Aria, acqua, terra, e fuoco sono gli elementi vitali che fremono e si scontrano in “Vesuvia” il nuovo album di MEG, che qui fa la parte del quinto elemento madre, quello che lega tutto insieme e lo fa ribollire, e che con la complicità di Frenetik, crea il disco più a “fuoco” della sua carriera.
Un incontro fortuito di elementi, un anima guerriera e la natura che con i suoi cambiamenti ci fa stare in balia. Meg, cresciuta a Torre del Greco (NA) ai piedi del Vesuvio ha assorbito da subito la forza di questa presenza viva ma dormiente, una terra nera ad a un passo dal blu del mare e dei suoi coralli rossi, tra di essi la terra e il cielo.
“Vesuvia” è il nuovo album di MEG e arriva a 7 anni da “Imperfezione” il suo ultimo album in studio intermezzato da “Corona di Spine” la colonna sonora del film documentario “Camorra” di Francesco Patierno.
Complice un dm su Instagram, anzi due a distanza di tre anni… ma Meg il primo non lo visualizza, quindi meglio tardi che mai. I dm sono da parte di Frenetik che esprime il desiderio di lavorare con lei in quanto fan sin dai suoi esordi negli anni ’90, questo fa si che i due s’incontrano e capiscono che ci sono le vibrazioni giuste per far qualcosa insieme.
“Vesuvia” è un album profondamente legato alla natura, trema come un vulcano pronto ad eruttare, e sussurra come il vento spinto dal mare, profuma di terra e di coralli, è un album che ti accoglie e che scatena una danza liberatoria, un rito ancestrale catapultato nel futuro, che va a marcare la costante ricerca sonora di un artista unica in Italia.
Prodotto dalla poliedrica MEG insieme alle preziose collaborazioni di Frenetik, Orang3, Fugazza, Suorcristona, Tommaso Colliva e David Chalmin, l’album è impreziosito dai feat. di Elisa ed Emma (nel brano “AQUILA”), di Altea, Alice, SANO e specchiopaura del collettivo napoletano Thru Collected (in “ARCO E FRECCE”), dall’ hard neomelodic di NZIRIA (in “NAPOLIDE”) e della pianista francese di fama mondiale Katia Labèque (nel brano “SHE’S CALLING ME”).
Abbiamo chiacchierato con MEG di “Vesuvia” in uscita oggi per AsianFake/Sony Music:
Ciao MEG come stai?
Bene, un po’ triste ma è questo periodo settembrino malinconico che segna la fine dell’estate.
La prima domanda che ti faccio è un po’ old school, hai presente quando ascoltavamo i vinili con la cover in mano? Ecco, partiamo dallo scatto di copertina che credo racchiuda tutta la simbologia del disco, mi parli di questa MEG guerriera in questi tempi in cui bisogna combattere?
C’è sempre bisogno di combattere! Eh sì, anche io sono stata a volte attratta da un album prima per la cover, poi per il contenuto, m’incuriosiva e me lo facevo mettere su dall’amico di turno che lavorava al negozio di dischi.
C’è stato un bel lavoro per la cover di “Vesuvia” creata insieme alla bravissima Bianca Peruzzi e Michele Nannini, Bianca ha fatto le foto ed è autrice del concept, poi ci abbiamo lavorato in tre e Michele si è occupato della parte grafica. Questo album aveva bisogno di un contesto e di un habitat, inoltre doveva rispondere alla domanda “Ma chi è questa Vesuvia?”.
Il Vesuvio è stato per me un elemento sempre presente sin dall’infanzia, sono cresciuta a Torre Del Greco che è una città schiacciata tra il vulcano e il mare. Una città di persone che navigano o lavorano il corallo, difatti i Torresi vengon chiamati i “corallini”.
Da casa apri la finestra e a seconda di come affaccia vedi o il mare o il Vesuvio, che è sempre stata per me una presenza incombente nel mio inconscio con tutto quello che un vulcano non spento può rappresentare. Mi sono sempre sentita sia protetta che minacciata, ma le mie radici sono lì, ogni volta che torno a casa e dal finestrino vedo il Vesuvio è come se mi placassi.
