Alice Merton: perdersi e ritrovarsi nella musica

Alice Merton, dopo il successo del singolo “No Roots” estratto dal suo primo album “Mint“, torna con il suo pop ma questa volta ci mostra tutte le sue sfaccettature sia musicali che emotive e che fanno di “S.I.D.E.S.” il suo album più personale e sincero.

“S.I.D.E.S” lo suggerisce il titolo stesso, è un album che affronta le sfaccettature di una relazione importante finita male e tutti gli alti e bassi emotivi che si porta appresso, è come se le canzoni che lo compongono fossero come quelle sensazioni che ti fa passare un break up: tristezza, rabbia, immotivata euforia, sino all’accettazione di aver perso qualcosa a cui eravamo fortemente legati.

Stati d’animo che diventano contaminazioni musicali, basta leggere i testi di “It’s all over”, “Future” o “I’ve been woundin'” , è si ha come la sensazione che Alice Merton ha usato questo album come terapia per superare tutto quello che le è capitato negli ultimi due anni. L’abbiamo intervistata:

Ciao Alice come stai?

Bene grazie! Sono a Londra che ho alvuni day off ho appena finito un tour in America dove ho aperto per i Bastille e tra un paio di giorni ho due concerti in Germania.

Fantastico, parliamo dell’album “S.I.D.E.S.” uscito settimana scorsa, è un album pieno di sfaccettature, come nasce?

Mmmh sapevo di voler fare qualcosa di più rock ma allo stesso tempo dark, diciamo che gli ultimi due anni non sono stati i migliori della mia vita e questo mi ha portato a scrivere testi più cupi in automatico senza forzature.

Mi piace l’andamento del disco, che parte con dei suoni ampi che diventano sempre più oscuri e finisce con l’accettazione di tutto quello che hai passato. E’ come se la disposizione delle canzoni portasse chi lo ascolta in un viaggio emotivo, il tuo. Me ne parli?

Sì, è assolutamente così. E’ una storia che comincia con il brusco risveglio da un incubo che mi ha fatto realizzare che non mi serve nessuno oltre me stessa per essere felice. E poi indaga su queste storie sfaccettate che ho vissuto e sul perché non ero felice e su cosa è realmente successo, è molto personale. Il disco si chiude con “The Other Sides” che è una canzone che vuole ricordare all’ascoltatore che ci sarà sempre un lato migliore, non importa quanto tempo occorre per raggiungerlo. E’ stato anche un ottimo modo per ricordare a me stessa che sarei stata meglio ad un certo punto.

Con questo album ti sei spinta anche sul lato produzione dove hai sperimentato molto, sei d’accordo?

E’ un album speciale per me perché ogni canzone ha una produzione differente, il mio primo album “Mint” l’ho fatto con un unico produttore.

Poi è arrivato il Covid e in pandemia ho pensato: Fanculo! Voglio lavorare con tantissimi produttori e voglio esplorare più lati possibili di me stessa, ed è la ragione per cui ho chiamato l’album “S.I.D.E.S.“.

Ogni canzone ha la sua diversità ma puoi capire qual è l’argomento che le accomuna. Mi sono davvero goduta questo processo di produzione diverso per ciascuna canzone, durante la pandemia mi sono detta: se il mondo deve finire devo fare tutto a modo mio per questo album. E’ stato un esperimento per me essere il produttore creativo di questo disco e averlo messo tutto insieme.

Com’è stato lavorare con così tante persone?

Un’ispirazione enorme, ho imparato qualcosa da ciascuno di loro, ognuno ha il suo metodo di lavoro e mi sono divertita ad osservarli e a creare qualcosa di nuovo per me, con loro. Osservare come lavorano, quali tecniche e suoni usano, è una delle cose più eccitanti e non tutti hanno il privilegio di assitere a questa parte del processo creativo.

Quanto ritieni personali i tuoi testi?

Totalmente! i testi di “Mint” erano personali ma questi lo sono ancora di più perché questa volta parlo della mia vita privata e cosa ho attraversato e provato, senza ovviamente scendere nei minimi dettagli, ma i testi fanno capire che ho passato un periodo molto duro sia a livello personale che lavorativo. Non riuscivo a trovare la motivazione per continuare il disco, quindi per un lungo periodo non sapevo se avrei mai finito questo lavoro, ero in un posto davvero dark.

Ma ora lo hai superato!

Ora sono in “The Othe Side”! Anche se per arrivarci ho avuto bisogno di tempo e sono stata in terapia, ho dovuto lavorare su molte cose.

Oggi quando ascolto “The Other Side” mi aiuta moltissimo a ricordare che nella vita attraversiamo fatiche ci mettono alla prova, ma dobbiamo renderci conto che non dureranno per sempre, anche se in quel momento sembra che non avranno mai fine.

Credo che tu abbia messo tutta la tua energia positiva in questo album, sento molta forza nelle canzoni, è così?

Ho messo tutta l’energia che mi era rimasta in questo disco, cosa ho passato e come l’ho superato realizzando che sono molto più indipendente di quello che pensavo. Non devi relazionarti a nessuno per essere felice, e ho applicato molto questo principio sia alla musica che alla mia vita privata. Scrivendo questo disco ho capito e imparato molte cose su me stessa e come posso essere felice senza che nessuno mi dica come esserlo.

Alice Merton  _ Press Photo _ Credits Tobi Holzweiler - toh magazine
Che musica hai ascoltato nel periodo in cui hai scritto il disco?

Io ascolto tantissima musica e di ogni genere, non mi piace solitamente fare nomi ma durante il processo creativo del disco ho ascoltato molto i The Killers che amo, gli Alan Parson Project, Regina Spector, The Weeknd, Harry Styles, sono usciti tantissimi album belli nel 2020! Anche se penso che questo album sia stato ispirato molto dalle serie tv, guardavo “Breaking Bad” e “The Handsmaid’s Tales” e credo che abbiano ispirato molto la musica.

Come hai fatto a guardare “The Handsmaid’s Tale” con il mood negativo che avevi?!

Perché volevo sentirmi ancora peggio! La cosa peggiore di questa serie è che guardandola ad un certo punto di rendi conto che non siamo così lontani da quella situazione, e che potrebbe diventare reale. Se ci pensi stanno togliendo alle donne il diritto d’aborto, ci sono altre persone che decidono cosa devi fare con il tuo corpo, credo che ci sia una sottile linea che divide la vita reale da “The Handsmaid’s Tales”.

Ed è proprio questa la forza di questa serie, non credi?

Assolutamente, mi piace quando qualcosa di così drastico viene amplificato per spiegare alle persone quanto sia folle una realtà del genere se dovesse accadere. Amo questa serie.

Parlami del live che toccherà Milano il prossimo 24 ottobre al Fabrique, come sarà?

Suonerà Big! Amo creare grandi produzioni live, suoneremo le vecchie canzoni e ci saranno dei momenti dance qua e là, e dedicheremo spazio al nuovo materiale, sarà meno pop e più rock, sarò più aggressiva!

Vorrei chiudere l’intervista con una domanda sull’artwork di “S.I.D.E.S.” che sembra una foto ritoccata in digitale ma invece è un dipinto! Chi è l’autore?

E’ un artista turco che ho scoperto online durante la pandemia si chiama Ayukut Aydogdu, i suoi quadri rispecchiavano perfettamente lo stato d’animo che avevo in quel periodo. L’ho contattato e gli ho chiesto se poteva fare un dipinto della mia faccia che si scioglie su un tavolo e così lo ha fatto!

Cover s.i.d.e.s. album
Alice Merton “S.I.D.E.S.” (Paper Plane Records International)

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