibili e solidali.
Sappiamo ogni cosa dell’altro, spesso capita di farci delle battute incomprensibili agli altri.
Siamo parte di un piccolo sistema racchiuso che funziona in modo sostenibile e autonomo: capita che le gag che nascono sul palco tra un pezzo l’altro, sempre improvvisate, siano battute super underground riguardanti le nostre vite, ci perdoneranno stasera, ma siamo troppo real.
Avete gusti simili o vi scontrate in studio, come funziona il vostro processo creativo?
Ci conosciamo così bene che ci siamo assegnati delle mansioni per naturale propensione e attitudine, in effetti forse sarebbe più giusto definirci collettivo, proprio perchè abbiamo ruoli specifici ma assegnati con grande naturalezza.
Dario P. scrive i testi, le melodie di voce e canta, Daniele e Giorgio producono gli strumentali e suonano chitarre, sintetizzatori e pianoforti, Dario R. mixa, finalizza i brani e suona altri sintetizzatori nei live.
Funzioniamo benissimo insieme, ognuno nella sua fase, ma sempre con un confronto di base che ci permette di essere soddisfatti a pieno in tutto.
Ogni scelta è in discussione e aperta ai giudizi, ma nel rispetto di chi sappiamo essere più preparato sulla questione. Siamo una bellissima famiglia.
Ascoltando Anatomia Cristallo direi che la vostra intenzione sia stata quella di fare un lavoro omogeneo che suonasse come un album anche strutturalmente complesso e non una raccolta di singoli o canzoni come si tende a fare oggi, io apprezzo molto questa scelta, me ne parlate? Pensate sia stata in qualche modo rischiosa?
Assolutamente si, e credeteci è il migliori complimento che ci può essere fatto. Grazie. Siamo così felici che vengo capita questa volontà.
Sicuramente questo è per noi un album, concettualmente è un discorso abbastanza passato se si vuole guardare il mercato discografico.
Come dite voi ora va di moda unire i singoli all’interno di una raccolta, ma non era il nostro intento; volevamo palesare in modo chiaro la nostra visione sulla musica, consapevoli della difficoltà del progetto.
Siamo convinti che prima di tutto ci debba essere una necessità artistica, la creatività che supporta un pensiero, il nostro mondo in cui vogliamo portarvi dentro, mano nella mano.
Cosa ispira maggiormente le vostre canzoni oltre alle vostre esperienze vissute?
Sappiamo parlare solo di cose molto quotidiane, non vogliamo toccare cose che non conosciamo, che non sapremmo trattare in modo sincero.
Fondamentalmente parlo di me (Dario P.) di come mi sento, di come mi fanno stare gli altri, dei miei sentimenti. Prendo quelle situazioni e le trasformo in qualcosa di surreale, con scene assurde che a volte che mi immagino.
Mi piace molto alternare dettagli minuscoli, quasi impercettibili, a scene larghissime e dispersive, sono anche molto miope e questa cosa penso mi condizioni molto anche se inconsapevolmente vedo il mondo a modo mio.
L’arte del 900 è sicuramente un’ispirazione solida nella scrittura, sia per passione mia personale sia per il percorso di studi che ho fatto, è ciò che conosco meglio insieme alla musica e ai rapporti umani.
Ci capita di accostare un’opera o un pensiero artistico ai pezzi, e ci aiuta a sviluppare pensieri a riguardo: si può notare Hopper il voyeurismo in CHE MUTANDE HAI v9, o Eliasson in asimmetrico v10.
Le V che segue i vostri titoli stanno per versione nel senso che ne esistono tante diverse? Come mai questa scelta che cattura l’attenzione?
V sta esattamente per versione, quindi esistono brani precedenti a quelli editi che, per diversi motivi, non ci convincevano a pieno.
Erano piuttosto simili, ma mai ben riusciti come questi. Non è detto che fra un po’ di tempo ce ne pentiremo, sia chiaro. Le versioni scelte sono perfette per questo preciso momento, come tutto nella vita del resto.
Era un modo per elogiare il tempo trascorso a fare i pezzi, comunque momenti pazzeschi e indimenticabili, che troppo spesso vengono cancellati nel momento in cui il brano esce.
Questo lavoro è realmente il frutto di un anno di ricerca, di giornate a scrivere e registrare e poi mixare nel dettaglio, presi da mille dubbi. Deve essere un elogio a quei momenti tragici.
Mi piace la poetica con cui scrivete i testi, frasi semplici ma che a volte aprono a interpretazioni differenti, come nasce questo approccio alla scrittura?
Grazie che bello, teniamo molto ai testi, nel disco abbiamo dedicato tanto tempo nella selezione delle parole, il dettaglio per esprimere concetti semplici è fondamentale.
Immaginate di analizzare il quotidiano in modo scientifico, di cogliere le scene, i movimenti che fanno le persone che vi stanno intorno e provate a renderle astratte e personali.
