Ema Stokholma: vivo per il mio bene (e il vostro)

Non è facile sapersi mettere in gioco, ma Ema Stokholma è una campionessa in questo: dj, conduttrice, scrittrice, cantante, pittrice e a breve anche madrina della serata conclusiva del MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer (16-19 settembre).

Da sempre dalla parte dei giusti, dalla radio alla vita reale, Ema si è sempre battuta in nome del Love Matters, lo slogan che distingue la 35esima edizione del MIX, perché l’amore conta e deve trionfare su tutto, oggi più che mai.

Incontriamo Ema Stokholma via Zoom in una calda giornata di fine luglio, ancora sorpresa dall’inaspettata vittoria del Premio Bancarella 2021 con il suo primo libro autobiografico “Per il mio Bene” (HarpersCollins), una storia drammatica che racconta di abusi e della fuga dalla Francia – sua terra natia – verso l’Italia, alla ricerca della pace e di se stessa. Un lavoro che si contrappone alla leggerezza del suo singolo “Ménage à Trois” che ha rallegrato l’estate con i francesismi che utilizziamo in Italia.

Ma Ema Stokholma è così, una donna dalle mille sfaccettature, sa sorprendere e tirarti in mezzo, catturato dalla sua solarità e dalla sua parlantina inconfondibile che mette subito di buon umore.

Si apre la cam e mi trovo davanti un sorriso grandissimo filtrato dal sole che si fa largo tra le fronde degli alberi. Sembra quasi un film, Ema è immersa nella campagna francese seduta su un’amaca, circondata da caprette, non fosse perché bionda sarebbe stata una perfetta Heidi, ma con i tatuaggi.

Ciao Ema come stai?

Bene, sono qui tra le caprette, erano quasi due anni che non venivo a trovare mio fratello in Francia per via del Covid, ma qui è un paradiso, penso che vorrei viver anche io così la mia vita, in campagna con gli animali. 

Ti trovi bene tra le caprette?

Le capre sono degli animali indipendenti, basta che gli costruisci un riparo e poi passano la giornata a brucare erba, sono animali pacifisti, convivono con le galline che passeggiano su di loro, è fantastico! La famosa pet-therapy

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Hai, da pochi giorni, vinto il Premio Bancarella con il tuo primo libro autobiografico “Per il mio Bene” ed ho visto giustamente anche della commozione quando hanno fatto il tuo nome. Cosa ha significato per te questo momento?

Sapevo che la mia storia fosse forte e che molte persone avrebbero potuto purtroppo riconoscersi, sui social sono stata inondata di testimonianze che hanno avuto a che fare con la violenza sin da bambini. Ma non avrei mai immaginato che gli addetti ai lavori potessero premiare non solo il contenuto ma anche la forma, non sapevo nemmeno cosa dire.

Non mi ero preparata neanche una battuta, io di solito tendo a dire una cavolata per far ridere le persone, ma ero pietrificata perché non sapevo come reagire.

Sono felicissima di aver ricevuto questo premio da persone che leggono tantissimo… wow! Non volevo fare la figura di quella che fa il discorso da Oscar ma avrei voluto dire qualcosa di intelligente e invece nulla!

“Per il mio Bene” racconta la tua storia personale che ha risvolti forti ma che, come hai accennato anche tu, ha il potere di aiutare altre persone che magari non hanno il coraggio di reagire a situazioni di abusi famigliari. Tu come hai affrontato questo libro mentre lo scrivevi? Era più uno sfogo, una sorta di self-therapy, o c’era coscienza che sarebbe servito anche a persone in difficoltà?

Né l’uno, né l’altro. Non un sfogo, perché se avessi raccontato questa storia sfogandomi sarebbe stata una cosa terribile, perché racconto di violenze psicologiche e fisiche che ho subito da mia madre, anche molto pesanti con abusi di ogni genere e non è il mio approccio alla vita.

Lo sfogo lo lascio al mio analista. La mia terapia è una cosa a parte e non volevo buttare il mio dolore addosso alle persone, anzi. Volevo dire, ok ragazzi, ci sono famiglie in cui succede questo, ed è raccontato quasi più come un fatto di cronaca senza metterci troppo pathos.

Quindi no, non pensavo mentre lo scrivevo che sarebbe potuto essere utile a qualcuno. 

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Cosa ha spinto Ema Stokholma a scrivere questo libro oggi?

Un fatto di cronaca, un bambino di 9 anni di Napoli che è morto in casa. Mi sono messa a leggere i commenti delle persone alla notizia e ho capito il buco enorme che c’è tra i bambini che si trovano ad affrontare una quotidianità difficile e chi non sa cosa voglia dire convivere con la violenza.

