Fabiana Palladino: il lato raffinato e oscuro degli anni 80

Un debutto elegante come non si sentiva da tempo quello di Fabiana Palladino, che con il suo pop intimo e misterioso, riporta in luce il lato oscuro degli anni effimeri del pop.

Il talento musicale di Fabiana Palladino, figlia d’arte nata da Marilyn Roberts, celebre backing vocalists negli anni ’80 e di un famoso bassista italiano inventore di uno stile propio: Pino Palladino, si colloca in un dibattito ancora aperto tra predisposizione genetica e ambiente familiare.

Il suo debutto con un album di canzoni pop soul di alta qualità, prodotto da Jai Paul per l’etichetta Paul Institute, è il risultato di anni di lavoro e di singoli che hanno attirato l’attenzione di addetti ai lavori e pubblico.

Fabiana ha anche lavorato come musicista di studio per artisti come Jessie Ware, Sampha e SBTRKT, dimostrando che la pazienza e la dedizione portano frutti. Ne abbiamo parlato via Zoom.

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Fabiana Palladino “Fabiana Palladino” (Paul Institute/XL Recordings)

Ciao Fabiana, come stai?

Bene, sona a Londa a casa di amici, stiamo editanto il nuovo video con la mia etichetta e visto che abitano loro sono vicini mi sono messa qui a fare interviste.

La tua casa è sempre stata immersa nella musica, quando hai capito che volevi fare la cantante?

Ho cominciato a suonare il piano o la tastiera da bambina piccola, come hai detto tu sono cresciuta in una famiglia di musicisti quindi avevo tutti gli strumenti a portata di mano. Son stata fortunata a crescere in quel contesto, poi a scuola ho cominciato a studiare la batteria, ma per quanto riguarda il canto è arrivato molto dopo. Credo di aver scritto le mie prime canzoni intorno ai 17 anni, lì ho capito che volevo fare la cantante.

Non so se sarei diventata musicista con una famiglia diversa, chi lo sa? Ma la mia vita è stata influenzata moltissimo dal contesto in cui sono cresciuta.

Parliamo del disco, lo consideri un break-up album?

Non proprio, certo è stato scritto dopo una rottura, ma non parla di quel momento ma del dopo, di quel periodo che ti serve per guarire, per ritrovare te stessa, per capire come si è cambiati. Ovvio che ci sono canzoni che parlano di relazioni e di amore ma è più un disco sul rimettersi in sesto, sulla riscoperta di se stessi.

Non so se lo hai fatto di proposito ma leggendo i titoli delle canzoni uno dietro l’altro c’è quasi una narrazione, come se fossero i titoli di capitoli che formano un libro, è così o ho viaggiato troppo io con la mente?

Allora, non è stato intenzionale al 100% ma ho passato davvero molto tempo a decidere la sequenza delle canzoni per il disco, ne ero ossessionata tant’è che la tensione è diventata stress… Volevo dare una narrazione tramite i titoli ma non ero sicura di esserci riuscita, ma tu lo hai capito, mi fa paicere!

Mi piace il lavoro che avete fatto alla produzione che fa suonare l’album come moderno e classico allo stesso tempo, per altro lo hai prodotto in gran parte tu, cosa avevi in mente?

Ho cominciato a produrlo da sola poi quando ho raggiunto un certo livello ho capito che mi serviva aiuto, e ho chiesto a Jai Paul che ha finito col lavorare con me al progetto. Harry Craze è un altro amico produttore che ho coinvolto e poi mio padre; un piccolo gruppo affiatato.

A Jai Paul devi molto e avete un amicizia speciale, è lui che forse per primo ha creduto in te come cantante…

Assolutamente, sono 8 anni che lavoriamo insieme dopo avermi mandato una mail in cui mi diceva che voleva essere il mio produttore, mi ha sempre incoraggiato, è anche il fondatore insieme al fratello del Paul Institute che è l’etichetta per cui ho firmato. Aiutano e supportano i nuovi artisti a fare la musica che davvero vogliono fare, sono stati davvero incoraggianti e motivanti soprattutto dal lato della produzione. Insieme siamo molto istintivi, è facile lavorare con loro siamo una piccola community affiatata.

“Can You Look in the Mirror?” è una domanda che può avere diversi significati, mi parli del tuo punto di vista di questa canzone?

Quando ho cominciato a lavorarci era un ballad, molto lenta, forse troppo triste, invece volevo fosse una canzone di empowering, come una domanda che poni a te stesso per ritrovare la tua indipendenza. Musicalmente il mondo è quello degli anni novanta, l’R&B e Janet Jackson, le produzioni di Jimmy Jam and Terry Lewis che adoro, arrivando sino a Tony Braxton e a Anne-Marie. E’ stato un lungo lavoro.

La canzone che mi ha fatto drizzare le orecchie su di te è stata “Stay With Me Trough the Night” mi sono subito chiesto chi fosse quest’artista con il nome in Italiano? Ma su di te non c’era praticamente nessuna notizia…

Ahahahah immagino! Non c’era molto su di me online prima della release del disco. Ma mi piace quando un artista è circondato da un’alone di mistero, è cool anche perché quel momento non lo puoi avere indietro.

Mi piace molto l’artwork dell’album con quel tocco very ’80’s ci rivedo l’estetica dell’artista tedesco Klaus Nomi, è stato un riferimento?

Interessante… Nicola Delorme è il fotografo francese che l’ha scattata, ricordo che tra le reference c’era un performer tedesco quindi è sicuramente lui. E’ stato un processo divertente quello della cover, volevo fosse di forte impatto, pensavo una via di mezzo tra una persona ed una maschera per creare un personaggio e Nicola ha preso in pieno quell’immaginario trasportandolo negli anni ’80. Mi piace perché è una Polaroid su cui è intervenuto in seguito con diverse tecniche, e il risultato ha anche un alone di mistero.

Sul palco sei una persona che si esprime anche fisicamente o sei più composta?

Non sarà facile per me stare sul palco perché non mi fa sentire a mio agio, almeno non al momento, sicuramente facendo pratica migliorerò. Ho suonato diverse volte in una band, quindi dietro al cantante ed ero totalmente a mio agio, ma quando si tratta di me da sola devo sicuramente acquisire confidenza. Devo ancora abituarmi al fatto che qualcuno verrà a vedere un mio concerto ma è anche un qualcosa che mi da forza, è gratificante perché questo album è stato uno sforzo, c’è voluto molto impegno, vedere che è riconosciuto è la cosa più gratificante.

Lorde, che non posta mai nulla sui social, ha fatto ben 2 storie Instagram dicendo a tutti di ascoltare il tuo album perché è un debutto bellissimo. Wow! Com’è accaduto?

E’ un’amica, è dolcissima, ci siamo conosciute a Londra. Io sono una sua fan e sono andata a vederla alla Roundhouse durante il Solar Power Tour ed è stato così teatrale e coinvolgente! Poi è successo che un suo amico le ha fatto ascoltare delle mie canzoni e mi ha contattato non potevo crederci ma ora siamo amiche!

Chiudiamo con la mia domanda di rito: qual è l’ ultimo album di cui ti sei innamorata?

Non sono così brava a tenermi al passo con i tempi ma ultimamente mi ha conquistata MK.Gee con l’album “True Star and The Dream Police” è davvero cool, moderno e sovversivo e poi amo il suo modo di scrivere.