Dieci candeline per Adult Music di Immanuel Casto. Il re del Porn Groove ci racconta questi dieci anni dal suo debutto: dalle provocazioni duchampiane alla sua definitiva satira di costume.
Adult Music, il disco di debutto di Immanuel Casto compie dieci anni. Dieci anni celebrati con una ristampa in vinile arancione, in edizione limitata e autografata, con un inedito, una rivisitazione del classico “Escort 25”.
Ma cos’è cambiato per il Casto Divo in tutti questi anni? Sicuramente diversi album in studio e raccolte, un’etichetta, la Freak&Chic, ma anche un percorso che l’ha tenuto molto impegnato al di fuori del mondo musicale: game designer, un ruolo sempre più di punta come attivista LGBTQIA+, il suo ruolo direttivo nell’Associazione Mensa Italia.
Ne abbiamo parlato con Manuel, prendendo spunto da alcuni brani contenuti proprio in Adult Music, attraverso una chiacchierata per parlare dell’oggi, tra politica, temi caldi d’attualità, società e i social, l’irresistibile attrazione per la marcescenza, la morale, il sesso e il bivio dell’artista tra il mainstream e libertà artistica.
Ciao Manuel, “Adult Music” compie 10 anni, celebrati con una ristampa in vinile e la rivisitazione di un tuo grande classico “Escort 25”. Questi ultimi dieci anni a me sembrano essere passati in modo velocissimo. Qual è la tua percezione e perché hai scelto di celebrare questo classico con “Escort 35”?
Percezione simile anche alla mia, devo dire, per quanto al tempo stesso se poi vado a vedere cosa ho fatto in questi dieci anni, c’è dentro il mondo! A livello artistico, ma anche poi a livello personale, di altre attività legate ai miei progetti, molto diverse dall’ambito artistico, mi riferisco in particolare a Mensa Italia, l’associazione di cui faccio parte da tanti anni, ora sono nel direttivo.
Quindi, in realtà, in concreto, in questi dieci anni c’è stato dentro tantissimo. Ho vissuto all’estero, in Australia, a San Francisco.
E Perché celebrarlo? In generale è una cosa che mi sto imponendo di fare: di celebrare gli anniversari, i traguardi. Perché io per forma mentis appena faccio una cosa me ne dimentico, mi concentro subito sulle altre dieci che voglio fare; però in questo modo non mi godo neanche niente. Quindi è un proposito mio.
E poi perché ritengo genuinamente, è chiaro se lo dico io conta poco, che, come prodotto artistico, sia ancora estremamente valido. Per me non è invecchiato affatto. Mi riferisco ai singoli estratti, ma anche proprio al disco dal punto musicale.
L’unica cosa in cui sono nettamente migliorato e sul cantato (Ride, NdA). Per me rimane un buon prodotto, per via di scelte artistiche che ho sempre fatto e continuo a fare. Soprattutto per che chi come me fa satira di costume.
Sarebbe molto facile e anche efficace, fare riferimenti nominali alla qualità, cioè metterci dentro proprio il tema caldo del dibattito social. Fatto sta, che poi il prodotto invecchia, invecchia già dopo due settimane, figuriamoci dopo mesi, figuriamoci dopo dieci anni.
Mentre un concetto artistico sempre molto vero, non mi invento niente eh, psicologia junghiana, cioè quando scavi abbastanza fondo, la verità che trovi in realtà è la verità di tutti.
Quando riesci ad essere universale a livello artistico, poi vieni capito anche millenni dopo, questo senza paragonarmi ad autori di quel calibro, però per capirci. Avendo mantenuto fede a quel proposito, per me questo disco rimane assolutamente attuale.
Anche quella “Escort 25”, faceva riferimento a certe pagine della politica che forse viviamo anche un po’ con nostalgia alle volte, escort che probabilmente quest’estate andrebbe ai covid party in Sardegna alla faccia del Green Pass!
Esatto, proprio così! Proprio così! Il Green Pass non c’è, non è citato, ma perché ancora non c’era quando ho registrato “Escort 35”.
Come dici tu, ci sono certe cose che rimangono universali. Tra i brani di Adult Music c’è anche “Killer Star”, che vivisezionava un po’ quella morbosità televisiva – «La pornografia dei sentimenti drammi catodici per deficienti». Oggi gran parte della morbosità si è un po’ spostata sui social. Qual è il tuo rapporto con i social? Quanto lo trovi impegnativo?
