Rhumba Club racconta il suo viaggio artistico, dalla nascita del progetto nel 2019 fino alla collaborazione inaspettata con Patrick Wolf. Tra riferimenti alla musica synth anni ’70, la lotta contro le discriminazioni, l’artista svela i temi intensi e personali del nuovo album a cui sta lavorando, un racconto onesto e autentico della sua vita e identità.
Nato sull’isola di Jersey e artisticamente cresciuto tra le band indie di Londra, Rhumba Club — al secolo Tom Falle — ha trovato la sua voce tra synth nostalgici, estetica anni ’70 inizio ’80 e un’attitudine provocatoria. Dopo anni di sperimentazioni e collaborazioni, nel 2021 ha pubblicato il suo primo album Welcome to the Rhumba Club, seguito nel 2023 da Love Apocalypto. Tom Falle aka Rhumba Club è uno degli artisti più interessanti della scena queer pop contemporanea.

Durante la nostra chiacchierata, Tom ci ha raccontato di sé, del nuovo singolo e del suo terzo album in uscita, ispirato all’immaginario delle riviste gay degli anni ’70.
Ciao Tom, come stai?
Ciao, sto bene, sono in tour e a Milano: una delle mie città preferite!
Come sta andando questo tour dove hai un doppio ruolo, sia come supporter che come tastierista sul palco con Patrick Wolf?
Incredibile! È una cosa molto speciale perché Patrick me l’ha chiesto personalmente. Mi sono sentito particolarmente coinvolto in questo tour: Patrick mi ha detto che dovevo essere Rhumba Club al 100% sia prima come opening act che dopo, perché lo raggiungo sul palco nel finale dello spettacolo.
Vi conoscete da tempo?
No! Mi ha scritto in DM su Instagram. Immagina la mia faccia quando ho letto il suo messaggio… Mi ha detto che aveva ascoltato il mio album Love Apokalipto e che gli sarebbe piaciuto fare un featuring su un mio brano. Ora abbiamo un singolo insieme che abbiamo già presentato durante i live, uscirà a settembre, s’intitola Animal/Lover. Chi l’avrebbe mai detto!

Quando è nato artisticamente Rhumba Club?
Nel 2019. Ero già nella musica da un po’, ma ero arrivato a quel punto in cui, sia io che le persone intorno al sistema musicale, ci chiedevamo: “Ora cosa farai?” Qualcuno mi ha anche suggerito di “mettere da parte la queerness”, capisci? E io gli ho risposto: “Fuck you!” e così ho creato Rhumba Club.
Come vivi oggi, in quanto artista queer, in un periodo in cui le discriminazioni aumentano e i diritti acquisiti rischiano di sparire?
Londra non è perfetta, ma è ok. Viviamo una vita felice con i nostri amici, però vediamo tutti le notizie e cosa succede intorno a noi. Bisogna essere onesti riguardo alle proprie esperienze, ma non vorrei mai essere percepito come una vittima. Sono cresciuto sull’isola di Jersey, una piccola isola vicino allo Stretto della Manica, in un villaggio molto conservatore, ed è stata a tratti una sofferenza. A 18 anni sono scappato e sono venuto a Londra dove ho ritrovato me stesso.

Come celebrerai il Pride quest’anno?
Quest’anno è speciale: è il decimo anniversario del Pride nella mia città natale, Jersey (nelle Isole del Canale). Il mio rapporto con Jersey è complesso, soprattutto per quanto riguarda la mia queerness. Ma quest’anno mi hanno invitato a tornare per suonare sul main stage, e onestamente è surreale, molto commovente. Quando ero adolescente lì, il Pride semplicemente non esisteva. Tornare per questo momento ha qualcosa di monumentale.
Ecco la tua rivincita!
Suppongo di sì! Ma è anche un segno di cambiamento. Quando vivevo lì, il Pride non c’era. Sono molto felice di questa cosa.

Considerando il clima politico globale, pensi che il Pride debba tornare a essere più politico, soprattutto ora che (quasi) ci siamo scrollati di dosso le grandi aziende che fanno rainbow-washing ogni giugno. Qual è il tuo punto di vista?
Il Pride è una protesta. E dovrebbe sempre avere uno scopo preciso. Detto questo, penso che festeggiare non solo sia giusto, ma che sia anche una parte cruciale della protesta. Crea solidarietà, permette di sfogarsi — ed entrambe sono cose di cui le persone queer hanno spesso un bisogno profondo.
Per quanto riguarda le aziende: non mi dispiace la loro presenza, se è sincera. Ma da quando il backlash “anti-woke” ha preso piede — soprattutto dopo la rielezione di Trump — è diventato evidente che molti di quei supporti non erano autentici. Molti brand sono spariti o si sono voltati dall’altra parte appena è diventato scomodo. Non è esattamente incoraggiante… ma almeno ora sappiamo chi sono i nostri veri alleati.
Come è successo che un giovane di Jersey si sia innamorato della nostalgia synth?
Amo la musica fine anni ’70, vado pazzo per Patrick Cowley, un vero innovatore di quegli anni. Voglio dire, stiamo parlando di You Make Me Feel (Mighty Real)… è stato un produttore fondamentale che ha creato tantissime hit senza mai riuscire a sfondare come artista solista. Il mio nuovo album sarà totalmente dance.

Mi sembra di aver capito che il nuovo album, sarà molto personale…
Assolutamente, 100% personale. Parlo di tutto: dai massaggi, alla perdita della verginità, alle droghe, al sesso, tutto ciò che ha fatto parte della mia vita. È un album totalmente onesto, non saprei fare musica in altro modo. Altrimenti sarei stato uno dei One Direction! Ogni canzone avrà il nome di una rivista gay degli anni ’70. Il prossimo singolo s’intitolerà HONCHO.
Interessante, hai fatto una ricerca su queste riviste o è una passione che coltivi?
Mi sono fatto aiutare da persone che conosco nel mondo queer, artisti, cantanti, ballerini, e da Instagram, ci son diverse pagine dedicate all’argomento!
Guardarti suonare i synth è davvero magnetico — potresti essere l’Elton John dei sintetizzatori! Da dove arriva tutta quell’energia?
È buffo che tu lo dica! Il mio vecchio management mi presentava proprio come una specie di Elton John! E io lo adoro, davvero. Ma volevo fare qualcosa di un po’ più strano — più fuori dagli schemi, sovversivo e synth. Nessuna critica a Elton, ci mancherebbe — lo amo!
E poi, penso ci sia qualcosa di intrinsecamente queer nel sintetizzatore : è colorato, imprevedibile, difficile da domare… e ha plasmato il sound di tantissime icone queer: Bronski Beat, Erasure, Sylvester, Patrick Cowley, Pet Shop Boys, SOPHIE… Non mi vergogno a dire che volevo entrare anch’io in quella linea di eredità sonora.

Cos’è sexy per te?
Credo di essere noioso in questo: per me sono sexy l’intelligenza e lo stile di una persona, e per stile non intendo il look ma l’attitudine.
L’ultimo album di cui ti sei innamorato?
“Afternoon” di Patrick Cowley registrato nel 1982, in pratica, musica porno!
Foto Alex Vaccani