I commenti di questi ultimi erano tutti molto violenti nei confronti di questi genitori che erano venuti a meno al loro dovere, ma se io scrivo o leggo come commento “la madre deve morire” cosa ho risolto? Niente, quindi mi sono sentita il dovere di scrivere la mia storia anche per spiegare quella di Giuseppe, perché le cose non accadono in un giorno di colpo, nel suo caso sono durate 9 anni.

In tutti questi anni forse qualcuno – un amico, un vicino – poteva entrare in casa e chiedere alla mamma se stesse bene o se aveva bisogno di qualcosa, per questo l’ho raccontato.

Solo dopo averlo pubblicato e tramite i commenti della gente ho capito che il mio libro poteva essere utile, ed è stata una cosa pazzesca. 

Non ne avevi mai parlato prima?

No, solo con i miei amici più stretti, soprattutto con Andrea Delogu che ha alle spalle una storia diciamo diversa ma non aveva paura a farmi domande, mi ha spronato, e solo raccontandogli la mia storia mi sono resa conto di quanto fosse forte.

Ho avuto bisogno della reazione di un amica per rendermene conto. Non l’ho mai raccontato perché pensavo non potesse interessare a nessuno.

Io tendo sempre a pensare che la gente non ti ascolta ma invece siamo spesso noi che non usiamo la giusta chiave per comunicare. 

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Sei una persona dalle mille sfaccettature, e abilità, io sono rimasto incantato dal tuo Instagram. Quando hai cominciato a realizzare un dipinto per ciascuna foto che pubblichi, come è nata questa idea folle e impegnativa?

È molto impegnativo, è vero, ma tutto è cominciato nel 2016 quando stavo capendo la svolta che i social stavano prendendo. Mi sono detta è ovvio che se posto una foto dove sono carina prendo tanti like.

Poi guardavo il mio feed nell’insieme e mi sembravo una pazza egocentrica e anche se lo sono, non era l’impressione che volevo dare di me alle persone.

Così mi sono detta, da un lato posto il mondo come lo vedo io e dall’altro posto la foto reale. All’inizio facevo dei disegni orrendi con la Bic e difatti ad ogni disegno che postavo perdevo dai 200 ai 300 follower, ma in realtà questo succede anche oggi perché se tu guardi il mio profilo nell’insieme ha un senso, c’è il mio disegno, poi un post bianco, e poi la foto vera, quindi se mi hai messo il follow perché hai visto una foto carina come vedi il dipinto o il quadrato bianco scatta il defollow. Però pian piano è diventata una passione quella per la pittura.

Ma hai mai studiato pittura?

No! Titolo di studio: Instagram! Ahahahahah!

Mi piace che metti anche i time lapse in cui mostri come hai fatto i disegni, anche perché a volte sono piccolini, altri grandi come una parete con la griglia per le proporzioni e la prospettiva, sei molto professional nel tuo approccio d.i.y. alla pittura!

Sono professional perché dal 2016 a oggi mi sono resa conto di quanto siano difficili proporzioni e prospettive! Pian piano ho imparato alcune tecniche, la prospettiva ancora non ce l’ho ma per le proporzioni ho imparato a fare la griglia sulla foto che stampo e poi pian piano la riporto in scala.

Poi guardo documentari di pittori enormi e mi demoralizzo. Però la cosa bella dell’arte è che puoi dire sempre: “Ma questo è il mio stile!”

Personalmente i tuoi dipinti mi piacciono molto, soprattutto i ritratti che sono brutti ma bellissimi!

Ahahahahahahah grazie davvero! Brutto ma bello, io adoro il disagio sia nell’arte che nel cinema quindi ci sta.

Il disagio mi cattura sempre perché credo avvicini alla realtà.

Esatto! Io nel cinema amo il Dogma, la luce naturale, la telecamera traballante, riprese fatte male, quei disagi famigliari veri. 

Lars Von Trier sia lodato! Ahahahah!

Fermi tutti! Io lo amo, anche se lui dopo aver inventato il Dogma ha detto basta e si è patinato. Ma ha fatto Melancholia che è uno dei film più belli che io abbia mai visto. Lo amo alla follia, è il mio preferito in assoluto.

Hai mai pensato di esporre i tuoi lavori?

Mi piacerebbe molto e non ti nego che il mio sogno sarebbe quello di fare una mostra a Parigi o a Roma. Poi c’è stato il lockdown e non credo di aver abbastanza quadri che mi convincono tanto da essere esposti, al momento che mi piacciono davvero ce ne sono due!

Sei molto esigente e selettiva!

Calcola che m’innamoro sempre dell’ultimo quadro che faccio. Poi ne faccio un altro e non mi piace più! Ma entro un anno la faremo, con inaugurazione con musica e drink, si festeggia e si balla! Una cosa figa!

