Silvia Mei attraverso la sua arte, unica e intrigante, fa un viaggio che punta a indagare l’uomo nella sua parte più intima e complessa: l’anima.
Silvia Mei si getta sopra la sua pittura intrinsecamente, perdendo identità, genere ma mostrandoci la sua essenza più vera e a volte più complessa. Questo processo avviene con tutti i soggetti che Silvia Mei raffigura, soggetti liberi da schemi fisici, donne con organi maschili, uomini privi di mascolinità, ma concentrandosi su un aspetto interiore, quello più interessante e spesso difficile da mostrare.
Ciao Silvia, ci parli un po’ di te e del tuo background?
Ciao a tutti! Sì, certo, sperando di non annoiarvi! Sarò breve: disegno e dipingo fin da quando ero piccola.
E, forse non li ho mai ringraziati pubblicamente, ma il mio percorso c’è stato solo grazie ai miei genitori che sono stati i primi a supportarmi in quella che è sempre stata la mia passione, il disegno e la pittura.
Ho frequentato il liceo Artistico di Cagliari, poi mi sono laureata all’Accademia di Belle Arti di Sassari quando c’era ancora il vecchio ordinamento, dopodiché mi sono trasferita a Milano e ho preso un’altra specialistica in Pittura. Anni meravigliosi in cui mi sono potuta formare attraverso continui stimoli, conoscenze, mostre ed eventi.
E ci tengo a sottolineare che è la pittura che mi aiuta a elaborare i pensieri, le emozioni, a riordinare il mio caos e a esorcizzare le mie ansie, le angosce.
Per questo è in continua formazione, evoluzione e trasformazione. E’ magica!
Il tuo modo di dipingere e soprattutto i personaggi raffigurati ci portano in un mondo diverso, forse a tratti oscuro. È così? Ci racconti un po’ le tue ispirazioni?
Mi piace indagare sempre più a fondo l’animo umano che spesso è oscuro. E probabilmente viene percepito come “mondo diverso’”perché è quello che non scegliamo ma quello che nascondiamo.
Io cerco di riportare alla luce ciò che esiste già.
Mi ispira tutto ciò che è reale, tutto il celato, tutto il vero, il vissuto e tutti i turbinii emotivi che mi accomunano agli altri individui, nonché miei fruitori.
Quanto sei dentro l’opera?
Io sono le mie opere.
I soggetti che dipingi sono persone reali da cui trai la loro anima e la loro personalità, o sono persone frutto di una fantasia?
Non c’è una dinamica fissa, di solito parto istintivamente e man mano che sviluppo il dipinto realizzo chi e cosa sto facendo…
Perché i tuoi personaggi perdono le sembianze umane?
Perché vorrei spogliare l’uomo dalla costruzione di farse, fatte di determinati atteggiamenti e comportamenti fallaci, tenuti solo per suscitare buone ma false impressioni.
La sembianza umana è apparenza, a me interessa tutto il resto.
Guardando i tuoi lavori si riscontra anche un pizzico d’ironia, sei d’accordo?
Haha sì, sono d’accordo! Non in tutti ovviamente, ma penso che, se necessario, l’ironia sia un buon metodo per velocizzare un messaggio.
I soggetti raffigurati sembrano manifestare una sessualità non convenzionale, è così?
È così. Perché vorrei che ci si focalizzasse di più su chi siamo, su ciò che siamo capaci di fare e di dare; perciò, spesso, i miei soggetti sono sessualmente indefiniti. E ti ringrazio per questa domanda, perché è un aspetto fondamentale del mio lavoro: nelle mie opere non c’è sempre distinzione tra maschio e femmina perché ritengo che non sia importante.
Siamo tutti esseri umani, dotati di ragione, sentimenti e istinto. Accomunati dall’apparenza fisica, che può celare ciò e chi realmente siamo.
Ed è anche per questo che mi sono spesso ritratta col pene, in quanto ogni individuo si dovrebbe distinguere indipendentemente dal genere e dai propri gusti sessuali.
Siamo ciò che facciamo e ciò che non facciamo. E personalmente non voglio né essere definita dal mio genere, né dalla mia sessualità.
Inoltre, aggiungerei che siamo tutti un po’ maschi, un po’ femmine, un po’ umani, un po’ animali…
Che sound ha la tua arte se dovessi sceglierne una ?
No dai! Almeno due! haha Criminale di Salmo e Rebel Yell di Billy Idol!
Guardando attentamente la tua arte si evince anche l’inclusione, quanto è importante per te?
Beh ti direi importantissima, fondamentale e indispensabile, se non fosse che il termine però, allo stesso tempo, mi inquieta per ciò che in realtà sottintende. Purtroppo implica dei nei culturali, ancora troppo radicati nella nostra società, che celati e non, fanno paura.
Finché si sentirà ancora parlare di “inclusione”, per me, significherà che ci sarà ancora discriminazione, razzismo e omotransfobia.
Ma attendo il giorno in cui finalmente, forse, questo termine diventerà desueto.