Simon Martin è un pittore che riesce a catturare l’essenza dei momenti più intimi e fugaci della vita quotidiana. Con atmosfere sospese e sognanti, crea opere che sembrano invitare lo spettatore a guardare da vicino senza mai svelare tutto.
Le sue tele ritraggono momenti semplici ma intensi, con protagonisti che spesso sono persone a lui molto vicine. Con un seguito in crescita su Instagram, dove condivide le sue opere, Simon Martin continua a sfidare i confini della pittura figurativa, unendo tecniche antiche a tematiche contemporanee. Il suo percorso artistico si evolve costantemente, mantenendo sempre al centro la bellezza dell’intimità e della vulnerabilità
Le tue opere spesso raffigurano momenti intimi e silenziosi. Cosa ti spinge a catturare queste scene fugaci della vita quotidiana?
Quando ero studente e decisi di imparare seriamente la pittura, chiesi ai miei amici di posare per me. Li invitavo nello studio, dove potevano riposare mentre li dipingevo. Spesso si addormentavano, dando vita a dipinti molto teneri.
Amavo la tranquillità e il rapporto di fiducia che si creava tra noi in quella situazione.
Questo senso di intimità è qualcosa che ho voluto portare avanti nelle mie composizioni.
Ho anche il desiderio di dipingere immagini che mi mancavano da giovane: scene semplici e ordinarie di intimità gay.
La pittura è un medium che richiede molto tempo per creare una singola immagine, conferendole quasi la qualità di un’icona che trascende la banalità delle scene raffigurate.
La tua arte alterna tra realismo e atmosfere oniriche. Come ti muovi nello spazio tra questi due stili nel tuo lavoro?
Cerco di trascrivere la fragilità e l’infallibilità della memoria. Ho scelto la pittura per la sua capacità di evocare le sfumature della percezione: piccoli dettagli realistici emergono attraverso strati liquidi e imprecisi. Mi piace pensare al mio lavoro come a una vecchia carta da parati che si intravede attraverso le crepe di un muro dipinto.
In che modo le tecniche e i temi antichi influenzano il tuo approccio moderno alla pittura figurativa?
Quando sei un pittore, la tua mente è piena dei fantasmi dei dipinti del passato. A volte mi sorprende quanto possano riemergere inconsciamente nelle proprie composizioni. Ho studiato molto i Nabis, perché ho sempre amato il loro uso del colore. In particolare, come a volte riescono a rendere le ombre più luminose delle luci, simili a una fotografia bruciata. Trovo quest’idea piuttosto poetica.
Molte delle tue opere esplorano la relazione tra le figure e il loro ambiente. Che significato hanno questi spazi per te e come interagiscono con i tuoi soggetti?
La pittura, per me, è uno spazio di fluidità, senza gerarchie sulla tela. Persone, luoghi, idee e sogni convivono sullo stesso piano e si fondono l’uno nell’altro, proprio come noi viviamo negli spazi tanto quanto gli spazi vivono dentro di noi.
Chi sono i soggetti che ritrai?
I modelli sono persone a me vicine: il mio fidanzato o i miei amici. Probabilmente questo mi aiuta a generare empatia tra l’opera e lo spettatore, simile ai sentimenti che provo verso di loro.
I tuoi ritratti sembrano sfuggire allo sguardo dello spettatore, creando spesso una sensazione di distanza. Cosa cerchi di comunicare attraverso questa tensione tra il soggetto e l’osservatore?
Non si tratta tanto di creare una distanza con lo spettatore, quanto di lasciargli la libertà di entrare nel dipinto o meno.
In un certo senso, è come creare una pittura “passiva” con cui puoi interagire solo se decidi di osservare.
Hai lavorato con una varietà di mezzi, tra cui acrilico, olio e acquerello. Cosa consideri quando scegli un mezzo per una particolare opera?
Il fattore principale è il tempo. Mi piace dipingere rapidamente idee che hanno impiegato tempo per emergere. L’acrilico, e più precisamente la pittura vinilica, è lo strumento perfetto per l’immediatezza: si asciuga velocemente e può essere ricoperta con olio in modo molto sottile.
L’acquerello è un modo di lavorare diverso. Non puoi commettere errori e devi accettare i movimenti dell’acqua.
Può essere frustrante, ma anche stimolante.
Poiché la materia segue il proprio corso, puoi usare gli “incidenti” come base di riflessione per una successiva composizione sulla tela.
Quali progetti futuri ti entusiasmano di più e come rappresentano l’evoluzione della tua pratica artistica?
In questo momento, sto lavorando a una serie di dipinti ispirati a TikTok e ai reels. Sono ancora all’inizio di questa ricerca e non ho ancora definito pienamente l’ambito. È quasi una riflessione sul collage: la giustapposizione di due immagini, quando un video scorre verso il successivo, può creare nuovi strati di significato.
Sto anche esplorando il tema dell’intimità: quella che può essere messa in scena o quella che viene costruita attraverso il proprio feed curato.
In apertura foto di Christopher Barraja
Grazie alla galleria Jousse Entrepris, Paris per la collaborazione