Un’arte che nasce dall’esigenza di conoscere, apprendere e comprendere vari aspetti della vita è quella che Alfonso Del Moral ci trasmette attraverso le sue opere, narrative, emotive ed erotiche.
Artista spagnolo Alfonso Del Moral a soli ventotto anni riesce a trasmettere una maturità artistica ma sopratutto umana. Dopo una serie di studi intrapresi nel campo dell’arte ma anche in giurisprudenza Alfonso frequenta artisti da cui ha appreso vari aspetti della pittura. La sua arte è un esplosione di vari aspetti della vita. Dalla religiosità cattolica (nonostante il suo ateismo) della sua terra nativa, come le rappresentazione della processione di San Antonio o l’iconica figura di San Sebastiano per poi passare a una serie di ritratti di uomini e donne, e infine a scene di sesso. Alfonso Del Moral riesce attraverso i diversi temi rappresentati a trasmettere un immagine diretta a chi osserva. I suoi dipinti erotici riescono a coinvolgere e a creare quella sensazione di eccitazione che non dispiace mai a nessuno.
Una pittura che porta Alfonso Del Moral a una serie di domande che si pone sopratutto quando dipinge se stesso, nudo, con il suo corpo esposto davanti ai suoi occhi, quel corpo che prima non era apprezzato ma che adesso inizia ad amare sempre di più.
Com’è nata la tua passione per la pittura? Qual’è stato il tuo percorso?
Dipingo da i miei primi ricordi. I miei si sono accorsi della mia passione molto presto e mi hanno iscritto ad appena sette anni in una accademia di pittura dove ho potuto imparare le tecniche tradizionali durante i 15 anni. Poi ho conosciuto altri artisti dai quali ho imparato tantissimo, sopratutto dal mio Maestro Pedro Cano che ha vissuto molto tempo a Roma, dove ha svolto una bella carriera artistica.
Io l’ho conosciuto appunto in Italia quando ero in Erasmus a Roma mentre studiavo giurisprudenza (non potevo nascondere la mia vera vocazione artistica e sempre cercavo di circondarmi d’arte) nel 2012 e da quel momento l’ho seguito per diversi paesi e per molti anni. Nel 2017 ho deciso di provare a fare l’artista e mi sono iscritto alla Facoltà di Belle Arti Universitat Politècnica de València, la miglior in tutta la Spagna, dove adesso sono a l’ultimo corso.
La facoltà mi ha fatto veramente cambiare, non solo a livello tecnico ma in particolare sento che mi abbia cresciuto molto a livello concettuale.
Che tipo di ragazzo è Alfonso?
Chi sono? Questa è sicuramente la domanda più difficile che mi posso fare, ed è quella che mi faccio sempre quando affronto l’atto di dipingere. Non c’è una risposta chiara. Sono soltanto un ragazzo così normale e così speciale come il resto della gente.
Riconosco però che ho una fortissima curiosità per alcuni campi, e mi faccio molte domande su me stesso e sul mondo. Ma preferisco definirmi per quello che faccio, per i miei gusti, per quanto sono capace di dare, di sentire, di amare, di crescere.
In quel senso sono una persona che cambia, che si costruisce e si de costruisce, che ha le sue abitudini ma anche sta in costante ricerca di nuovi orizzonti, che quando ama, ama con passione.
Che rapporto hai con la pittura a olio?
È la tecnica con la quale mi sento più comodo, dato che la conosco e l’imparo (ancora oggi e non si finisce mai) da più di 20 anni (considerando che ho 28 anni è quasi tutta la mia vita). Mi piace l’olio, mi diverte molto. Le ore passano senza che me ne accorga quando dipingo a olio.
Hai in programma di utilizzare altre tecniche pittoriche?
Non mi chiudo ad altre tecniche, infatti col mio Maestro ho imparato sopratutto l’acquerello, che probabilmente è la tecnica più difficile. Mi piace, ma la plasticità, la consistenza e la vibrazione dell’olio non si possono sostituire. In accademia ho provato altre tecniche e mezzi artistici, come fotografia, video art e scultura.
Tutto è buono, tutto serve ad avere più ricchezza per trasmettere dei messaggi. Pensandoci meglio, come disse McLuhan, “The medium is the message”.
La scelta del mezzo è importante per il messaggio, perché si produce una simbiosi fra entrambi e appaiono nuovi significati. Quindi adesso sono molto felice con l’olio ma, come ho già detto non mi chiudo alla possibilità di utilizzare altre tecniche.
Chi sono i soggetti che ritrai?
C’è un po’ di tutto. Molti sono persone amate e persone vicine, altri sono commissioni pubbliche o private, e alcune volte sono soggetti sconosciuti che voglio dipingere per qualche motivo. Adoro dipingere persone.
