Avavav è così brutto da desiderarlo tantissimo

Avavav è il brand che cambia completamente le regole del gioco della moda. Impertinente, provocatorio, ironico e sostenibile nel senso più stretto del termine. 

Più della parola resilienza, negli ultimi anni, il termine sostenibile è diventato uno dei più usati, ripetuti e abusati dell’industria della moda.

I brand hanno capito che etichettare i propri prodotti come ‘riciclabili’, ‘etici’, era più efficace che utilizzare sigle di cui pochi conoscono il vero significato. 

L’uso ingiustificato del glossario che ruota attorno alla sostenibilità ambientale ha portato i consumatori a mettere in discussione il valore del brand stesso .
Così Avavav, che più che un brand è una realtà a 360°, cambia le regole del gioco, infischiandosene totalmente e irridendo i marchi mainstream in favore di un approccio aggressivo, violento e provocatorio. 

Nel 2017 gli svedesi Linda e Adam Friberg scelgono Firenze come sede di un nuovo progetto, una missione artistico-concettuale nascosta dietro il pretesto di un marchio che unisce il minimalismo scandinavo con la qualità artigianale italiana.

Lo scopo di Avavav è quello di proporre un’alternativa coerente rispetto alle proposte di tutti quei brand che vantano tessuti riciclati di ogni tipo.

Avavav, non trasforma la spazzatura in abito, ma parte dalle montagne di stoffa che i colossi della moda scartano nella fase di post-produzione che destinano al macero.

Con la guida creativa di Beate Karlsson, Stoccolma, classe 1995, Avavav è salito alla ribalta dell’industria con i suoi Bloody Feet, guadagnando nel frattempo polemiche attraverso i social per i suoi stivali “mostruosi”, un’evoluzione dei suoi precedenti sandali con i piedi a mano ‘The Claws’. 

Magari ve la ricordate come quella che ha costruito il sedere rosa in silicone delle Kardashian (The Face). La Karlsson rende i sogni e gli incubi tangibili e (in)indossabili, compresi i suoi stivali con le dita che grondano di bava verde. 

Combinando le pratiche dell’arte e del design, eccelle nel creare silhouette da materiali malleabili. La sua ultima collezione per Avavav si chiama Avavav x Fndi x Brberry x Jqcuemus, e non possiamo non amarla.

Stivali iperrealisti realizzati sul calco gore degli horror anni ‘70, fanno un po’ cartoon un po’ Tabi di Maison Margiela, e sono l’incarnazione dell’ideologia del marchio.

Dietro l’estetica mastodontica degli stivali c’è infatti un ready-to-wear versatile, intelligente, con abiti lunghi in patchwork di stampe e twin-set effetto pitone per un revival anni ‘90. 

E non manca la proposta più leggera, in tonalità pastello che indulgono in quel romanticismo molto italiano.

Capi e accessori mixano infatti iconici pattern dei marchi (semi)citati, una logomania di doppie F, di gabardine tartan e di motivi floreali che sfociano nella composizione, svelata in etichetta, ‘Fndi 20%, Brberry 20%, Jqcuemus 25%, Other 35%: 100% Avavav’.