Romain Berger attraverso le sue opere volutamente kitsch denuncia lo stereotipo e i cliché della cultura gay.
Romain Berger è un fotografo dichiaratamente queer della scena francese, nato alla fine degli anni ’80 in Normandia. Proveniente da una formazione cinematografica e teatrale, è da tempo affascinato dalle immagini, dalla cultura pop, dagli stereotipi e dalla questione del genere.
L’artista crea opere eccentriche, kitsch, eccessivamente colorate cosparse di sesso. Afferma spudoratamente di essere un artista camp , un concetto che designa, tra l’altro, una forma di autoironia che permette alla comunità LGBTQIA+ di ridere delle proprie difficoltà in una società omofoba, il tutto con artificio ed esagerazione.
Per questo, Romain Berger, riprende i cliché della cultura gay che devia per mettere in luce il nostro mondo, tanto in ciò che ha di meglio quanto di peggio (solitudine, superficialità, consumo eccessivo, violenza, dipendenza, sesso, politica …)
I suoi personaggi sono emarginati, esclusi o etichettati (gay, donne, transgender, drag-queen…) che, al tempo di un luogo comune, diventano eroi/combattenti. Vogliono uscirne, vogliono essere delle star.
La sensualità è presente in ogni sua foto, Romain Berger ama mettere il dito su ciò che disturba e soprattutto vuole far sognare le persone tramite un voyeurismo condiviso.
L’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.
Ciao Romain, raccontami del tuo background.
Ciao, ho terminato i miei studi cinematografici nel 2011 e poi sono andat* a vivere a Parigi per trovare lavoro nel settore audiovisivo. È un ambiente molto chiuso e per due anni ho ricevuto solo bocciature. Nel 2013 ho deciso di acquistare una macchina fotografica per realizzare i miei cortometraggi e finalmente ho iniziato a fare fotografia. Sono autodidatta. All’inizio i miei amici erano i miei modelli. Ho scoperto presto che con la fotografia potevo realizzare la versione statica dei miei film. C’è un universo cinematografico nelle mie creazioni. Così la fotografia 8 anni fa è diventata il mio lavoro.
Chi sono i tuoi artisti di riferimento?
Sono un grande fan di David Lachapelle. Amo il modo in cui fotografa i suoi modelli e anche i colori che usa. Recentemente ho scoperto Mapplethorpe e mi sono totalmente innamorato del suo lavoro. È sensuale e provocante. Ci sono anche diversi registi che mi ispirano, come Wong Kar Wai, Gregg Araki, Xavier Dolan ecc… Sono artisti che aprono le frontiere senza pudore. Li adoro!
In base a cosa scegli i tuoi modelli?
Quando cerco un nuovo modello, lui o lei deve adattarsi al tema che voglio fotografare. Spesso li voglio abbastanza vicini agli stereotipi imposti dalle riviste di moda: giovani, glabri e muscolosi. Il mio obiettivo è criticare gli standard di bellezza e una società superficiale. In futuro probabilmente cercherò uomini con profili molto diversi, a seconda della storia che vorrò raccontare.
Come hai sviluppato la tua mostra personale?
Dopo più di un anno senza una mostra (causa Covid), una mia amica mi ha proposto di esporre le mie opere nei suoi locali situati a Rennes, in Francia. Sono impaziente di incontrare di nuovo il pubblico e di poter mostrare le mie fotografie a persone che non ho mai incontrato prima. Ho voluto che fosse lei a scegliere le opere da esporre, ce ne saranno 6. Io ho pensato di allestire i locali con elementi presenti nelle mie fotografie, coinvolgente anche una giovane cantante che verrà a suonare la sera dell’inaugurazione.
Come ha reagito la comunità gay francese e non alle tue opere?
La comunità gay francese reagisce molto bene al mio lavoro. Sono molto solidali e ricevo regolarmente messaggi di incoraggiamento. È con le istituzioni che è più complicato. La Francia è un paese molto puritano, quindi trovare gallerie è difficile. In Francia mi vietano regolarmente di esporre il mio lavoro. È considerato troppo provocatorio e scioccante. Ho avuto più articoli e interviste all’estero che nel mio paese. Sono anche spesso in guerra con Instagram, che censura molto del mio lavoro e minaccia di cancellare il mio account.
Guardando le tue opere si percepisce una forma di autoironia che permette alla comunità LGBTQIA+ di ridere delle difficoltà della nostra condizione in una società omofobia. Hai mai subito bullismo o attacchi omofobici?
Quando ero adolescente sono stat* vittima di bullismo a scuola. Ero giovane e non sapevo nemmeno di essere gay. I bambini possono essere cattivi. Crescendo ho avuto la fortuna di non sperimentare mai l’omofobia. Ho 33 anni e vivo la mia omosessualità senza paura. Il mio lavoro non è mai stato attaccato per i suoi temi queer. Non tutti sono così fortunati, lo so, ed è per questo che è importante combattere per gli altri.
Dove è possibile acquistare le tue opere?
Sono vendute in edizione limitata di 5 copie ciascuna sul mio sito web www.romainberger-photography.com. Dopo il tuo ordine, riceverai la fotografia firmata con un certificato di autenticità e senza alcuna censura. Molte sono già soldout ed è davvero bello sapere che il mio lavoro fa il giro del mondo.