Innanzitutto, guarda, concordo in pieno. L’epoca d’oro della televisione da cronaca nera… ora, non è che sia finito come fenomeno, esiste ancora, anche perché è un po’ di tempo che non c’è qualche caso di cronaca che appassioni così l’opinione pubblica.
Però io credo, che in realtà, che quel tipo di offerta assolvesse al bisogno umano di schifezze, sostanzialmente. E tale bisogno ora è ampiamente soddisfatto dai social network.
Credo molto nel gusto dell’orrido, penso che comunque noi cerchiamo, abbiamo bisogno, anche di vedere cose orrende, è parte della nostra natura umana, sarà per esorcizzarle, sarà per il nostro sadismo.
Che è molto sano sfogare nella finzione ovviamente. Il social esplica questa funzione. Se uno ha voglia di fare un viaggio nella marcescenza umana va in certi gruppi, guarda il seguito di certi esponenti politici e lì fa il pieno.
Può serenamente soddisfare il suo gusto dell’orrido. Qual è il mio rapporto con i social oggi? Domanda complicatissima perché sarebbe un po’ com’è chiedere qual è il mio rapporto con la realtà.
Perché fino a relativamente poco tempo fa, mi sistemavo sulla differenza – “Attenzione una cosa sono la realtà e una cosa i social!”.
E per certi versi è verissimo. Io ad esempio, in questa rubrica che tengo per Gay.it, “C’è posta per Casto”, consiglio sempre alle persone che si sentono magari sole, di non escludere, covid a parte ovviamente, le frequentazioni dal vivo, cioè frequentare associazioni, frequentare delle realtà concrete, conoscere davvero le persone; perché sì, ad esempio le app di dating danno enormi possibilità a chi magari è molto timido e introverso, ma al tempo stesso prevengono invece dei rapporti reali che possono esser punti di partenza per un’amicizia, che per certi versi per me è molto più importante delle relazioni romantiche.
Detto questo, però, questa dicotomia tra realtà e social, ormai sta svanendo. Il processo ovviamente è stato accelerato dalla pandemia, in cui ci siamo ritrovati a vivere sui social in riunioni telematiche.
Ormai è così, cioè che avviene sui social ha impatto politico. E questo ci dove porre delle riflessioni molto importanti su dove stiamo andando. Serve fare tantissima informazione, tantissima educazione sui bias cognitivi, sull’utilizzo consapevole dei social network, nozioni di psicologia emotiva, comportamentale, la ricerca delle fonti, pratiche di fact-checking.
Ormai la nostra realtà è questa, è importante formare le nuove generazioni sull’uso consapevole del mezzo. Perché poi, sarà una banalità, ma il mezzo per me è sempre neutro. Il male è un’epoca in cui le persone utilizzano i social prive di consapevolezza, perché ancora da formare.
Senza poi contare che poi chi probabilmente sembra avere la consapevolezza alle volte si accanisce su personaggi che se li lasciassimo lì, probabilmente scivolerebbero nell’oblio dell’algoritmo…
Assolutamente. Anche questa è una cosa che le persone hanno bisogno di capire. Ciò che conta unicamente è la rilevanza. E per certi versi avere supporters o haters è un po’ la stessa cosa, l’importante è avere i numeri.
Ritorniamo su Adult Music. Cantavi “Il sesso vende sempre”. È una mia impressione o abbiamo ancora paura del sesso?
È curiosissima questa cosa,e va al cuore di uno dei paradossi della mentalità italiana. Siamo un po’ un popolo, oltre che ovviamente disomogeneo, con dei conflitti di fondo, delle contraddizioni molto, molto forti.
Si vede nella tendenza che abbiamo a celebrare un certo tipo di retorica educata, c’è l’Italia che canta sui balconi, per intenderci, e poi questa continua aspirazione al fascismo che abbiamo proprio intrinseca.
Ecco, questa è una di queste contraddizioni. Ossia, la sessualità, come immagine, ha permeato la nostra società. La sessualizzazione.
Pensa ad esempio alle pubblicità, un tipo di immagine, sempre presente, Il sesso sempre messo lì, però deve essere inconsapevole; non ne puoi parlare, non puoi fare educazione sessuale, non puoi fare educazione emotiva, soprattutto non ai minori che invece sono quelli che ne necessiterebbero. Il sesso vende sempre come immagine, ma non come contenuto, soprattutto se emotivo.
Secondo te c’è un ritorno all’arte morale?
Quella è una cosa che a me spaventa molto. Cioè questa espressione che tu hai usato. Per me l’arte non deve essere morale. L’arte deve essere libera.