San Sebastiano è una figura religiosa che ricorre un po’ come soggetto in ogni artista queer, cosa ti trasmette personalmente la sua figura e la sua storia?
San Sebastiano è stato sempre la perfetta scusa per gli artisti queer di poter dipingere un corpo maschile bello, quasi nudo e con lo sguardo di estasi sul viso. Ormai è diventato un simbolo queer dell’arte occidentale. Mi considero erede di questa tradizione pittorica e di conseguenza prima o poi ci sta dipingere questo santo, la cui storia non mi colpisce particolarmente poiché la grazia della fede non mi è stata concessa. Ma se mescoliamo il santo come rappresentazione della tradizione, la moralità e i valori giudeocristiani occidentali da una parte; e la corrente trans femminista queer da l’altra, abbiamo un paradosso così forte come la nostra società e come noi stessi.
Chi sono le signore che hai ritratto come ad esempio la signora vestita di rosa davanti alla processione di San Antonio?
Purtroppo non conosco queste signore personalmente (anche se adoro le signore). Sono abitanti del villaggio di un mio carissimo amico. Il patrono di questo piccolo villaggio vicino Cartagena è San Antonio e queste persone fanno la loro processione ogni anno il giorno del Santo. Il mio amico è uno dei tanti intellettuali preoccupati per lo spopolamento rurale e commessi con le tradizioni (soltanto quelle rispettose con la natura e con gli altri) e mi invia molte immagini del suo paese che sento devo dipingere in modo che non si perdano, perché definiscono chi siamo adesso. Ma lo faccio sempre dal mio punto di vista. Io sono nato e cresciuto in città, quindi la mia visione è diversa. Ecco perché introduco molte volte delle distorsioni o ricontestualizzazioni in queste immagini popolari.
Che rapporto hai con la spiritualità?
Sia in Spagna come in Italia, la religione cattolica è molto presente nella vita da quando siamo piccoli, almeno in certi ambienti e gruppi sociali.
Io ho passato la mia infanzia circondato da vergini, santi e Cristi. Praticamente il mio primo rapporto con l’arte è stato attraverso la religione cattolica.
In particolare, il sud della Spagna è pieno di processioni durante la settimana di Pasqua. Vedere queste figure barocche in lacrime e contorte, circondate da un’atmosfera scura e solenne segna la personalità di qualunque ragazzo. Poi, a Murcia (la mia città di nascita), le processioni sono molto festive e si distribuiscono delle caramelle, dolci e altri regali per i bambini. Ci trovo un rapporto con la cultura della mia regione, che vedo come un misto fra l’arte tenebrosa di Castilla (ad esempio Velázquez) e l’arte luminosa della costiera Mediterranea (ad esempio, Sorolla). Sono anche concezioni estetiche diverse che si uniscono.
Ma tornando alla domanda, sono ateo. Credo che questa sia l’unica vita che c’è. L’unica opportunità che abbiamo, e per ciò dobbiamo approfittarne.
Mi figuro che sia stato per ciò che ho lasciato la mia carriera di Giurisprudenza dopo aver finito la laurea e il master per fare quello che mi rende felice. In cosa credo? Credo in me stesso. Credo che posso fare di questa vita che non abbiamo scelto una vita che valga la pena d’essere vissuta. Per ora ce la sto facendo.
Che emozioni provi nel dipingere altre persone?
Dipingere è il mezzo per farmi domande, per conoscere. Come i bambini piccoli che non conoscono le cose e le guardano, le toccano… Lo faccio come loro ma attraverso la pittura.
All’inizio sento stranezza, curiosità, mi sento nervoso ma pieno di eccitazione, lo stesso come quando conosco qualche persona con la quale sorge un rapporto più intenso del normale.
Questa parte è molto bella. Poi vedo come le pennellate costruiscono il ritratto. Prendo decisioni razionali ma lasciando un ampio spazio all’intuizione.
Adatto il tipo di pennellata a quello che conosco del soggetto, a volte conosco di più, a volte conosco di meno.
Poi c’è una parte che mi piace molto, quella di mettere i piccoli dettagli e note di colore una volta che tutto è ben risolto. È proprio un divertimento! Quello che trovo più difficile, è di capire quando mi devo fermare, quando devo considerare che il quadro è finito. Ancor una volta, l’intuizione e l’esperienza sono decisive.
Dopo aver dipinto qualcuno, non lo vedo più uguale. Conosco meglio le sue caratteristiche facciali, i suoi movimenti; ma non si potrebbe dire che per dipingere qualcuno io lo conosca bene, perché non si finisce mai di conoscere una persona. Dopo aver dipinto qualcuno, questa persona a volte non si riconosce, perché ovviamente sono ritratti da un altro, con una visione soggettiva.
Siamo noi gli artisti stessi che dobbiamo essere contenti del nostro lavoro, chiaramente quando le persone ritratte si riconoscono e si piacciono è molto gratificante.
