In un mondo sempre più conservatore i Queen of Saba vogliono rompere gli schemi di genere esplorando l’arte, la musica e il proprio essere.
Se avete ascoltato almeno una volta “Lingua in Fiamme” dei Queen of Saba sono sicuro che ve la ricordate, sia per il suo testo irriverente che per il suo ritmo house travolgente. Abbiamo intervistato il duo veneziano che celebra l’amore in tutte le sue forme.
Nati a Venezia i Queen of Saba sono un duo elettronico formato da Sara Santi e Lorenzo Battistel.
A giugno 2021 hanno pubblicato il loro primo album, “Fatamorgana”, un melting pot di sonorità elettroniche, pop, funky, soul e indie, contraddistinte da un’attitudine queer.
Poco prima dell’estate hanno pubblicato “Lingua in Fiamme”, una canzone electropop dal beat house travolgente, con un testo gay power ironico e irresistibile; in un mondo utopico sarebbe il tormentone estivo dell’anno. Altro che reggaeton!
Quella dei Queen Of Saba è musica che fa ballare, cantare e pensare, ritmi che ci vogliono spogliare dai pregiudizi e testi che inneggiano all’amore, alla libertà dei corpi e alle fantasie, per un unica conclamata missione: “«smantellare i dogmi di genere ed esplorare le infinite sfumature della musica».
In attesa del loro secondo album li abbiamo intervistati:
Come vi siete conosciuti e quando avete dato vita ai Queen of Saba?
Ci siamo conosciutǝ quasi sei anni fa a Venezia, città di connessioni magiche e incontri fortuiti. Abbiamo cominciato a lavorare insieme subito, sull’onda della stima reciproca e dell’entusiasmo per la sperimentazione, ma solo dopo tre anni ci siamo sentiti pronti a uscire allo scoperto come Queen of Saba.
Ad Aprile 2019 abbiamo fatto il nostro primo live con canzoni esclusivamente originali e abbiamo capito di volerci tuffare al 100% nel progetto.
Un gruppo che propaganda – come è giusto che sia – lo smantellamento di genere perché si è scelto un personaggio biblico come nome d’arte?
Sara: La Regina di Saba è un personaggio atipico e appare in un libro atipico: il Cantico dei Cantici. Immagino che i bigotti sessuofobi piglierebbero un colpo a leggere il carosello di metafore sessuali lì contenute, tra chiavi e chiavistelli, monti dalla forma pubica, seni come cuccioli di gazzella ecc.
Ho avuto la fortuna di studiarlo approfonditamente all’università e quando è stato il momento di scegliere un nome, ho voluto omaggiare un pezzo di letteratura che ha ancora il potere di scandalizzare con la sua incredibile bellezza e la sua sfacciataggine.
Il singolo “Lingua in Fiamme” si discosta dalle sonorità funky/jazz pop del vostro debutto Fatamorgana, questa direzione house anni ‘90 segna un nuovo inizio?
Con Lingua in Fiamme ci siamo divertitǝ da matti. La base è nata quasi come un gioco, mentre il testo era nient’altro che una nota sul telefono scritta in un moto istintivo.
Non sappiamo se segni un nuovo inizio, perché ogni volta che produciamo un pezzo nuovo non sappiamo mai dove andremo a finire, ma sicuramente segna un momento fondante: quello in cui abbiamo abbandonato ogni remora e abbiamo deciso di divertirci e basta.
In un mondo utopico “Lingua In Fiamme” dovrebbe essere il tormentone estivo per eccellenza… no?
Tante delle persone che la sentono ai live poi ci scrivono giorni, settimane dopo dicendoci che la ascoltano in loop. Non siamo discografici ma ci pare che funzioni abbastanza bene ahah
E poi questa è l’era di “Renaissance” di Beyoncé, quale momento migliore per ascoltare house anni ’90?
Avete un modo di scrivere molto diretto e anche ironico, è importante riuscire a far arrivare un messaggio con il sorriso?
