Il secondo giorno di milano fashion week vede in calendario molti nomi ma con pochissima sostanza. Di seguito quelle che ci hanno incuriosito di più.
Miuccia Prada e Raf Simons con la loro ss23 presentano una collezione elegantemente cruda fatta di gesti della realtà attraverso una sequenza di riflessioni, rifrazioni, osservazioni e fluidità.
Per lo show, Prada invita il regista Nicolas Winding Refn (quello di Drive) che con il suo punto di vista concepisce l’esperienza che ruota attorno alla collezione ma che comunque non ha niente a che fare con i vestiti.
La collezione attraversa visioni e realtà differenti, gioca costantemente con la dissimilitudine e il paradosso.
Un tessuto a base di carta è utilizzato in una serie di abiti strappati e aderenti al corpo che appaiono intimi e impulsivi.
Le superfici sono animate da gesti umani in cui tracce di vita modellano le forme dei capi, mentre gli strappi intenzionali e il disegno delle linee e delle pieghe ne catturano la spontaneità, come ricordi di bellezza incastonati nel tessuto.
Gli abiti da giorno e da sera si contaminano tra loro: i cappotti eleganti si fondono con le giacche di pelle, la sartoria prende in prestito strascichi di tessuto (di nuovo).
I capi per vivere l’intimità della casa in delicati toni pastello si fondono con i capi per l’esterno, mescolando realtà distinte.
Gli accessori vengono proposti in nappa antica con superfici patinate, pressate e stropicciate, utilizzate per reinterpretare le silhouette archetipiche e classiche delle borse Prada. Proprio come nella vita reale, la collezione osserva e abbraccia dicotomie impreviste.
Il lavoro di Miuccia e Raf a questo giro però appare come un riassunto degli ultimi due anni insieme, quella andata in scena ieri è stata una collezione che ha lavorato in modo sintetico, per fare qualcosa di estremamente innovativo dai materiali ai tagli ma con riferimenti diversi.
C’era un po’ di Prada SS21 uomo (quel grigio che ricorda il colore delle camicie dei dipendenti della Fondazione Prada), colori più estivi e materiali più leggeri (vedi SS20 donna).C’erano le stampe Tie-dye Pre-fall 20 ma anche il minimalismo della silhouette che ci riporta alla SS21 donna o i colori della SS22. Si, c’erano anche i fiori della FW19 (un ibrido con le rose della SS21: apparentemente più romantico!!).
Una sintesi senza effetto wow, senza emozioni forti. A consolarci resta il gesto di Miuccia per chiudere il cappotto e le camicie abbottonate. Peccato.
Boss per questa Milano fashion week ha messo in piedi una sfilata giusto per ricordare che esiste ancora e che si è rifatto il look, in passerella una serie di grigi, cammelli e altre cose noiose.
A chiudere lo show Naomi Campbell ma anche Anthony Joshua, pugile inglese e ambassador del marchio, e l’atleta paralimpica Veronica Yoko Plebani, al suo debutto in passerella. Bella l’intenzione dell’inclusività ma per il resto tutta fuffa.
Nicola Brognano, alla guida di Blumarine, aggiunge un tassello “nuovo” all’estetica del brand: il gotico.
Lo stilista ha dichiarato che «questa collezione rappresenta un’ulteriore evoluzione dell’immaginario Blumarine.
Ho voluto dare maggiore spazio a un denim più dark, borchiato e lavorato, in contrasto con abiti fluidi in georgette e maglieria effetto crochet.
Una Blumarine evocativa, reale e onirica allo stesso tempo» Boh, a me sembrava John Richmond.
Al Palazzo del ghiaccio di Milano, nel secondo giorno di MFW va in scena una festa in piscina.
Tra gonfiabili e materassini l’ultima prova di Jeremy Scott, direttore creativo di Moschino: il consueto surrealismo prende vita in passerella grazie ad abiti che attingono all’heritage del brand, a partire dai simboli tanto cari a Franco.
Uno su tutti, il salvagente, che si posa sui fianchi dei tailleur, si trasforma in copricapo, in giacca biker con tanto di valvole di sfiato, o si tramuta in accessori puffy come stivali e maxi bag.
Le righe degli ombrelloni sono le protagoniste di abiti gilet, le maniglie dei gonfiabili sono le spalline dei trench, le teste dei fenicotteri, l’originale coda dell’abito da cocktail. Trait d’union l’intramontabile cuoredella Maison, declinato come dettaglio sui tubini e in forme gioiello. 72 uscite una più giocosa dell’altra. Niente di nuovo ma almeno è stato divertente.
Milano fashion week