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Cambiamo argomento, parliamo del tuo singolo divertente ed estivo “Ménage à Trois”, come nasce?

È nato per ridere. Sai, la vita è strana, io ho fatto radio, la dj, e se ero sicura di una cosa è che non avrei mai cantato in vita mia, perché come apro bocca la gente che mi vuole bene mi dice: sei stonata! Magari canto “Yesterday” e la gente non la riconosce da quanto canto male.

Invece un giorno in radio, Leonardo Carioti il regista della trasmissione “Back2Back”, che fa anche il dj, mi porta questa base e mi dice che l’aveva scritta pensando a me, se mi andava di buttarci qualcosa sopra.

Così ho scritto una sfiLza di cavolate e luoghi comuni in francese e alla fine è venuta fuori una cosa divertente e per una volta sentire la mia voce mi è piaciuto! 

Torniamo seri, volevo chiederti due parole sul DDL Zan che è parcheggiato in Senato…

Che vergogna! Il mio pensiero è che noi che la pensiamo allo stesso modo ci dobbiamo stringere e fare forza, dobbiamo continuare a combattere, io in radio ci provo, ogni sera con Gino Castaldo ci proviamo ad essere sempre più inclusivi, tolleranti, liberi e Radio2 ce lo permette.

Ognuno di noi deve fare uno sforzo per risolvere la situazione e devo dire che la gente ci ha capito, perché alla fine uno il suo pubblico se lo sceglie, se a qualcuno da fastidio il nostro programma vada da un’altra parte.

Dallo scorso anno, nel mese di giugno abbiamo cercato ogni sera una canzone che celebrasse il Pride, l’orgoglio, raccontando storie a volte leggere altre più serie sul mondo LGBTQ+, alla fine abbiamo deciso che un mese non ci bastava così è rimasta una costante fissa della nostra trasmissione.

È da quando sono piccola che sento parlare delle stesse problematiche e che combatto le stesse battaglie, è incredibile che siamo ancora a questo punto!

Per me Madonna aveva già aperto le porte a questa discussione negli anni ’90, senza di lei non si cosa sarebbe successo, forse ci sarebbe stato qualcun’altro a portare avanti la sua libertà di parola ma non so… Pensa che a casa mia era proibito ascoltarla perché era troppo esplicita e per mia mamma era un cattivo esempio, ma io l’ascoltavo lo stesso!

Poi sono arrivate le Spice Girls che con il loro il Girl Power hanno insegnato a milioni di ragazzine una filosofia di vita con uno slogan apparentemente leggero ma importantissimo. 

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Il 19 settembre condurrai la serata conclusiva del MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer a Milano, che quest’anno avrà come tema Love Matters, quasi una coronazione del tuo impegno per divulgare l’orgoglio di cui parlavamo poco fa, come ti senti a riguardo?

Sono molto contenta perché quando partecipo a questi eventi imparo sempre un sacco di cose, mi piace conoscere le persone che ne fanno parte, apprendere, è un ambiente in cui mi riconosco e mi fa sentire a mio agio. Poi si parlerà molto di musica quest’anno e credo che Love Matters è lo slogan che tutti dovremmo adottare nella vita, anche alla luce di quel che sta succedendo con il DDL Zan. Sono super contenta! 

Dato che sembri la protagonista del film “Come fa a fare tutto” con Sarah Jessica Parker, cosa bolle in pentola? Un libro nuovo? Un singolo nuovo? La tv? 

(ride, ndr) Dato l’importante riconoscimento ottenuto sto lavorando ad un nuovo libro. Poi c’è la radio che è un luogo fantastico e non vorrei mai smettere di farla e poi chissà, ogni giorno mi si presentano cose e io mi ci butto dentro. 

Sui social si è parlato molto del fatto che in Italia gli artisti non si supportano a vicenda, quindi ti chiedo di consigliarci un libro e un album di cui ti sei innamorata di recente:

Cantanti ti dico Andrea Laszlo De Simone perché la prima volta che ho sentito “Vivo” ho urlato: Wow! Mi è arrivata fortissimo, ma non posso escludere Madame perché è stata la rivelazione dell’anno, quindi permettimi di dirti due nomi.

Per quanto riguarda il libro, sto leggendo molti fumetti, credo che in Italia non abbiano lo spazio che si meritano ed è un peccato, è difficilissimo fare un fumetto caspita! Leggete più fumetti! 

Grazie Ema, ci vediamo al MIX!

Non vedo l’ora ragazzi! Grazie! Ema Stokholma Ema Stokholma Ema Stokholma Ema Stokholma Ema Stokholma Ema Stokholma

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Ema Stokholma veste Paul Smith

Foto: Simon

Location: That’s Milano