La leggerezza è un’arma indispensabile nel trasmettere contenuti: permette di veicolare pensieri, ideali e sentimenti complessi e profondi in modo accessibile senza scadere nella superficialità.
Noi facciamo musica pop, certo, e spesso l’ironia è anche un’armatura, ma il nostro metterci a nudo nelle canzoni, condito con dell’umorismo, è quello che permette alle persone di riconoscersi e sentirsi meno sole.
Sara, la tua estetica suggerisce una relazione rilassata e appagante con il tuo corpo e la tua sessualità che veicola un messaggio no gender. Secondo te come pensi venga recepito?
Sara: Sento che per quanto l’atmosfera in cui siamo immersi suggerisca un abbattimento generale di tabù e concezioni binarie del genere sia ancora necessario che persone come me, con un’identità fluida e una seppur minima visibilità, si espongano anche fisicamente e mettano al centro della scena il loro corpo non aderente alla “norma”.
Non è facile svicolarsi dal tipo di sessualizzazione a cui mi hanno incatenato come AFAB dalla pubertà in poi, ma sento la necessità di propormi come soggetto erotico lontano dagli stereotipi di cantante-immagine.
Spero che per quanto limitato l’impatto di questo sovvertimento possa aiutare chi là fuori agogna esempi diversi, rappresentazioni aderenti alla sua sensibilità.
La carica erotica che si sprigiona dalle vostre canzoni si riflette anche nei live?
Ci arrivano spesso reggiseni sul palco quindi sì, ci sentiamo di rispondere di sì.
State lavorando a un album nuovo?
Sì, stiamo lavorando a diverse nuove canzoni, a volte quasi contemporaneamente, con l’idea di poi farle convergere in un progetto unico, che comprenderà anche i singoli già usciti. Chissà, magari rispetto all’album precedente ci sarà una coesione più forte fra le tracce, oppure ci troveremo di nuovo davanti a una successione di mood molto diversi.
Con chi fareste un feat. io vi vedrei bene con Cosmo…
Abbiamo conosciuto Cosmo dietro le quinte dell’Apolide Festival, è un essere umano speciale e saremmo onoratǝ di lavorare con lui in futuro, la sua potenza espressiva ci conquista, è sicuramente in cima alla lista dei featuring dei sogni.
Nel nostro esplorare eventuali collaborazioni vogliamo guardare anche alla scena queer italiana, quella più fresca e intersezionale, che sforna perle interessantissime, da BigMama a Protopapa. Non è detto che non ci siano presto sorprese nell’ambito feat.
Il vostro idolo da teen?
Lorenzo (chiaramente messo in difficoltà dalla domanda): Sir Oliver Skardy? Alberto Angela? Santana? Non saprei, se mai ho avuto un idolo non me lo ricordo.
Sara: Io mi ricordo di aver avuto fasi alterne, passavo da Che Guevara a Avril Lavigne senza troppo imbarazzo.
L’anno scoro ho visto e mi sono innamorato del film Atlantide di Yuri Ancarani che mi ha affascinato mostrandomi la gioventù veneziana con lo status dei “barchini” tra motori truccati e luci al neon. Lo avete visto? Vi ritrovate in questa visione?
Lorenzo: Ho visto il film di Yuri e l’ho trovato affascinante, ma personalmente non mi ci sono trovato. La mia gioventù a Venezia è stata più “fricchettona”.
Le barche le usavamo (e le usiamo ancora), come mezzo per arrivare a posti che sono esclusivamente per quelli che li conoscono, un modo ritagliarsi uno spazio proprio all’interno di una città che sta venendo masticata dal profitto.
Sto parlando di imparare a vogare da autodidatta con gli amici avvolti dalla nebbia, di partire un po’ all’avventura a fare grigliate in isole abbandonate della laguna, di concerti galleggianti e itineranti.
Nella mia compagnia di amici non c’è mai stata necessità di essere più veloce o avere il motore più grosso, solo la necessità di avere qualcosa di fresco da bere e da grigliare.
Ultimo album di cui vi siete innamorati?
Lorenzo: “Vertigo” di Perotá Chingó
Sara: “Multitude” di Stromae