Può avere assolutamente un ruolo morale, ci sono delle opere artistiche che hanno un valore altamente morale. Ma mi spaventa la pretesa che tutta l’arte debba essere morale, perché poi diventa un approccio repressivo, e di per sé, la repressione, è un atto violento.
Se penso alla tua musica, ci sono alcune canzoni, come quelle contenute nella raccolta “Porn Groove 2004 / 2009”, che probabilmente oggi non uscirebbero più. Segno dei tempi o percorso artistico?
Il punto è proprio questo. La risposta più onesta che ti posso dare è che – “Ci sono cose che adesso non rifarei, ma che se ritornassi indietro rifarei”. Non so se ha senso. Oggi non la farei, e ci sono tanti fattori. La mia evoluzione, come hai detto tu, e il fatto che in quel momento era un’operazione artistica dadaista, dai, passami il termine, cioè un’operazione duchampiana, del prendere il cesso, te lo metto in un museo d’arte e dico che è arte.
Io allo stesso modo prendevo dei contenuti fortissimi, andando proprio al cuore degli elementi concernenti la sessualità, più disturbanti della sessualità, con tematiche pesantissime, ne confezionavo una canzone pop, con un video pop, per generare un effetto straniante.
Quella era la mia operazione artistica. Non è che non ci sia più questo elemento, però ha lasciato più spazio a quello che dicevo prima della satira sociale. Quindi adesso non avrebbe senso anche perché è diversa la cultura. No, in questo momento non farei allo stesso modo, però, per dire, ai concerti sono cose che propongo ancora.
Un pezzo che non può mancare in scaletta in tuo concerto?
Maledizione son troppi, son troppi, troppi.
Mi vuoi dire allora quello a cui vuoi meno bene?
Non ce la faccio. Posso dirtene tre che non possono mancare, per piacere?
Certo, quanti ne vuoi.
Facciamo così, allora. Per quanto riguarda il messaggio non può mai mancare “Da grande sarai fr**io”, per quanto riguarda l’arrangiamento, non può mancare “Deepthroat Revolution”, perché è diventata un inno alla fine, la amo come conclusione, e per quanto riguarda la melodia “Tropicanal”: è proprio una festa quando parte.
Ho una grandissima fortuna. Allora, da un lato è vero che non ho mai avuto quel brano che veramente sia esploso al di là della bolla alternativa e che sia finita in rotazione sulle radio, per intenderci.
Allo stesso tempo non soffro nemmeno il problema di artisti che sono strettamente legati ad un titolo, ad un tormentone. In realtà brani considerati importanti che il mio pubblico vuole sentire ai concerti, se proprio deve ridurre all’osso, non riesco scendere sotto i quindici, che son tanti, cosa che mi fa molto piacere.
Una delle mie canzoni preferite di Adult Music e senza dubbio “Crash” – «Montami la ram / Riempimi di spam / Il mio sistema è in crash», canzone che segnava il tuo incontro con Romina Falconi, vero?
Esattamente! Noi ci siamo proprio conosciuti sul set del video, abbiamo registrato a distanza. E lì è che iniziato un profondissimo rapporto di stima e amicizia, ora siamo molto legati.
Romina Falconi è tra le artiste che orbitano intorno alla Freak & Chic: etichetta che è andata in scena anche con un festival che ha ospitato anche stand-up comedy e fumetto. In che modo questi mondi, apparentemente lontani, influenzano quello che fai e perché rientrano nel festival?
Sono mondi, è vero, distanti tra di loro, ma c’è un elemento comune. Andando a identificare l’elemento trasversale ai fumetti, alla stand-up comedy, alle proposte musicali della Freak & Chic, c’è quest’elemento di satira che credo che sia un po’ il fil rouge.
Una forte ricerca di autenticità, poi ognuno a suo modo perché siamo molti diversi come artisti. Proprio detto con grandissima onestà, io credo che tutti gli artisti lottino tutta la loro vita per ottenere due cose, ossia: quanti più mezzi e quanta più libertà. Gli artisti vorrebbero tutto. Vuoi decidere tu in autonomia cosa fare e che ti mettano a disposizione tutti i mezzi possibili.
Cioè, questo è proprio il desiderata. È che il mercato, solitamente, e le occasioni della tua vita, ti mettono di solito di fronte a una forbice. Un’idea che puoi avere solo una delle due cose.
Con la libertà senza mezzi non vai da nessuna parte. Sarà un bilanciamento dei due elementi. Ma nella mia esperienza, o si va più da una parte o dall’altra.