Parlando della serie di dipinti più spinti, cosa provi nel dipingere scene di sesso?
Mi sento morboso. Qualche volta perfino mi sono arrapato dipingendo.
Perché lo faccio? Credo sia un impulso di capire, possedere e trasmettere l’attrazione che provo quando vedo un corpo che trovo bello o penso in una situazione che mi rende morboso.
Il sesso che dipingi è reale o frutto della tua immaginazione?
È reale. Questo è stato una delle premesse di questo progetto. Non voglio attori, voglio realtà. Per ciò domando agli utenti delle loro foto private. Sono persone “normali”. Sono amateur. Poi metto le pitture su Instagram. Così la gente ci si può identificare, ed è più eccitante sapere che quello che si vede ai dipinti è successo in realtà. Quelli che mi inviano le loro foto provano eccitazione.
È una specie di esibizionismo nascosto. Sapere che molti altri li vedranno nudi e in un contesto sessuale e vedere i “mi piace” degli altri utenti deve essere molto stimolante e liberatorio.
In questo modo, si creano connessioni fra gli utenti attraverso il desiderio di tutti quanti, così parlo con le pitture, degli impulsi sessuali nella folla connessa, stabilendo uno spazio pubblico per il dibattito e la critica del concetto egemonico di desiderio.
Qual’è il quadro che ti ha trasmesso più eccitazione nel crearlo?
Devo dire che ce ne sono un paio di quadri fatti a partire da foto nelle quali ho partecipato. Dipingerli mi ha fatto ritornare a queste situazioni ed è stato molto eccitante. A parte questo, naturalmente io ho le mie preferenze. Trovo molto eccitante anche le situazioni con molte persone, per esempio.
Qual’è invece il quadro che ti eccita più riguardare?
Sicuramente sono gli stessi da quelli che mi hanno eccitato più dipingere per gli stessi motivi. C’è anche un altro tipo di eccitazione, non sessuale, quando riguardo una pittura di cui sono particolarmente contento del risusultato, per le forme e la consistenza.
Cosa provi nel dipingere te stesso?
Come ho detto prima, la pittura è il mezzo dove mi pongo delle domande. Attraverso la pittura mi conosco meglio.
Un vantaggio del dipingere se stesso è che puoi essere sperimentale quanto vuoi, perché il risultato non deve piacere a nessuno tranne che a te.
Per questo noi artisti ci dipingiamo, è una specie di auto conoscenza, sperimentazione e pratica nella pittura. Ricordiamo chi siamo, per così dire, prima di tornare a dipingere gli altri.
Che rapporto hai con il tuo corpo?
Un rapporto piuttosto buono, sebbene non è sempre stato così. La mia adolescenza è stata un po’ difficile in parte perché non avevo un corpo egemonico o normativo, ero sovrappeso.
Ho subito bullismo e non ero contento col mio corpo, non mi accettavo.
Poi ho deciso di cambiare ed ho cominciato ad avere una vita meno sedentaria, a fare dello sport e mangiare sano, ho perso 30 kg. A 18 anni ho cominciato a frequentare la palestra fino a oggi.
Ormai ho accettato molte delle mie limitazioni e inadeguatezze e sono molto più contento del mio corpo, sebbene tutt’ora oggi mi capiti di provare vergogna mostrarmi in pubblico senza maglietta, per esempio.
Una delle conseguenze del bullismo in me è stato il pensiero di voler avere un corpo perfetto per essere apprezzato dagli altri e avere la loro approvazione.
Naturalmente è un pensiero sbagliato che razionalmente cerco di allontanare. Il trascorrere del tempo mi aiuta. Alcune volte sento mi abbia aiutato anche il sesso con altri per aumentare la mia autostima. Sentirsi desiderabile migliora la considerazione di sé, sebbene non ne possiamo dipendere.
Quale parte del corpo maschile ti attrae maggiormente da raffigurare?
Mi piace molto il viso. È molto interessante per tutte le forme, i contrasti e le tonalità che ci si trovano. Accade lo stesso con altre parti, come ovviamente il fallo. Ognuno è diverso, come il viso.
E mentre l’ultimo è il riflesso dell’anima, forse il fallo è il simbolo tradizionale della sessualità maschile.
Ormai non è esattamente così. La penetrazione non è l’unica forma di sesso, lo sappiamo. A me piace però. Anche delle belle natiche rotonde oppure un bel torso mi fa impazzire. In realtà la bellezza può esser trovata in qualunque parte del corpo, non parlo della bellezza canonica, ma di quella trascendenza che proviamo nel essere consapevoli dell’esistenza dell’altro. Oppure del gioco visuale delle forme, masse di colore e contrasti, che simulano delle connessioni paradigmatiche imprevedibili con altre cose del mondo o dei nostri ricordi.