Patrick Wolf: la rinascita del cantautore folk visionario

Dopo più di dieci anni di assenza dalle scene discografiche, Patrick Wolf torna con Crying The Neck – in uscita il prossimo 16 giugno – un album intenso e intimo che segna l’inizio di un ambizioso progetto in quattro parti, ispirato alla spiritualità pagana e al ciclo delle stagioni.

In questo nuovo capitolo artistico, Wolf unisce folklore, lutto personale, riscoperta dei sensi e un’estetica gotica profondamente sentita. Questa sera, sabato 31 maggio, porterà il suo nuovo spettacolo dal vivo alla Santeria di Milano e l’1 giugno al Locomotic Club di Bologna, un’occasione unica per assistere a un concerto che è tanto emozione quanto rito. Nell’intervista che segue ci racconta il viaggio che lo ha riportato alla musica, tra filosofia, artigianalità e visioni future.

Patrick_Wolf_Toh_magazine

Ciao Patrick, dove ti trovi?

In Inghilterra sul tour bus stiamo finendo le date inglesi prima di patire per il resto d’Europa.

Come sta andando?

E’ incantevole! Ho riscoperto alcune mie vecchie canzoni che non suonavo da tantissimo, perché non volevo più ascoltarle, e vedere come sono accolte ancora oggi è come una ricompensa, da vivo hanno un suono più folk che si integra con i nuovi pezzi. Ho cercato di costruire un mondo – è tutto basato sul folclore dell’East Kent e ci sono cose personali sul palco come la macchina da cucire di mia madre o un mio vecchio aquilone.

Sul palco ho anche un suonatore di fisarmonica, una sezione d’archi, è un live molto umano e vicino a quello che può essere il suono di un’orchestra, è molto emotivo e mi fa connettere con il mio lavoro e con il mio pubblico.

E’ la prima volta che faccio un live così e da adulto. E’ anche duro da affrontare perché canto per due ore e la mia voce è messa alla prova, ma è molto soddisfacente.

Ad Aprile 2024 sei venuto in Italia con il tuo solo show, quindi sarà un’atmosfera totalmente differente!

Esatto. E’ stato un tour molto interessante quello di cui parli, ma ero io con una valigia che viaggiavo da solo per l’Europa in treno, è stato molto appagante ma allo stesso tempo è un’esperienza che non so se rifarei.

“Crying The Neck” è il tuo primo album dopo oltre un decennio. Quando hai capito di essere pronto a tornare alla musica?

Credo ci fossero come dei segnali, musicalmente parlando, che si rivelavano a me. Tutto è cominciato dopo che ho scritto Jupiter, mi ha fatto capire che potevo costruirgli attorno un mondo.

In un certo senso incanala il ragazzo che ero nell’uomo che sono oggi, ho avuto modo di parlare del mondo bellissimo che ci circonda, della mia nuova vita, e attraverso il linguaggio ho cominciato a costruire un paesaggio che parla di relazioni personali, del convivere con l’idea di perdere mia mamma malata di cancro e la sua conseguente morte e di questo spirito di sopravvivenza che mi circondava, lasciando poco spazio al romanticismo che mi ha sempre accompagnato.

Hai descritto Crying The Neck come il primo di un progetto in quattro parti. Come hai deciso cosa doveva far parte di questo album e cosa dobbiamo aspettarci dai capitoli successivi?

Durante questi 10 anni passati lontano dall’industria musicale ho continuato a scrivere canzoni, senza mai finire niente. Quando ho deciso di pubblicare Crying The Neck mi sono accorto che avevo 80 brani tra cui scegliere. Ovviamente tutte ancora da completare e molto diverse tra loro.

In dieci anni vivi tante vite, cambi relazioni, affronti successi e insuccessi, tutto è stato così travolgente e anche schiacciante che non sapevo da che parte cominciare l’album.

Ho cominciato a raggruppare le canzoni che avevo scritto in categorie, ricordo che nella stanza c’era La Ruota dell’Anno Celtica che è un calendario stagionale usato nelle tradizioni pagane e nella mitologia irlandese, legato alla spiritualità celtica. Comprende otto festività, chiamate sabbat, che celebrano i cicli naturali della Terra, le fasi agricole e gli eventi solari. Ogni stagione dell’anno ha delle macro stagioni e dei rituali.

Così mi sono detto farò un album che parla di mia madre, di morte e di perdita e lo farò uscire in quel periodo che per La Ruota dell’Anno Celtica coincide con l’inizio dell’estate che si chiama Lammas, e celebra la prima festa del raccolto, la maturazione del grano e l’abbondanza della terra. Mi è sembrato perfetto per il mio primo album!

Mi sono messo a guardare la ruota e o cominciato a dividere le canzoni in base ai suoi spicchi, alcune erano perfette per Lammas altre per Samhain che è il periodo Halloween e segna l’inizio dell’inverno, e tutto ha cominciato a prendere forma, tutto è andato al suo posto.

In che modo Zola Jesus ha influenzato il tono emotivo di Limbo?