Durante la lavorazione del disco è saltato più volte fuori questo titolo perché è un album molto attaccato alle mie radici, e mi piaceva l’idea di creare una sorta di alter ego come se questa Vesuvia ne fosse l’autrice.
Ricordo che raccontavo a Bianca di questo forte senso d’urgenza che c’è nel vesuviano, l’osservatorio che ogni tanto lancia degli allarmi su possibili risvegli. Quindi vivendo in un periodo d’allarme costante per tanti motivi, penso alla Pandemia, alle guerre, all’inflazione, al caro bollette, alle elezioni… (questa intervista è stata rilasciata 2 giorni prima del voto ndg), mi sono chiesta come fosse possibile che questa sensazione di emergenza e di precarietà, nella quale sono cresciuta, mi ha portato poi ad avere sempre fame nel voler realizzare i miei sogni, perché non c’erano sbocchi lavorativi per nessuno.
Mi sono così immaginata questo personaggio che rappresenta la parte più profonda, più istintiva e forte di me. Bianca è fotografa ma anche regista e light designer per i concerti, quindi ha usato questa luce caravaggesca e cinematografica, e mi ha messo in una mano il corallo e nell’altro una freccia.
Ci siamo scambiate molte immagini di dipinti e spesso entrambe sceglievamo quadri in cui era ritratta una donna accanto ad una finestra, da cui si può sbirciare il paesaggio. Quindi ci siamo immaginate questo antro di “Vesuvia” che non si capisce se è in costruzione o in demolizione e dalla finestra si vede il vulcano che Michele il grafico ha creato ispirato a sua volta da un vecchio dipinto.
Ecco come è nato il mondo di “Vesuvia”.
Hai cominciato a lavorare al disco prima della pandemia e lo hai ripreso quando ne siamo usciti, se così si può dire. La pandemia non è stato un momento creativo deduco, come l’hai vissuta?
Il primo anno mi ha schiacciato, mi sono rintanata ed ero spaventata di quello che poteva succedere alla mia famiglia e ai miei genitori. L’angoscia di non potersi vedere… Non pensavo proprio di fare un disco, anzi pensavo alla fine del mondo! Ahahahahah! Ho scritto però, ma quello lo faccio sempre, poi accumulo e magari diventano testi di canzoni. Nelle emergenze le necessità cambiano come per gli animali che vanno in letargo senza sapere perché, è la natura glielo comanda, è una necessità, l’istinto di sopravvivenza.
Il secondo anno invece con l’arrivo dei vaccini mi sono tranquillizzata e ad un tratto è come se il disco avesse preso forma nella mia testa da solo. Anche per questo è nata l’idea dell’alter ego, è come se io mi fossi messa a scrivere, comporre, mettere insieme pensieri, a trarre considerazioni e poi è arrivata Vesuvia che ha detto: “Hey ma qui c’è un disco, prendiamo queste canzoni e facciamole uscire!”.
E’ stata un’eruzione creativa! E’ stato un po’ il capovolgere il caos e la distruzione del vulcano che in “Vesuvia” diventano ordine e creatività è una figura molta feconda come lo è la pietra vulcanica. “Vesuvia” deve far ballare la gente non scappare!
Mi sembra di aver capito che Frenetik ha avuto un ruolo chiave in questo progetto, me ne parli?
Galeotto fu Instagram! E’ questo il modo in cui andrebbe usato, per questo si chiama network. Frenetik mi ha scritto in dm a maggio 2021 ma leggendolo scoprii che mi aveva già scritto tre anni prima! Mi diceva in entrambe i casi, che era un mio grande fan e che avrebbe voluto fare musica con me.
Be che dire, tenace!
Ma Daniele (Frenetik ndg), è soprannominato “goccia cinese” ahahahah è impossibile dirgli di no! Ha un entusiasmo talmente trascinante e contagioso che io adoro, adoro chi ti comunica energia vitale, sono persone fondamentali per me! Così non conoscendolo, vado a curiosare e vedo che ha la spunta blu e che abbiamo molti amici comuni, così gli scrivo e dopo due giorni ci vediamo a Roma.