Mettiamola così. Noi siamo dalla parte della libertà, a livello della libertà artistica; sì certo, a livello promozionale non abbiamo gli stessi mezzi che si possono trovare nel mainstream, ma per contro abbiamo una libertà quasi assoluta. E questo vale per la stand-up comedy, i fumetti e la musica.
E da qui l’importanza, per le piccole realtà, di fare rete. Senti, tra le tue passioni non possiamo non citare i giochi da tavolo e il tuo gioco di carte, “Squillo”, con il grande successo che ha ottenuto. Ti parlo da amante dei giochi da tavolo, devo dire che in questa pandemia il non poter giocare insieme è una delle cose che ho sofferto di più. È stato così anche per te? Qual è il gioco che più ti è mancato o forse il tuo preferito?
È stato assolutamente così. Come stile di vita io sono uno che sta chiuso in casa, cioè ho bisogno di stare solo la maggior del mio tempo. L’unica cosa che mi è mancata sono i giochi da tavolo.
Io ho fatto momenti della mia vita in cui giocavo sei sere a settimana, ora beh, son scese a due per via dei miei impegni. Ero in gravissime crisi d’astinenza. Scegli una cosa… io non riesco, non riesco, perché sono appassionatissimo di tantissime tipologie di gioco, ne ho una collezione enorme.
Dai però, ti dico l’ultimo che mi ha assorbito di più, almeno per l’elemento temporale, un cooperativo, “Arkham Horror: il gioco di carte”.
Consigli per l’estate, serie TV da recuperare?
Assolutamente, per chi non l’ha ancora visto, “The Handmaid’s Tale”, visione obbligata, non propriamente leggera. Qualcosa di totalmente opposto, qualcosa di leggero su Netflix, “Atypical”. E ancora, sempre su Netflix, “Special”: uno dei pochi prodotti scritto, diretto e interpretato da una persona disabile. Molto interessante vedere la prospettiva originale, anziché il tema interpretato e spiegato da persona non disabile.
A proposito di scelte per l’estate, il tuo ultimo singolo “D!CK PIC”, non è per nulla estivo, hai scelto una ballatona dark per andare controtendenza. È un assaggio del prossimo disco?
Farà parte sicuramente del prossimo disco. Il bello dei dischi è che proprio possono essere un mondo, è uno degli aspetti. È una decisione che abbiamo preso quasi all’ultimo, un po’ perché non sapevamo cosa sarebbe successo, un po’ perché avevo questo pezzo in canna e mi sono detto, – usciamo! A me piace tantissimo come pezzo, non è per niente estivo, ma penso sia stato apprezzato anche per quello.
In tema per il ritorno ai dating estivi e alla consapevolezza della foto hot in chat.
Io credo tantissimo al messaggio. È buffissimo perché in realtà le recensioni negative, alcune positive eh, però l’elemento ricorrente, più che recensioni risposte, diciamo – “Che banalità, un’altra canzone sul sesso”.
Questo mi ha proprio fatto riflettere. La cosa mi colpisce perché “D!CK PIC”, a parte la parola cazzo, non parla di sesso; parla di relazioni, di comportamenti, di vulnerabilità, cioè non è una canzone che parla di sesso in nessun modo; mentre curiosamente, andiamo a prendere i tormenti estivi di questa estate, se vai a sentire il testo è un baciami, voglio l’uomo, voglio le tue labbra, che non c’è assolutamente nulla di male eh.
Ma ti cosa parlano quelle canzoni? Parlano di sesso e magari torniamo a quel paradosso, quella contraddizione di termini. Dove in quel caso, di fatto stai parlando di sesso ma nella forma che va bene, io utilizzo un’immagine precisa, ma in concreto non parlo di sesso, ma la percezione risulta invertita.
Manuel, ci salutiamo con un’ultima domanda a proposito del futuro. Il tuo prossimo grande evento sarà l’epifania all’Alcatraz con l’evento appunto Epifaniah programmato per il 6 gennaio 2022. Cosa dobbiamo aspettarci?
Sarò lo show più musicale realizzato fino ad adesso. Cosa vuol dire? Io da quando ho iniziato ho puntato più su show all’americana, magari più incentrati sulle coreografie, mentre progressivamente ho virato di più su una dimensione rock o unplugged e ci sarà una formazione musicale estesa, rivista e potenziata.
Sarà più un concerto e ci voglio mettere qualche sfumatura di stand-up comedy perché sto iniziando ad appassionarmi.
Perfetto allora, alla tua prossima Epifania Manuel, intanto, buona estate!
Immanuel Casto Immanuel Casto