“Ami Pensi Sogni Senti” è il primo album di VV concepito come la colonna sonora hyper pop di un video game, quello della sua vita, che tramite un avatar si esprime senza filtri, analizzando se stessa e la società contorta in cui viviamo.
Avevamo già puntato le orecchie su VV l’anno scorso quando uscì “VƎRSO” il suo primo EP, oggi la ritroviamo in occasione dell’uscita di “Ami Pensi Sogni Senti”, (Maciste Dischi/Epic Records Italy/Sony Music Italy) il suo primo album.
Passato solo un anno troviamo una VV decisamente più matura ma anche focalizzata su chi vuole essere e su cosa vuole fare e lo è perché oltre ai live e alla gavetta dell’ultimo anno ha fatto autoanalisi, e pare dato i suoi frutti. “Ami Pensi Sogni Senti” è un album sincero, introspettivo e analitico, in cui tutte le emozioni di VV si scontrano ed esplodono in un universo pop fatto di glitter, ghiaccioli gommosi e donuts glassati e che risponde al nome di VVLAND.
Ciao VV! E’ uscito da poco il tuo primo album “Ami Pensi Sogni Senti” , che sensazioni provi?
Mi sento sballottata! Perché ci ho messo tanto a metterlo insieme quindi provo sensazioni strane, il mood rispetto al mio primo EP “VƎRSO” è cambiato, mi sento più a fuoco ma ancora incredula. Ancora non ci credo che finalmente è fuori!
Hai creato un mondo a 360° attorno all’album che hai battezzato VVLAND: in Italia non sono molti gli artisti che ci tengono a creare ogni aspetto del loro progetto: dalle foto, alle cover, alla grafica ecc. Come hai sviluppato questa idea?
Ho sempre considerato la musica come immersiva, cioè non pubblicare semplicemente una canzone che parla di me ma crearci un mondo parallelo attorno. Penso all’album “After Hours” di The Weeknd ad esempio, pubblicato in pandemia era un viaggio a cui aggiungevi un tassello pezzo dopo pezzo. Non sto dicendo che i brani devono essere collegati tra loro necessariamente però è bello entrare in un nuovo universo liberandoti da questo senza avere per forza una connessione reale.
Come mai hai sentito la necessità di creare un avatar di te stessa?
Io sono estroversa ma ho un lato di timidezza che mi porta, quando vado in stress, a tirarmi un po’ indietro. Ho creato un avatar per fargli prendere il mio posto e fargli fare tutte quelle cose che mi mettono a disagio. Ho mandato avanti il mio avatar, perché volevo staccare un po’ la mia musica da me come persona, facendola in un modo un po’ più distaccato e lasciandogli prendere la sua strada.
Chi ha realizzato il tuo avatar?
Un artista Argentina che si chiama Seglitchea su Instagram, l’ho trovata sul web e mi è piaciuta subito molto perché il suo 3D ha questo gusto lo-fi che andava qualche anno fa, alla The Sims, non quello iper realistico di oggi. Poi volevo che il mondo risultasse volutamente artificiale e plasticoso da vedere. Nella cover dell’EP “VƎRSO” la mia faccia era spiccicata contro un vetro, come intrappolata, così da lì ho fatto uscire tutto, liberando questo avatar che posso plasmare a mio piacimento.
“Ami Pensi Sogni Senti”, cosa ha ispirato questo titolo?
E’ stata una scelta piuttosto casuale, all’inizio pensavo di chiamarlo “Antidoto” ma pensavo di scrivere un EP, poi mi sono accorta che c’erano tante canzoni che s’incasellavano bene e mi è apparsa chiara la voglia di fare uscire finalmente un album. Le parole “Ama, Pensi, Sogni, Senti”, sono nate improvvisando e mi sono entrate subito nel cuore, non avevo ancora un titolo, ma quando le ho cantate ho pensato immediatamente che erano perfette per raccontare questo nuovo viaggio, sono un po’ la sintesi del disco.
Mi piace come hai lavorato sulla voce, dai vari effetti, alle urla liberatorie che non t’aspetti di “Scintilla”, ma penso che tutto il disco sia come un urlo fuori dai denti, è così?
E’ assolutamente così, ricordo che quando ho registrato le urla di “Scintilla” ho pensato: e ora live come la faccio per non spaccare tutto? Ho decisamente usato di più con le metriche. In “VƎRSO” ero ancora un po’ timida, più introspettiva, per l’album mi sono aperta di più, liberata, e mi ci trovo benissimo soprattutto quando suono i nuovi pezzi live. Sul palco sento finalmente la spinta che cercavo, ora ho quell’energia giusta da dare alle persone.
Nell’album ci sono tre interlude: uno all’inizio, due diciamo centrali e uno alla fine, che scandiscono il disco come la partita di un video game, inoltre invece di avere dei titoli hanno delle emoji, un cuore, la nuvoletta pensierosa, la luna e a chiudere un arcobaleno. Me ne parli?
Ho lottato molto per avere le emoji al posto dei titoli sulle varie piattaforme, sono stata la prima a farlo in Italia, peccato che all’estero mi hanno fregata i Coldplay! Mi hanno fregato l’idea! Comunque l’ho fatto perché volevo che fin da subito si capisse che non sono canzoni, ma qualcosa di diverso, più una sensazione breve, come un emoji.
The Weeknd a parte, quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Kevin Parker e i Tame Impala mi hanno fatto fare dei viaggioni, il modo in cui produce e come si approccia alla musica mi piace moltissimo. Amo le produzioni di Kenny Beats, seguo i suoi format su YouTube, poi mi piace molto la musica di Journey, Still Woozy, gli Easy Life e mi fa impazzire Remi Wolf. Nessun italiano, certo adoro Battisti, Dalla, De Gregori, ma non fanno così parte del mio DNA. Mio padre è un jazzista quindi mi ha riempito fin da piccola la testa con il jazz e mi sono resa conto che vado sempre un po’ a pescare dove c’è una deriva funky o jazz.
Cosa pensa della tua musica un papà musicista di jazz?
Uhhhh! Allora all’inizio quando ero nella luce soffusa della mia cameretta non era molto convinto, è cambiato qualcosa quando ho pubblicato “Paranoie” lì ha cominciato a dire cose come: “carina questa canzone, ha del groove!”, quindi mi ha influenzata anche lui perché vedere tuo padre gasato per la mia musica è bellissimo, poi è un professore di musica bacchettone, mi bocciava tutto ma questo album a cominciare da “Brillantini” gli piace molto.
Parlando di “Brillantini” spesso le tue melodie allegre nascondono tematiche più serie, come accade in questo pezzo, me ne parli?
E’ il primo pezzo che ho scritto per il disco, era un periodo in cui parlavo molto dei miei malesseri, ero malinconica, c’è stato uno switch nella mia vita che mi ha fatto pensare e analizzare molto il mio passato, fin che non mi sono detta ok, voglio volgere tutto in positivo perché penso e spero che sia possibile. Non ci si può crogiolare nello sconforto e nella tristezza e la musica è un mezzo per distoglierti da tutto questo, se è una giornata di merda io mi ascolto James Brown e mi carico a molla. Questo album è il manifesto di questa nuova me che vuole stare bene e lasciar da parte le paranoie. I miei testi sono i tasselli di questa mia ricerca personale.