Milano moda uomo: resoconto di una moda che non c’è.

La Milano Moda Uomo è ufficialmente finita e questo significa che è il momento del mio pippone non richiesto di una settimana della moda povera di stimoli e di emozioni, fatta eccezione per Prada e pochissimi altri. 

Di bello c’è che è stato dato il giusto spazio a brand sconosciuti ai più, che hanno avuto l’occasione di farsi conoscere come Children of the discordance, APN73 e Han Kjøbenhavn

Ma partiamo dall’inizio

Zegna ha aperto il calendario portando in scena un discorso sull’importanza dell’adattamento dell’essere umano (in questo caso l’uomo) alle situazioni che vive.  Così il direttore artistico del brand, Alessandro Sartori, fa reset discostandosi dalla formalità più assoluta, ma non da una sartorialità riflessiva, per scrivere una nuova grammatica dello stile Zegna. 

Giudizio: Zegna è uno di quei brand intoccabili, e nonostante non mi ritrovi nel gusto del brand, penso che ultimamente si stia svecchiando tantissimo. Bravo Sartori.

N21 ha disertato il calendario della moda ma ha comunque presentato la collezione maschile all’interno della collezione donna pre-fall 21 che richiama il concetto di femminilità e sensualità di Marilyn Monroe. Per l’inverno prossimo Alessandro Dell’Acqua gioca con materiali e riferimenti e dunque ingrandisce i cardigan lavorati in jacquard che si aggiungono ai gilet in mohair, al cappotto in panno a forma di camicia allungata, ai pantaloni, alle polo e all’anorak in pizzo grigio, alle camicie doppiate in popeline bianco e tulle con le bocche rosse stampate o in tartan sfumato, al parka in eco montone dal check maschile doppiato. 

Milano Moda Uomo

Giudizio: Secondo me Alessandro Dell’Acqua da quando ha messo su N21 vive uno stato di grazia eterno. Mi piace ogni volta di più. 

Children of the discordance è un brand giapponese diretto da Hideaki Shikamai fondato nel 2011 e questa è la sua seconda volta in calendario. Dawn, il nome scelto per la collezione, scaturisce un senso diffuso di confronto e conflitto per comunicare un forte sentimento di speranza, come a voler ricordare che non può piovere per sempre. Le parole del designer tradotte in moda diventano pezzi sportivi con riferimenti militari che si inseriscono perfettamente nel filone genderless grazie anche all’utilizzo di materiali come il denim e la lana double. Da tenere d’occhio. 

Giudizio: Un po’ urban un po’ centro sociale. Però mi piace.

Da Fendi ci si chiede cosa sia normale oggi, la risposta la conosciamo tutti o forse non la conosce nessuno. Ad ogni modo la moda di Silvia Venturini Fendi torna ad essere desiderabile, curiosa e divertente come la colonna sonora creata da Alessio Natalizia spudoratamente copiata da Junior Vasquez. Tornando allo show cromoterapeutico, Fendi, con la sua sfilata, vuole indirizzare alla molteplicità, all’accettazione del fatto che non esistano generi, colori giusti e colori sbagliati, abiti da passerella o da passeggiata, esiste l’essere se stessi, la comodità, la voglia di vivere, l’umanità, come più volte ricorda la voce in sottofondo. Propone, in tal senso, vestiti che diano modo a ciascuno di esprimere la propria personalità, di sentirsi al sicuro nell’incerto, senza mai perdere l’eleganza.

Giudizio: Mi ha messo di buon umore e per almeno 3 uscite ho detto: “wow, che cool”

Se non conoscete APN73 è arrivato il momento di farlo, perchè questo brand cinese vede la collaborazione di Andrea Pompilio. Profondamente radicata nella cultura anni 60, e ispirata ai film di Bertolucci, la f-w 2021/22 di Apn73 è un mix di tonalità audaci accostate a colori più naturali. La collezione co-ed è caratterizzata da volumi oversize e da colori accesi come il blu elettrico, il giallo limone, l’arancio, il verde ma a prevalgono le tinte smorzate come cioccolato, caffè e antracite. Molti quadretti e righe, una caratteristica di Andrea Pompilio. Molto molto interessante.

Giudizio: A me Pompilio piace da sempre, anche se non ho mai capito bene perchè. Spero che con APN73 vada tutto come deve andare.

Perché tutti, nella moda, guardano da oltre 20 anni con attenzione cosa ha sfilato in passerella da Prada? La risposta sta, nella sfilata di questo autunno/inverno 2021, la prima maschile creata dai congiunti Miuccia/Raf: Sta nei cappotti e nelle scarpe e nel fit dei pantaloni, nelle stampe.

Perché Prada ha lasciato a altri il branding più immediatamente comprensibile dello chic, del sexy, del rilevante, e ha assunto su di sé la responsabilità di presentarsi come la casa che indica cosa è contemporaneo, mescolando l’avanguardia alle necessità commerciali di un enorme gruppo globalizzato.

