Nel mondo stantio e ormai anacronistico della moda, tra settembre e ottobre 2025 andrà in scena non solo la Fashion Week, ma anche una sorta di ballo delle debuttanti. Solo che, invece del valzer, qui si danza su un campo minato.

Milano apre le danze con Demna da Gucci (il suo debutto era previsto con una sfilata a marzo 2026) e invece, visti i risultati in forte perdita di Kering, si è optato per una presentazione. Ora, già il fatto che si parli di una presentazione e non di una sfilata dice tutto: paura, tentennamenti, ansia da prestazione. Gucci mette Demna e la sua estetica in vetrina ma col paracadute pronto.
Poi arriva Simone Bellotti da Jil Sander, catapultato dal caos calmo di Bally al centro del minimalismo. Se non dimostra precisione, know-how e pezzi desiderabili rischia di essere inghiottito da un silenzio glaciale, di quelli che uccidono più di qualsiasi recensione negativa. La moda non aspetta nessuno.
Tra i debutti c’è anche quello di Dario Vitale da Versace. Niente sfilata, anche qui, solo presentazione. Tradotto: non ci credono nemmeno loro. È evidente che Prada Group stia aspettando/pregando/leccando i piedi a Francesca Bellettini per il colpo grosso, magari con Vaccarello in dote. Nel frattempo, Vitale, che ha vestito Julia Roberts sul red carpet di Venezia come una segretaria part-time, resta lì come un Sabato De Sarno 2.0: parcheggiato a scaldare la poltrona, in attesa del prossimo cognome pesante.
Louise Trotter da Bottega Veneta porta disciplina e freddezza, ma il confine tra lusso silenzioso e coma irreversibile è sottile come un filo di pelle intrecciata.
Insomma per la prossima fashion week, Milano prepara i cadaveri, Parigi aspetta di esporli al pubblico, come ne Il racconto dell’ancella. Il tappeto rosso è già pronto per le teste che cadranno.
Jonathan Anderson arriva da Dior Donna, dopo il debutto che ha diviso in due il pubblico: tra chi lo ama e chi già lo definisce distruttore del brand più francese che ci sia con tutta la sua visione. Ma qui l’archivio pesa più del culo rifatto di una qualsiasi Kardashian. Credo che se non osa davvero, l’archiviato sarà lui.
Miguel Castro Freitas debutta da Mugler. Mugler non è Photoshop, è sesso, dramma, artigli. Se non ringhia, resta solo una pussycat da passerella, perché si sa che non c’è posto per la gentilezza in questa giungla. Mark Thomas proverà a resuscitare Carven, brand che nessuno ricorda se non qualche influencer accompagnata dalla scritta adv. Il rischio è quello di farlo sparire senza lasciare traccia.
McCollough & Hernandez (quelli di Proenza Schouler) prendono in mano Loewe dopo dieci anni di Anderson. Cosa succederà? Spero bene, ma già sembrano i supplenti dell’ora di ginnastica.
Poi arriva il big match: Pierpaolo Piccioli da Balenciaga. Il santino romantico di Valentino catapultato nel covo tossico di Demna. Se riesce, gloria eterna. Se fallisce, tonfo da manuale.
Glenn Martens da Margiela dovrà dimostrare di non essere solo teatro e costumi. O ridà sostanza al nome Margiela o lo trasforma nel più grande circo post-moderno mai visto.
Duran Lantink prova a rilanciare il prêt-à-porter di Jean Paul Gaultier dopo dieci anni di pausa. Se non riesce a ridere di sé stesso, sarà il pubblico a ridere di lui.
Infine, Matthieu Blazy da Chanel, il debutto più carico di aspettative: scrivere il nuovo Vangelo dopo Lagerfeld. Anche qui… se qualcosa dovesse andar male, resterà solo quello delle borse intrecciate.
E poi ci sarà Dell’Orco da Armani, anche se non lo vedo come un debutto dal momento che da un paio di stagioni fa le veci del Signor Armani alias “ha fatto anche cose buone”.
Alla fine, a pensarci bene, settembre e ottobre non sono un debutto. Sono un massacro. Un ballo delle debuttanti in cui le teste rotolano più velocemente dei look su Instagram.
Qualcuno uscirà incoronato, gli altri finiranno nella cronaca nera della moda. Benvenuti al ballo delle debuttanti: la musica è già partita, e la lama è affilata. E fidatevi: non tutti sopravviveranno al valzer, sarà come vedere il film Non si uccidono così anche i cavalli?, ma in versione lustrini e paillettes.