La verità è che l’album sembra pastorale, estivo, pacifico, ma in realtà ha un cuore molto gotico, i temi tradizionali di cui mi son trovato a farmene una ragione, sono nati dalla mia passione per la musica e letteratura gotica e la scultura.

Ho pensato a lungo chi coinvolgere, volevo qualcuno che avesse la mia stessa età e che conoscesse il lato oscuro dell’amore, Limbo è l’unico brano dell’album che affronta una relazione romantica. Seguo e ammiro Zola Jesus sin dal suo primo album, Stridulum, siamo diventati amici e mi sembrava giusto coinvolgerla.

Ho scritto questa canzone immersa nella quiete del mare, mentre osservavo le immagini della terra selvaggia tra i boschi del Wisconsin, dove lei vive oggi. In quel momento ho sentito che, in qualche modo, eravamo connessi nello spirito, entrambe immersi in un punto simile del nostro cammino creativo. Quando pensavo a un duetto, la sua era l’unica voce che riuscivo a immaginare accanto alla mia.

Patrick_Wolf_Toh_magazine
Patrick Wolf “Crying the Neck” (Apport)

Hai parlato di rifiutare la nostalgia e di guardare avanti con creatività. È perché non ti piace voltarti indietro e preferisci cercare sempre qualcosa di nuovo?

Si, alcuni hanno detto che questo album è un ritorno alle atmosfere dei miei inizi. ma credo sia per via degli strumenti che ho usato ma dal mio punto di vista ogni album ha un produttore e uno scrittore diversi, e mi metto a lavorare solo se sono affascinato da qualcosa di nuovo che non ho mai fatto, qualcosa che mi sorprende, mi meraviglia.

Questo mi spinge sempre a cercare cose nuove che possono essere un filosofo, una metafora, un archetipo, fare un album può diventare estremamente noioso e faticoso per me è necessaria la fascinazione per portarlo alla fine. Per questo non farei mai una cosa due volte, mi annoierei e non la finirei.

I tuoi artwork sono sempre il biglietto da visita del disco, un intro al suo mondo sonoro, parlami di questo:

Sono molto contento di questo artwork perché ho trovato un artista che si chiama Ahmed Furmaan e ha costruito il mondo ideale per permettermi di essere il personaggio che volevo rappresentare in questo album. Abbiamo scattato a dicembre e dovevamo rappresentare uno scenario estivo, ne abbiamo parlato per oltre un anno.

Abbiamo scattato in un enorme studio cinematografico dove ha costruito un campo di grano vero, e poi avevo questo pezzo di sfilata di Yohji Yamamoto due anni che aspettava nell’armadio perché sapevo già che sarebbe finito sulla cover. E’ perfetto perché ha il giallo, che era il colore con cui mia mamma mi vestiva sempre da bambino ed è il mio colore fortunato e il nero che rappresenta il mio lato gotico.

Quel vestito di Yohji Yamamoto ha aspettato il suo momento per due anni. Ora sono tornato a cucire e a fare cose con le mie mani come ai miei esordi, anche sul palco i vestiti che indosso fatti da me.

È stato un privilegio lavorare con Ahmed per questo album, la mia unica scelta sin da quando ho iniziato a immaginare come sarebbe dovuto apparire.

Ho sempre saputo che per questo album avrei impugnato una falce sulla copertina: la mia reinterpretazione della Morte, nel momento in cui termina il raccolto, nell’istante della morte e dell’imminente trasformazione della terra intorno.

In che modo la sobrietà e il tuo nuovo stile di vita rurale hanno influenzato il tuo approccio alla scrittura delle canzoni e alle performance?

Non saprei rispondere esattamente a questa domanda ma posso dirti che è stata una riscoperta dei miei sensi, per tanti anni non potevo realmente assaporare il cibo o sentire l’odore dei fiori, e quando i sensi sono tornati a livello umano o provato delle emozioni che ho trasportato nella mia musica. La natura, il tatto, gli odori, è stata una rinascita dei sensi.

Sei sempre stato visto come un outsider nell’industria musicale. Pensi che questo sia ancora vero, e in che modo ha influenzato la tua identità come artista oggi?

Lo sono stato per così tanto tempo che oramai credo sia qualcosa insita dentro di me. Faccio quello che faccio, chi vuole seguirmi mi segue, e spero che sia sufficiente per fare il prossimo album e ciò che ne verrà. E solo questo ciò di cui mi devo preoccupare, fare quello che voglio, e ho imparato a non preoccuparmi di quello che non posso controllare.

Patrick, ti saluto chiedendoti qual è l’ultimo album di cui ti sei innamorato:

Mmh… Non è un album, ma un audiolibro, vale lo stesso?

Certamente!

Ho recentemente scoperto questo filosofo inglese che si chiama Alan Watts, ho scoperto che ha anche realizzato un album ma è davvero insano, ma ascolto molto i suoi audiobook in tour, per anni non mi sono mai messo alla prova mentalmente con niente e la filosofia mi sta aiutando moltissimo. Quando smetto di ascoltare musica, come sto facendo ora, significa che sta per arrivare un nuovo disco.