A poco più di un mese dall’uscita della loro prima release, abbiamo intervistato la nuova band nata dall’etichetta discografica Riel, i Balvin Boys.
Seduti a terra davanti a un telo bianco, con l’ausilio di una luce ben indirizzata, ci scorrono davanti ombre mutevoli che variano per forma e per narrazione sebbene tutte provenienti dalle stesse mani. Così, potremmo immaginare l’etichetta discografica Riel, nuova realtà fondata da Osore e Tr3mila (Sxrrxwland) che, come in un teatro di sagome scure, si trasforma per unire in un unico bozzolo più identità che prendono vita l’una dentro l’altra differenziandosi, però, per i propri spiriti. Da questo processo di continua scoperta nascono i Balvin Boys che si presentano, dopo il gruppo “Il Giardiniere di Serpenti”, con i due brani della loro release: “Internet” e “Il mare e le farfalle”. Abbiamo chiesto, quindi, chi sono e cosa ha portato questa nuova creatura dell’etichetta discografica Riel a uscire dalla propria crisalide.
Chi sono i Balvin Boys?
I Balvin Boys sono una delle schizo-band che formano Riel. È un progetto di vocazione post-punk ma, siccome si chiamano Balvin per rubare streaming a J Balvin, possiamo tecnicamente dire che è un progetto post-reggaeton.
Siete il secondo progetto nato da Riel in poco più di un mese. Cosa vi accomuna a “Il Giardiniere di Serpenti” e cosa vi differenzia?
Ogni band ha le sue peculiarità. Il Giardiniere di Serpenti esplora il rapporto tra subconscio ed ecosistema mentre i Balvin Boys sono più concentrati sul rapporto tra individuo e società/modernità. Nei prossimi mesi usciranno altri progetti, ognuno con la sua identità ed un proprio modo di essere.
Qual è l’esigenza di rinascere ogni volta con un nuovo progetto?
L’esigenza è quella di non sentirsi costretti in una sola identità, che viene infatti decentralizzata in varie sfaccettature creando lo spazio che serve per accogliere ed esprimere tutto ciò che riteniamo opportuno condividere con il pubblico. Riel dichiara come obiettivo quello di “Non andare lontano ma avvicinare”.
A cosa volete avvicinarvi e cosa volete che vi si avvicini?
Spesso i progetti di matrice sperimentale si concentrano unicamente sullo spingersi “oltre”, come fosse una gara a chi va più lontano. Riel assume un’ottica leggermente diversa e cerca di porsi come tramite, come un ponte capace di portare in quell’oltre chiunque abbia il desiderio e la pazienza di farlo.
Quali sono gli obiettivi dei Balvin Boys e quale sarà il loro percorso?
Balvin Boys vivono un presente nostalgico nel quale non sono contemplati obiettivi. Sarà il percorrere stesso a rivelarci quale sarà il percorso. Siamo una boy band interessata al processo più che alla destinazione.
I vostri testi scorrono su una musica che sembra suonare in loop. Che peso date alle parole e al racconto?
Le parole sono importanti, questo sì, ma probabilmente non diamo nessun peso. I pesi rallentano e creano ostacolo. I testi sono scritti di getto, le cose troppo ragionate tendono a perdere di originalità. Lavoriamo a monte facendo in modo di arrivare al momento della scrittura nel giusto stato emotivo e lasciare che i pensieri e le parole scorrano spontaneamente sulla musica.
Sentite di riuscire a trasformare emozioni e sensazioni personali in sentimenti in cui tutti possono riconoscersi?
Forse è ancora presto per dirlo. In ogni caso, nell’arte ognuno ci vede un po’ quello che ha dentro in un modo o nell’altro. L’obiettivo è più quello di raggiungere coerenza nel rapporto tra l’artista e l’opera.
Nella traccia principale della release dite: «Il mare e le farfalle non si toccano mai». Quando, secondo voi, non si riesce ad essere toccati dall’amore?
Quando si rinuncia alla possibilità di essere compresi e accettati. Un possibile filo conduttore con Il Giardiniere di Serpenti sta nel racconto di relazioni difficili con il mondo esterno.
Cosa rappresenta per voi un ostacolo da superare per avere nuovamente un contatto con gli altri?
Non saprei, non faccio molta distinzione tra me stesso e gli altri. Io sono un po’ te e tu sei un po’ me e tutti siamo un po’ tutti.
In “Internet” il vento è ciò che ci riporta ad una dimensione reale. Cos’è per voi l’elemento che ci fa tornare alla realtà?
Lo stesso vento, ovviamente, ma anche il suono. Il suono del mondo ha delle caratteristiche spaziali e qualitative molto particolari che hanno grande influenza sulla mente e sul sistema nervoso. Qualcuno dice che, se diventi abbastanza bravo ad ascoltare, puoi sentire la musica in tutte le cose.
Qual è l’ultimo disco di cui vi siete innamorati?
“La citerne de Coulanges” di Jean-Marie Massou.
In atmosfere sospese a mezz’aria, in cui le parole scivolano su sonorità scure e retrò, l’obiettivo diventa la sperimentazione e, per avvicinarsi ad una scoperta profonda, ci si scuote da tutte le polveri accumulate. Con il vento ed il suono come elementi di contatto con il reale, i Balvin Boys ci dimostrano quanto sia semplice uscire dalla pelle che si abita per potersi ritrovare in alternative sempre nuove di noi stessi.