Il “Club Blu” nella stanza di Camilla Magli

L’uscita del suo primo EP, “Club Blu”, ci fa incontrare Camilla Magli, giovane cantautrice che ci racconta il viaggio, compiuto grazie alla musica, che le ha fatto aprire molte porte sul suo io.

Se potessimo riassumere il nostro percorso attraverso degli oggetti, che cosa sceglieremmo? Qualcuno opterebbe per scontrini e biglietti del cinema e altri, magari, per dei cimeli di famiglia o delle foto.

Quello che è avvenuto durante la presentazione di “Club Blu” (RCA Numero Uno/Sony Music Italy), primo EP di Camilla Magli uscito lo scorso 30 settembre, è stata, per l’appunto, la narrazione di un percorso artistico attraverso l’istallazione di oggetti collegati direttamente al vissuto della giovane artista, accompagnati dal racconto in prima persona di Camilla.

Un paraurti ammaccato, i testi delle proprie canzoni, il dialogo con Luca De Gennaro e l’esibizione chitarra e voce hanno aperto le porte sullo spazio emotivo che si estende dalla casa d’infanzia in Puglia fino alla sua vita a Milano.

Riuscire a trovare la chiave della stanza in cui riporre i propri oggetti per creare della musica, in questo caso, passa direttamente dalla scoperta dei propri spazi interni, territori che la cantautrice ci indica come nuove e recenti conquiste.

Abbiamo deciso, quindi, di esplorare insieme a Camilla Magli la sua camera musicale per scoprire cosa vi ha riposto all’interno.

Camilla Magli_foto stampa Club Blu 2

A cosa è dovuta la scelta di “Club Blu” come titolo del tuo primo EP?

“Club Blu” è il nome delle mie sigarette. Ho fumato molto negli ultimi tempi, anche se ora sto cercando di smettere. Fumare è stato il mio modo di sfogarmi, ero sempre in movimento, irrequieta e fumando riuscivo a concentrare i pensieri. Prendendo le parole singolarmente, il blu richiama la malinconia, il sentimento con cui ho scritto i pezzi in camera con le sigarette e il club, infine, è un momento d’incontro e, in questo caso, un incontro con le emozioni.

In questo disco parli della tua vita e dei tuoi cambiamenti. Quanto ha influito nella tua crescita artistica la provenienza da un piccolo paese e cosa hai provato quando ti sei trasferita a Milano?
La mia provenienza, come il fatto che sia andata via, ha influito tantissimo. A Milano mi sono portata le mie origini, le mie radici, i miei ricordi e le mie ferite su cui poi ho fondato quello che sto costruendo adesso. Sarebbe difficile guarire nel posto che ti ha ferito, no? Milano mi ha dato la libertà di emanciparmi, di guarire, di esprimermi e di cercare me stessa.

C’è qualcosa che faceva parte della tua vita prima di trasferirti che vorresti indietro oggi?

Niente, niente perché vivo il presente e, da ciò che ho adesso cerco di trarre il meglio. Il passato sta nel passato.

Il desiderio di evadere e conquistare spazi nuovi è un aspetto ricorrente nelle tue canzoni. Vivi questa tua attitudine come una corsa verso il futuro o come un bisogno costante di rinnovarti?

È assolutamente una corsa verso il futuro. La mia curiosità mi spinge spesso ad andare via, ma non tanto in un posto, quanto da quello che sento in quel momento per provare anche altro. Ho avuto paura di tante cose ma mai di mettermi in gioco, di mettermi alla prova, di amare. La voglia di evasione è il mio modo di vivere, anche la voglia di evadere dalla realtà.

Questo EP rappresenta un primo traguardo nel tuo percorso artistico. In cosa senti di essere cambiata e cosa è rimasto invariato in te dall’inizio della tua carriera nel 2014?

Mi sento cambiata quando penso che prima ero completamente vittima delle mie emozioni. Adesso ho imparato a viverle e ad incanalarle in qualche modo, averne più controllo. Quello che è rimasto invariato, invece, è la mia parte un po’ bambina. Quando canto esce quella parte lì, quella passione che non ho scelto.

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Per due brani, “Il fumo uccide” e “Ore”, hai collaborato per i testi con Mahmood e Franco126. Com’è stato per te condividere il momento della scrittura con altri artisti?

Il pezzo di Franco ha un testo scritto interamente da lui, me l’ha mandato e l’ho fatto un po’ più mio, più che altro a livello musicale. Sono contentissima del fatto che sia un testo di Franco perché lo reputo uno delle migliori penne che abbiamo in Italia. “Il fumo uccide”, invece, lo abbiamo scritto con Ale, insieme, al mare in Sardegna. Alessandro è il mio migliore amico e oltre che essere stato un momento forte, è stato facile aprirmi con lui.

In “Ore”, in cui interpreti il testo di Franco126, sembri ricercare un contatto con te stessa nel silenzio e nell’assenza del prossimo. Qual è il tuo rapporto con la solitudine?

Amo la solitudine e ne sento la mancanza quando non c’è. Durante la giornata devo ritagliarmi dei momenti per avere un contatto stretto con me stessa, è una cosa di cui ho bisogno. La solitudine per me è importante quanto respirare.

Qual è l’ultimo disco di cui ti sei innamorata?

L’ultimo disco di cui mi sono innamorata… ti direi “Oro Blu” di Bresh, mi ha dato la scintilla e, infatti, sono contentissima di aver fatto “Kanye West” con lui.

Dopo la ricerca e l’arrivo a nuovi luoghi dell’arte, siano essi stanze fumose o club, non resta che condividerne la chiave con qualcuno. Per questo, infatti, in “Club blu” possiamo osservare quanto lasciare che gli altri aprano assieme a noi alcune porte, per vedere cosa c’è dietro, ci permetta di riempire e illuminare anche le nostre stanze più buie.

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Camilla Magli “Club Blu” (RCA Numero Uno/Sony Music Italy)