Enfant Sauvage è il solo project di Guillaume Alric dei The Blaze, duo francese che nel 2017 scosse la scena elettronica con l’EP “Territory” i cui video, con il loro immaginario suburbano innalzano il valore dell’amicizia tra maschi in un modo tanto naturale quanto erotico, che ha fatto affezionare la comunità LGBTQ+ al duo.
Si intitola “Patrichor” il primo album di Guillaume Alric a nome Enfant Sauvage , un concept che vuole ripercorrere le strade della sua adolescenza nella provincia francese, in mezzo alla campagna di Clamency paesino al centro della Borgogna, lontano dalla città, da qui viene il “selvaggio” del nome oltre ad essere un omaggio alla cinematografia di Truffau.
Con l’uscita dell’album arriva anche il terzo e ultimo capitolo di una trilogia di videoclip – “Silent Love”, “Time to Fall” e “Force Fielad”, che insieme vanno a formare un cortometraggio ambientato proprio nelle strade di Clamecy in cui l’artista qui anche nelle vesti di regista è cresciuto.
Guillaume riesce a sviluppare una storia d’amore tra due adolescenti di provincia mantenendo quel sex appeal innocente e unico che contraddistingue anche i video dei The Blaze anch’essi diretti da loro. Provate a non fantasticare sui protagonisti dei loro video se ci riuscite! Lo abbiamo intervistato:
Ciao Guillaume, come stai?
Bene grazie, sono nel mio studio, il mio ambiente.
Come hai sentito la necessità di prendere una pausa dai The Blaze e dare vita a Enfant Sauvage?
Non so se direi che è stata una necessità, ma è da molto tempo che ho in testa di realizzare un libro fotografico sulla mia adolescenza, ho tantissime foto scattate da me a Clemency il piccolo paese di campagna in cui sono nato e cresciuto nell’era pre-internet.
Pensando al libro mi sono detto perché nel mentre non pubblicare della musica e dei video che possono in qualche modo anticipare e mostrare l’ambiente in cui sono cresciuto ma in un modo diverso? Così è nato questo progetto solista, che è tale proprio perché è strettamente personale, parla di me, è come fosse un autobiografia.
Com’è stato immergerti nella tua adolescenza, come ti sei sentito?
Nostalgico ma in un modo dolce, mi sono ricordato cosa significasse essere giovani e liberi senza i social media. Era un’altro modo di vivere, di pensare e di condividere e non stiamo parlando di chissà quanti anni fa, ma il mondo cambia in fretta. Vivere l’adolescenza oggi dev’essere qualcosa di completamente differente.
Pensi che la nostra generazione fosse più genuina e si divertiva di più senza Internet?
Non so se ci siamo divertiti di più ma credo che ci fosse un link sociale più forte perché condividevamo tutto nella realtà, ora quando vuoi comunicare con qualcuno commenti o scrivi in Internet, noi parlavamo di più tra di noi, eravamo più istintivi e più curiosi, eravamo in un certo senso obbligati ad essere noi stessi. Ma non voglio essere critico sulle nuove generazioni sono solo cambiati i tempi.
Non si tratta di essere critici, anche io a volte mi chiedo ma quando avevo sedici anni chi mi ha consigliato quel gruppo o quel libro, ma non so darmi una risposta… forse il passaparola?
Esattamente! Penso che la nostra generazione stava molto di più all’aperto, giocavamo nei campi, nella foresta, facevamo le capanne sugli alberi, eravamo più connessi alla realtà.
“Petrichor” è un album elettronico ma più organico rispetto ai The Blaze, è per questo discorso che guarda indietro alla tua adolescenza che hai scelto di usare più strumenti veri come si faceva una volta?
Sì, cercavo proprio un suono organico, questo album è molto connesso alla natura, un elemento che non si può prevedere o fermare così ho lavorato con vecchie apparecchiature e sintetizzatori vintage proprio per ricreare questo aspetto, perché le macchine di una volta le puoi controllare sino ad un certo punto, perché sono vecchi. Sono strumenti che hanno una propria anima, come la natura.
Come per i The Blaze hai girato tu la trilogia di video che ha lanciato “Petrichor”, la fotografia ancora una volta è bellissima, il casting impeccabile, sei riuscito a mostrare la giovinezza e i suoi legami in un modo così naturale che trovo super sexy, come ci riesci?
Grazie. Ho semplicemente cercato di ricordare alcune parti della mia vita e di quella dei mie amici, storie che abbiamo vissuto insieme cercando di mostrarle nel modo più naturale possibile, così ho deciso di raccontarle tramite una storia d’amore tra un ragazzo e una ragazza che nasce in 24 ore.
Per me è quasi un documentario su come le persone vivevano l’estate in un paese di campagna. Per questo tralasciando i due protagonisti che sono attori professionisti, tutte le altre persone che vedi nel video sono amici miei che vivono a Clemency.
Posso dire che hai il talento di mettere tutti a proprio agio perché i tuoi “attori” sembrano tutti così spontanei e veri…
Ahahahah è stato molto divertente! E’ la magia del cinema, perché all’inizio sono tutti timidi poi vedono qualche ripresa e tutti vogliono dare il meglio e buttarsi nel gioco.
Dopo questo “corto” e considerato il tuo talento, mi viene da chiederti se hai mai pensato di girare un lungometraggio perché secondo me dovresti!
(Arrossisce n.d.r.) Non mi piace parlare molto del futuro ma diciamo che è un’idea che è in cantiere. Quando sono tornato al mio paese per girare i video con la mia gente è stata anche la dimostrazione che è possibile lavorare con persone che non sono professioniste, creare quello che succede come in un documentario dove tutti recitano se stessi. Ma per ora è presto parlarne.
Ti vedremo dal vivo con questo progetto?
Assolutamente stiamo chiudendo le date e stiamo negoziando anche con l’Italia.
L’ultimo album di cui ti sei innamorato:
E’ difficile perché ascolto davvero tanta musica, fammi pensare… direi una band canadese che amo particolarmente che sono gli Skinshape e il loro ultimo album si chiama “Arrogance is the Death of Men” e poi amo gli Archive, sono grandiosi.