LRDL ci educa al cambiamento

LRDL oltre ad essere un gruppo musicale è innanzitutto un progetto di ricerca, nato con un punto di vista plurale femminile: una femmina che accoglie, che si prende cura, che ama.

Le loro canzoni sono un unicum nel quale convivono scrittura, teatro e musica: i loro versi sono frammenti di romanzi, i loro concerti sono spettacoli teatrali, le parole  scalciano violentemente fra un accordo e un altro, la sostanza musicale dei loro brani che è brutalmente istintiva, ma più che consapevolmente rigorosa, a tal punto che sfiora il rituale. 

L’energia che muove la ricerca de La Rappresentante di Lista prescinde dalla necessità di cristallizzare un genere e nella descrizione che gli stessi autori fanno della loro musica, definendola queer, è già presente questa continua trasformazione.

La Rappresentante di Lista

Go Go Diva è il loro terzo disco, ed è un viaggio pop di un corpo alla scoperta di ciò che è nascosto sotto il velo della realtà. Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina e i loro compagni di avventure stanno già lavorando a qualcosa di nuovo, anche per questo abbiamo raggiunto al telefono Veronica per far due chiacchiere sul disco, sulla musica e sulla condizione femminile oggi.

INTERVISTA LA RAPPRESENTANTE DI LISTA 

Wikipedia dice che Il/La Rappresentante di Lista, è la persona incaricata di assistere alle operazioni di voto e di scrutinio per conto di un partito, di un candidato che concorre alle elezioni o di un comitato promotore di una consultazione referendaria.  Cosa dovremo trovare invece sotto la definizione del vostro nome? Chi siete?

È nato tutto un po’ per gioco: nel 2011 mi trovavo a Palermo e in quel periodo c’è stato il referendum sull’acqua pubblica ed io essendo toscana e fuori sede per votare mi sono iscritta ad una lista promotrice del referendum e mi hanno fatto fare in quel caso la rappresentante di lista, un ruolo che come gioco di parole stava perfettamente all’interno di una delle prime canzoni che ho scritto con Dario che poi sono finite nel primo disco, “(Per La) Via di casa”, ed è rimasta sia all’interno del pezzo, perchè faceva rima con protagonista che come nome del gruppo. 

Mi ricordo che all’inizio quasi la gente non ci ascoltava perché il nome intimoriva, o faceva pensare all’indie perché in quel periodo nascevano nuovi gruppi o artisti con nomi molto strani. Non sapevamo neanche noi cosa effettivamente significasse, poi però è un po’ come diventata la nostra musa ispiratrice questa rappresentante di lista, oggi ha un punto di vista plurale femminile. La nostra è una femmina che accoglie, che si prende cura, che ama. Vorremmo fosse garantita una pluralità di visioni, di generi, di idee contro un pensiero allineato e coperto.

Vi ho visti live e ne sono rimasto molto colpito perchè si nota una certa teatralità, poi ho saputo che siete anche attori teatrali, vuoi dirmi di più?

Io e Dario ci siamo conosciuti durante le prove in un laboratorio teatrale per uno spettacolo che si chiamava “Educazione Fisica”, dove abbiamo interpretato degli adolescenti che giocavano in una squadra di basket nel 2010. Durante le pause dalle prove iniziare a scrivere canzoni è stato un modo per conoscerci meglio. Poi, come una carovana di nomadi, abbiamo raccolto lungo il nostro percorso ognuna delle persone che adesso fanno parte integrante della band.

Quando eri solo Veronica, cosa ascoltavi? Con che musica sei cresciuta?

Devo dire che ho avuto la fortuna di avere un padre particolarmente appassionato. A casa mia ascoltavo dalla musica classica passando per il rock fino all’hip-hop. Le grandi voci femminili del soul fino all’elettronica. Sono sempre stata abituata a dare una possibilità a diversi generi musicali che sono venuti a bussare alla mia porta e devo dire che quando ero adolescente mi divertivo tantissimo con il rock, ascoltavo i Led Zeppelin, Janis Joplin, i Who, i Rolling Stones, mi ricordo anche di alcune serate in un locale a Viareggio dove stavamo li e ognuno portava qualcosa sul palco, chi la voce, chi la chitarra, ci divertivamo come pazzi, pertanto l’attitude è da rockettara.

Che influenze musicali avete?

L’incontro con Dario è stato divertente anche per questo motivo: lui è cresciuto con il cantautorato italiano, tipo De Andrè, Battiato, (anche se chiuderlo nell’etichetta di cantautore, con tutte le sperimentazioni che ha fatto…) e allora provai a fargli ascoltare un po’ di cose mie, poi scoprimmo di avere entrambi la passione per la lirica trasmessaci dai nonni. Pensa che mio nonno sapeva a memoria le parole delle opere e me le cantava, faceva le serenate a mia nonna. Adoravo!

Poi ogni componente della band ha portato all’interno il proprio micro cosmo, per questo La Rappresentante di Lista è un insieme di voci e anime diverse ma uguali.