Ad esempio, immaginate la sera di osservare la persona con cui state dormendo, studiate le sue forme, i rapporti del suo corpo e poi la descrivete come fosse altro, non necessariamente una figura reale o umana.
Una poetica che ogni tanto si scontra piacevolmente con il punk rock che ogni tanto invade le vostre canzoni, penso al vostro territorio e mi chiedo; è una deriva della scena musicale bergamasca?
La scena bergamasca è fortissima, carica di progetti da sempre e sì, è molto punk! Bergamo è punk come cultura.
Se pensiamo all’approccio alla musica, Bergamo conferma gli stereotipi sulla nostra popolazione: siamo davvero grandi lavoratori, abbastanza poco sociali, capaci di apprendere un sacco di cose dalle realtà più note che stanno vicini a noi in modo geografico e le trasformiamo in altro.
Penso ai Verdena più di tutti, ovviamente li amiamo, come ogni bergamasco, perchè effettivamente hanno reso in musica l’atteggiamento e la visione underground di essere delle nostre zone.
Mi piace che sperimentate anche dal lato visivo, penso alle foto stampa in cui indossate la collezione donna di Marco De Vincenzo, com’è la vostra relazione con la moda?
Ci piace molto, dedichiamo buona parte a pensare come rendere esteticamente le nostre idee, pensate che per il release party del nostro disco abbiamo creato 100 gioielli per i nostri amici presenti.
In generale nelle scelte che prendiamo a livello di styling nelle foto e nei video spingiamo sempre forte.
Abbiamo sensibilità abbastanza differenti riguardo lo stile, soprattutto nella vita privata siamo abbastanza diversi, la comodità sicuramente è un fattore rilevante e comune, per forme e materiali in particolare, con capi solitamente un po’oversize.
Nel contesto di iside cerchiamo di spingere l’acceleratore sui nostri gusti, potendoci permettere collaborazioni con brand che stimiamo, dando un’idea sempre più chiara del nostro concetto generale estetico, che ovviamente coincide con la musica.
Dario P sicuramente è quello tra di noi più attento al look nel quotidiano, Giorgio sta diventando sempre più un boy di classe, Daniele sfoggia canotte di ogni genere esaltando i muscoli e Dario R è il più sportivo dei quattro.
Vi sentite a vostro agio ad indossare abiti e accessori femminili? Mi avete ricordato Kurt Cobain uno dei miei idoli adolescenziali non che uno dei primi a divulgare il genderless.
Assolutamente si anche se non vorremmo mai sfociare nel falso, è giusto rispettare la propria identità ma soprattutto quella degli altri, questo è per noi chiaro e fondamentale.
La divulgazione genderless è ovviamente un tema che supportiamo e per cui ci schieriamo sempre, anche in modalità personali e non mediatiche: sapete odiamo immaginare di passare per “quelli che si vestono gender free” essendo poi consapevoli e riconoscenti del nostro genere.
Il nostro ruolo sociale potrebbe essere piuttosto una rivendicazione dell’essere maschio nel modo che si vuole, senza alcuna categorizzazione estetica o di maniere.
Anche nelle nostre canzoni esaltiamo la sensibilità che assurdamente a volte chi è maschio cerca di nascondere (FOLLIA) per assurde idee su ciò che rende uomo. Questo è quello che siamo e che speriamo possa essere sempre più compreso, è un vanto.
Iside è un nome femminile, e nella religione dell’antico Egitto rappresenta la Dea della maternitа, della fertilitа e della magia, cosa significa per voi?
Sinceramente non c’è una motivazione precisa e profonda, certamente avevamo la volontà di farci riconoscere con un nome tipicamente femminile, essendo noi 4 persone che si riconoscono in uomo.
ISIDE è un po’ la nostra musa quotidiana, l’ipotetica amica, fidanzata, o semplice conoscente che scaturisce in noi dei pensieri. Alla fine dei conti sappiamo parlare solo di rapporti umani, non c’era nome migliore di questo pensandoci bene.
Iside è la nostra amica, fidanzata, sorella, mamma, persona di cui innamoriamo in metro, sopratutto esempio del rispetto verso la figura femminile, che forse nella musica purtroppo viene troppo spesso trattata in modo becero.
Nei nostri pezzi la donna a cui parliamo rappresenta l’amore più puro, l’ammirazione totale nei confronti di qualcosa di superiore, che ci genera sentimenti indescrivibili. Non condividiamo assolutamente il modo in cui generalmente si parla di rapporti uomo-donna nella musica moderna.
L’ultimo album di cui ti/vi siete innamorati:
“Feels like forever” dei CHINHA
Foto: Christian Kondic
Stylist: Francesca Farina
Look: Marco de Vincenzo
MUA: Chiara Baiguera
Iside Iside Iside