Ci si può avvitare, elegantemente, in discussioni sui riferimenti della collezione, sul senso di quel long-john proposto con insistenza. Si può prendere atto del restyling della sala dove sfilano le collezioni, trasformata questa volta in stanze-scatole dove si muovono i modelli, i quali capita che interrompano la loro camminata per ballare sulle note della colonna sonora di Plastikman (Richie Hawtin, collaboratore e amico di Raf Simons), sono però una buona rappresentazione dello spazio mentale che molti di noi hanno abitato nell’ultimo anno, chiuso ma allo stesso tempo votato all’aperto, duro e morbido, caldo e freddo, claustrofobico ma rassicurante. Perché da Prada sanno da tempo che la realtà non è più quella di una volta, e se il new normal è sempre più difficile da definire ecco con una delle collezioni più forti

non diciamo «bella»: la bellezza, per Prada, è un parametro per definizione ambiguo, ideologicamente sospetto e non necessariamente desiderabile di questi ultimi anni.

Sfilano modelli, tutti al loro debutto, con indosso una collezione fatta di abiti dal tailoring perfetto dal quale sbuca l’ormai ricercatissimo long-john. I cappotti over con i bottoni sbagliati. Capi e accessori non proprio nuovi ma desiderabilissimi: la quadratura del cerchio, quando si parla di moda, e il motivo del successo ultraventennale di Prada.

I ricordi di un passato troppo recente (vedi alcune giacche a cui sono state sostituite le etichette Calvin Klein by Raf Simons per metterci quelle di Prada)  

Ragazzi dai cappelli alla Willy Wonka di Tim Burton, che potrebbero ricordare la lezione di David Bowie — va bene essere extraterrestri, si può tranquillamente essere strani in un mondo così preoccupante e insicuro di sè. In che era siamo, con questa sfilata? La linea cross-temporale ci dice che siamo negli anni ’60 secondo le forme geometriche ma anche negli anni ’90 se guardiamo le forme. Su quale pianeta? Sul pianeta Prada, nell’era di Miuccia e Raf. Nelle stanze-scatole della Signora Prada sfila la collezione che ripete, a chi nell’ultimo anno ne avesse dubitato, che l’innovazione della moda mondiale passa ancora da qui. Non soltanto da qui, ovviamente, ma Prada — con il suo intimo esibito — continua a offrire un punto di vista precisissimo, soluzioni non banali e un punto di riferimento importante nelle acque confuse della moda.

Giudizio: Ve lo dico non sono felicissimo di questa condirezione perchè Miuccia è il sole e Raf è un pianeta stupendo che gli gira intorno, e così doveva restare. Però che bella collezione.

Etro, pervaso da un irresistibile «desiderio di cambiamento, di uscire vestiti e non travestiti. Pronti a esprimere la nostra personalità, a far vivere noi stessi oltre i confini, in modo iconoclasta» presenta una collezione che mai come questa volta si concede divagazioni allo statement del brand, creando un nuovo vocabolario fra classicità e ironia: i bermuda di cashmere sulla giacca-camicia e il pullover a trecce; il gilet maschile ma fluo; il cargo stampato; il blazer di velluto floreale; la camicia di raso-fodera; il cappotto perfetto portato a vestaglia; il maglione tatoo. «Abbiamo avuto tanto tempo in questi mesi per mettere a posto gli armadi e scoprire nuove identità, mescolando giorno e sera, dentro e fuori, e scoprendo che si può. Continuiamo allora». Nel finale lo stilista apre le porte del suo show (chiuso) e manda per strada i modelli: ed è subito i wanna be free in a red zone.

Giudizio: Se non ci si prende troppo sul serio alla fine risulta pure simpatico. Seguirò il brand su Instagram.

Massimo Giorgetti per me è come quei compagni di scuola che hanno un potenziale enorme ma che anziché usarlo si dimenticano di averlo, come direbbero a scuola: è intelligente ma non si applica. Se l’anno scorso la collezione era ispirata ai film di Dario Argento e non a Prada, la nuova collezione MSGM, vertigini, è ispirata alle sensazioni e alle emozioni che la montagna può regalare, ma anche a Bonatti, quindi non a Prada. Così i modelli sono i nuovi alpinisti vestiti di giacche di tweed classiche o pantaloni cargo, felpe o camicia stampa cartoline da Chamonix a Courmayeur. Peccato, davvero peccato.

Giudizio: Un po’ gli voglio bene a Giorgetti, solo vorrei fosse se stesso. Completamente.

La visione del prossimo autunno/inverno secondo Jannik Wikkelsø Davidsen, il direttore creativo del marchio danese Han Kjøbenhavn è un po’ dark. La collezione intitolata «Sweet Melancholia» è un insieme di visioni mistiche ma anche di una certa eleganza dove si intravedono capi ricamati, cappotti dalle silhouette allungate e materiali come la pelle, il cotone e la pelliccia ecologica. Interessante la linea di gioielli, metallici e gotici anche quelli. 

Milano Moda Uomo

Giudizio: Ahimè, in Italia non lo capiranno mai uno così.

Sunnei mi interessava tantissimo, ora non più.

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