Alessandro Michele potrebbe lasciare Gucci e Raf Simons ha chiuso il suo brand omonimo. Ma perchè?
C’era una volta, un tempo in cui sui social girava un piccolo gioco di potere e tipo ogni giorno sulle testate specializzate usciva un articolo che diceva più o meno così: nuovo giro di poltrone della moda, ora X è il nuovo direttore creativo di Y.
Sto parlando più o meno di sette – otto anni fa.. Nel 2015, Demna Gvasalia e Alessandro Michele non erano ancora le star di oggi e la scelta di Gucci e di Balenciaga di affidarsi a nomi relativamente sconosciuti non ispirava grande fiducia.
In quello stesso periodo Raf Simons arrivava da Calvin Klein dopo essersi ribellato ai ritmi forsennati di Dior e prima di sfondare il muro della co-direzione creativa con Miuccia, più o meno nello stesso periodo Riccardo Tisci veniva consegnato a Burberry, Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri non erano più un duo nello stesso modo in cui Paola&Chiara non sono mai state due cantanti e Phoebe Philo era ancora percepita come una dea, ma mancava poco alla sua uscita da Cèline che insieme a lei perdeva l’accento sulla e, oltre a milioni di clienti (il suo come back, annunciato la scorsa estate, è ancora misteriosamente avvolto sotto i tappeti dei piani alti.)
Era anche un tempo in cui i designer emergenti sembravano relagati ai concorsi per i designer emergenti mentre oggi li vediamo sfilare a Milano e prendersi la scena, non sempre facendo bella figura, ma questo fa parte del gioco.
Ancor meno si parlava di chi stava tra le retrovie degli uffici stile (proprio come Gvasalia e Michele), nessuno ne conosceva i nomi se non gli addetti ai lavori.
In questi mesi, diciamo post-pandemici, il sistema moda trema di nuovo e dopo vari annunci più o meno sorprendenti come la nomina di Maximilian Davis da Ferragamo e Filippo Grazioli da Missoni arriva il terremoto: Raf Simons chiude il suo omonimo brand dopo 27 anni e Alessandro Michele starebbe per lasciare Gucci dopo 7.
Raf Simons, come sapete, è “figlio” di Miuccia, nel 2005 fu lei a metterlo a capo di Jil Sander, poiché insieme al Bertelli ne era azionista maggioritaria, poi Prada cedette il marchio e Raf prese altre strade (prima Dior poi Calvin Klein) tenendo sempre la mano al suo omonimo brand capace di anticipare e allo stesso tempo godere della grande onda di popolarità dello streetwear esplosa nell’ultimo decennio che ha rivoluzionato la moda così come la conoscevamo, stravolgendone i meccanismi.
C’è da dire che il lavoro fatto da Simons dalla seconda metà degli anni Novanta in poi, a cominciare dall’esplorazione della rabbia e della ribellione giovanile fino alle collaborazioni con artisti come Sterling Ruby e brand street, lo hanno reso punto di riferimento per tutto quello che sarebbe venuto dopo, compresa l’implosione delle sottoculture per mano dei social media e l’imporsi di un gusto globalizzato sempre più slegato dalle scene territoriali.
Ma si sa che certi amori fanno giri immensi e poi ritornano, infatti dal 2020 Raf è co-direttore creativo di Prada insieme a Miuccia che deve sicuramente volergli molto bene tanto che potrebbe anche pensare di togliere via il prefisso “co” alla parola direzione lasciando Prada interamente nelle mani di Raf.
Io spero di no, tutti in fondo speriamo di no, ma visto che Raf da un momento all’altro ha chiuso il suo brand dopo 27 anni, tramite un post su Instagram, probabilmente Patrizio Bertelli, marito della Signora Prada e CEO dell’azienda, gli ha cambiato contratto da tempo determinato a Indeterminato con la clausola dell’esclusività.
Alessandro Michele che io non ho mai definito designer, stilista, mito, guru, genio, superstar etc.. ma solo ed esclusivamente citazionista, pare che presto, molto presto, lascerà vuoto il posto di direttore creativo/artistico di Gucci. Ma perchè? Come mai?
Dopo una serie di collaborazioni con brand e personaggi lontanissimi dal marchio, dopo annunci tipo “farò solo due sfilate all’anno” poi prontamente smentiti e altre dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano ma soprattutto dopo che i numeri parlano da soli (nell’ultimo periodo Gucci non ha soddisfatto le aspettative di chi la controlla) ieri il WWD ha pubblicato un articolo in cui una persona vicinissima al citazionista e all’azienda, in forma anonima, ha dichiarato che a Michele è stato proposto “di dare inizio a un forte cambiamento di design” e pare che Michele abbia declinato la richiesta.
Ora, non sarebbe la prima volta che Pinault dia una scossa a uno dei marchi chiave di Kering. Lo scorso novembre, a sorpresa, Pinault ha mandato via Daniel Lee da Bottega Veneta, nonostante la forte performance dello stilista presso il marchio e il grande successo di critica.
A Lee, che ora è direttore creativo di Burberry dopo l’abbandono di Tisci, è succeduto in Bottega Veneta Matthieu Blazy, che era stato nello studio del marchio. In due stagioni Blazy ha rapidamente lasciato il segno su Bottega, riportandolo alle sue radici artigianali.
Pinault potrebbe cercare di fare lo stesso con Gucci.
Michele è stato ufficialmente nominato direttore creativo nel gennaio 2015, con quella sfilata, l’unica degna di nota, ha reinventato Gucci con un’estetica completamente nuova che ha rovesciato l’immagine sofisticata del jet-set del suo predecessore Frida Giannini.
Il presidente e amministratore delegato di Gucci, Marco Bizzarri, ha scelto Michele come successore della Giannini, che aveva lasciato l’azienda una settimana prima, ed è da tempo un forte sostenitore dello stilista. Tuttavia, pare che la luna di miele con Bizzarri è finita e il rapporto non è più forte come prima.
E’indicativo che Michele non sia volato a Seoul per la ripetizione della sfilata Cosmogonie di Gucci, prevista per il 1° novembre, che poi è stata annullata ed è ancora più indicativo il probabile ritorno di Gucci alla Settimana della moda maschile di Milano a gennaio.
Detto ciò è possibile che Michele possa tornare a dedicarsi alla creazioni di Piatti Richard Ginori, di cui è direttore creativo dal 2013 o magari diventare il costumista di Harry Styles o meglio ancora trovarlo in giro per i mercatini vintage più fintamente cool d’Italia con una bancarella dal gusto dubbio come dubbia è sempre stata la sua performance da Gucci.
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