Le vostre canzoni più che raccontare cose, evocano una serie di emozioni e di sensazioni, è voluto?

Si, ci piace pensare alla musica come uno strumento per affondare le mani dentro se stessi. Questo, naturalmente, non vuol dire che da parte nostra ci sia la volontà di porgere al pubblico delle scatole vuote da riempire. Si tratta invece di lasciare delle strutture aperte. Ci è capitato spesso che ci venissero regalati nuovi significati di una nostra canzone

Parlando di femminilità e della figura della donna, in una vostra canzone  Giovane femmina” trovo che venga dipinto un ritratto giustissimo della donna contemporanea, in particolare del suo rapporto con la sessualità e con il desiderio.

Giovane femmina è una delle mie canzoni preferite dell’ultimo disco, è proprio una di quelle più amo. E’ uno dei brani di Go Go Diva che più di tutti riesce ad essere l’emblema di quello che abbiamo definito “inferno dei desideri” che ti porta a scendere per strada per essere quello che sei con la possibilità di raccogliere il buono e il cattivo tempo, perché quando sei te stesso, il rischio che corri è quello di piacere tantissimo o di non piacere a nessuno.

Che poi è quello che mi piace del nostro progetto, ovvero: questa voce femminile può dare la possibilità di utilizzare un punto di vista diverso sulle cose e riportare questa natura anche con un lessico diverso, che non è quello che siamo abituati a sentire, anzi, delle volte rivaluta alcuni termini che nel tempo sono stati dilaniati.

Penso a delle parole che in bocca ad altri hanno assunto significati diversi tanto da non poterle più utilizzare perché ti riportano alla mente qualcosa di orribile. Mi piace il fatto che questo punto di vista trasversale che non si lascia imbrigliare in nessun genere.

Per ascoltare le nostre canzoni non serve appartenere a nessun genere sessuale. Le nostre canzoni possono e devono essere di tutti.

La rappresentante di lista

Pensi che la musica possa ancora avere un ruolo sociale importante per promuovere un cambiamento?

Assolutamente si, ne sono estremamente convinta. Del resto, però, la musica da sola non può riuscirci fino in fondo. Per esempio: se alla radio passano sempre la stessa musica e il lessico usato è più o meno lo stesso non verrà mai data la possibilità alle persone di farle affezionare o far loro conoscere parole diverse. Noi cerchiamo di risvegliare i fuochi che stanno dentro di noi. Se non c’è la propensione al cambiamento, la musica da sola non ce la fa. L’industria musicale dovrebbe offrire di più, perchè offrendo di più si genera cambiamento. Credo che il pubblico che ascolti la musica vada educato, un po’ come si fa a teatro.

Una delle vostre caratteristiche è il definirvi queer”. È una presa di posizione per quanto riguarda il non lasciarsi incasellare e a promuovere unapertura mentale collettiva? O intendete qualcosa altro?

Se leggessi la definizione completa di queer e cambiassi tutte le parole che si riferiscono all’ambito sessuale con parole che si riferiscono all’ambito musicale, io mi trovo perfettamente all’interno di questa non-definizione perché significa essere liberi di provare qualsiasi cosa, di mischiare i generi, di non sentirsi per forza categorizzato.

Essere trasversale, obliquo, non ordinario, fluido. Diciamo che queer per noi significa questo: sentirsi liberi di fare un brano in modo, un brano nell’altro, di presentarci oggi in un modo e per il prossimo disco presentarci in un altro ancora, nonostante quello che facciamo poi sia assolutamente pop.

Non cerchiamo di fare delle cose intraducibili o troppo complicate, anzi io amo le cose semplici, però sicuramente mi piace fare ricerca e creare dei mondi intorno alle canzoni: ogni dettaglio dev’essere parte del mondo che ho creato per questo disco insieme a Dario.

 Nella serie di Sorrentino The New Pope c’è anche un vostro pezzo, cosa ha scatenato in voi questa notizia?

Siamo letteralmente caduti dalla sedia, non ci abbiamo creduto fino a che non abbiamo visto la serie, nonostante ci avessero comunicato che l’avevano inserita nella quarta puntata. La cosa che più mi è piaciuta è sapere che Sorrentino è uno che sta molto attento nella scelta della musica da inserire nei suoi lavori e vedere poi che ha usato le parole della canzone in una scena in cui gli attori in quel momento non si dicono niente. Incredibile.

Con chi vi piacerebbe collaborare in futuro e con chi invece no. 

Pensando al disco nuovo stiamo fantasticando e pensiamo a nomi allucinanti.. tipo David Byrne, Danger Mouse, che ci ha fatto impazzire con il suo ultimo disco in collaborazione con la cantante degli Yeah Yeah Yeah, Karen O che si chiama Lux Prima. Fantastichiamo sul fatto che questi super artisti possano venire a trovarci a Palermo e suonare insieme a noi. 

Con chi non vorrei… dovrei prendermi un giorno per pensarci.