Bottega Veneta ridefinisce l’hype trasformandolo in leggenda.
In un mondo stracolmo di sovracomunicazione, Bottega Veneta è diventato uno dei marchi più cool del pianeta semplicemente tacendo, mentre la maggior parte dei brand ci fornisce loghi, la stessa manciata di celebrità e variazioni su borse per lo più intercambiabili e grandi scarpe da ginnastica.
Ma da quando è arrivato, il designer di Bottega Veneta Daniel Lee ha lasciato un percorso di briciole luminose che hanno ipnotizzato i consumatori e gli addetti ai lavori.
Sotto il regno di Lee, Bottega ha portato le firme del marchio, precedentemente discreto, come le borse in pelle intrecciata e un sottile logo a triangolo, in proporzioni oltraggiose.
Nel frattempo ha cancellato il suo Instagram sostituendolo con una fanzine digitale colma di star rivendicando il colore iconico verde lime, ha switchato le sfilate con saloni segreti dai quali le immagini sono gelosamente custodite.
Intanto, Lee, il ragazzo dai capelli rossi raramente rilascia interviste.
In questo modo ha ottenuto l’immagine di un’entità misteriosa che sforna moda cult. Così a luglio, Bottega Veneta ha annunciato il suo ultimo enigma: avrebbe mostrato la sua collezione Salon 03 davvero a Detroit?
Bottega Veneta SS22 ha sfilato a Detroit.
I marchi di moda oggi guardano al microscopio quando si tratta di questioni di razza e classe, e a pensarci bene è stata una mossa coraggiosa per un brand europeo di lusso sfilare in una città con una storia complessa come quella di Detroit mantenendo una forte sinergia.
Bottega Veneta ha invitato circa 240 ospiti, di cui la metà di Detroit.
Molti marchi di lusso europei si sono affidati ai consumatori asiatici per i loro turn around pandemici, ma Bottega, in effetti, deve gran parte del suo recente successo agli americani.
Piuttosto che la solita lista di personaggi famosi su Instagram che orbitano attorno al complesso industriale dei Kardashian, Lee ha coltivato quelle che sembrano essere vere amicizie con artisti del calibro di Lil Kim e Mary J. Blige fuori dalla passerella, e con Lourdes Leon Ciccone, dentro.
Probabilmente perchè Bottega Veneta intende occuparsi di leggende, non di hype.
La cantante è arrivata allo show dentro il celebre cappotto di Bottega composto da una fontana di code color merlot, e Lil Kim in un abito di piume viola con una clutch di piume gialle.
Ad ogni modo, ciò che rende l’abbigliamento di Lee davvero interessante è il suo modo di amare un certo tipo di mondo industriale che cade sui suoi lavori ogni volta che ne crea uno.
La moda è diventata (mi piace pensarla così) selvaggiamente artigianale negli ultimi tempi: il lavoro umano è diventato il segno di qualcosa di veramente ambizioso.
Ma i colori di Lee sembrano spremuti da un algoritmo e i suoi tessuti sono altamente lavorati che sembrano materiali per costruire un grattacielo piuttosto che un capo d’abbigliamento.
Questo li rende unicamente contemporanei. Laddove altri designer cercano rifugio in qualcosa più che un modo di creare che solletica la nozione di rivoluzione industriale, Lee sembra un modernista, che affronta ciò che viviamo a testa alta.
Conosce lo spirito del tempo, ma lo guarda da un punto di vista diverso, basti pensare a come molti stilisti si siano concentrati nella creazione di vestiti per uscire, mentre la sua collezione aveva uno spirito grintoso piuttosto che uno di evasione.
Ai giornalisti presenti Lee ha detto: ”Ero ossessionato dal pensiero di sfilare qui, Detroit è stato davvero l’inizio del mio processo creativo, volevo davvero renderlo un momento memorabile. Amo l’America.”
Il suo primo viaggio a Detroit, sei anni fa, è avvenuto un po’ per caso, quando il suo aereo per la Giamaica ha ritardato così ha deciso di restare in città diversi giorni. “Detroit è davvero la culla della techno”, ha continuato, “e io amo la techno”
“Sembra semplice, come tutto in Bottega”, sul finale, “ma in realtà è un’impresa ingegneristica”.
Lo stesso pensiero arriva quando guardi le giacche e i pantaloni duri e stropicciati, che erano tessuti con metallo che sembrano rigidi come quello delle automobili. (Detroit è stata la capitale della produzione di macchine durante il secolo scorso).
“Soft&functional” questo il nome della collezione, parla di innovazione e modernità attraverso forme flessibili, volumi over, stoffe avveniristiche e uno stile che, partendo dallo sportswear e dal workwear, esprime l’essenza della contemporaneità.
Una collezione giocata sulla destrutturazione della sartorialità e la reinterpretazione di classici come il parka.
Grazie all’utilizzo di fili metallici le stoffe sembra diventino modulabili, mentre le superfici si animano di perline in gomma e paillette, bio-based e sostenibili. Allo stesso modo, il designer sceglie filati gommosi biodegradabili, nylon riciclato, cotoni organici certificati e poliuretani water-based.
Tra gli accessori spiccano le borse arricchite da dettagli metallici ripresi dal mondo industriale, insieme a modelli soffici alla vista.
Ai piedi sneaker in maglia e in uno speciale tessuto spugnoso, con la tecnologia tipica delle trainer che viene applicata alle scarpe con tacchi alti.
Si fanno notare i sandali con suola a punta, candidati a must have. Influssi techno, sportivi ma con inaspettati accenni barocchi che caratterizzano i gioielli.