Tre anni “in the making” ma poi detto e fatto!
Esattamente! Portai appresso il mio computer con una decina di pezzi, e sentendoli si è esaltato da morire. Mi ha detto: “Ti prego proviamo a fare un pezzo insieme e vediamo che succede” poi man mano che ascoltava i pezzi mi chiese se mi sarebbe piaciuto pubblicare con Asian Fake. Quindi sì, è stato fondamentale perché essendo io introversa ha bisogno di una persona entusiasta e proiettata verso l’esterno.
Dopo un periodo di isolamento avevo tremendamente bisogno di un “partner in crime” entusiasta come Frenetik, che mi ha presentato persone fondamentali per “Vesuvia”.
Alcuni pezzi sono co-prodotti con Frenetik, altri con i fratelli Fugazza Francesco e Marco.
Uno dei due noto anche come Suorcristona!
Ah Marco ma li conosci?! Ahahaha! Sono incredibili, poi hanno un papà beatlesiano e io sono una super fan dei Beatles. Abbiamo lavorato insieme a tre pezzi: “PRINCIPE DELLE MIE TENEBRE”, “SOLARE” e “AQUILA” ci siamo divertiti tantissimo tanto che Suorcristona me lo sono portato live alla batteria quest’estate! Mentre Tommaso Colliva, diciamo il terzo produttore lo avevo già contattato di mio perché volevo lavorarci. E poi c’è una pianista di fama mondiale che è Katia Labèque, che insieme alla sorella sono tra le pianiste contemporanee più famose al mondo ed è una mia grande amica.
Come sei arrivata ai Thru Collective che sono feat. in “ARCO E FRECCE”?
Me li ha fatti conoscere Frenetik, mi son piaciuti tantissimo, non sapevo dell’esistenza di questo collettivo a Napoli, una scoperta da nerd snob della musica come piace a me, che come diventano un attimo famosi non li ascolti più! Ahahahah!
In realtà ero così a 14 anni, oggi non lo sono più, ascolto di tutto, ma da ragazzini è giusto essere estremisti vuol dire essere curiosi e non accontentarsi di quello che ti passa la radio. Che per la stragrande parte della persone è la normalità, c’è un atteggiamento passivo nei confronti della musica ed è molto triste. Ma mi auguro che i “ThruCo” diventino famosissimi in tutto il mondo, se lo meritano.
La gente ride quando lo dico ma io compro canzoni si iTunes e mi sono arresa a Spotify da un anno, ma perché vorrei che chi ascolta la mia musica sui servizi streaming poi se la vada a comperare.
Tornando ai “ThruCo” sono dei ragazzi freschissimi tutti intorno ai vent’anni che guardano il mondo con occhi sgranati e affamati ma che allo stesso tempo sono gli occhi dei ragazzi del sud che io conosco bene, sono meravigliati dal mondo ma già sanno tante cose essendo cresciuti in una città come Napoli.
Mi è piaciuta subito la loro freschezza e il loro approccio alla musica perché come me la vivono a 360° non la suddividono in generi e quindi mescolano di tutto, da un pezzo come “Atlante” che ha la ritmica drum’n bass, al pop-punk di “Napoli Undercore, fino a “Cantautoraverz” che è un loro pezzo in cui mi identifico moltissimo già dal titolo.
Li ho contattati su Instagram per collaborare e mi hanno subito risposto di sì, mi hanno ricordato molto me a 20 anni. “ARCO E FRECCE” che è il pezzo a cui abbiamo lavorato insieme ed è il pezzo del disco cn la struttura meno canonica, scritto come un flusso di coscienza che è una cosa che a me piace molto. Poi ognuno di loro ci ha messo il suo mondo quindi è diventato ancora più tripposo, sia come trip che come trippa! Tanta roba! Ti consiglio di andare ad una delle loro feste!
Nell’album spazi da una collaborazione di nicchia come questa con i Thru Collective a quella con due capisaldi del pop italiano: Emma e Elisa. Come mai hai pensato proprio loro per “AQUILA”?
Anche questa scelta mi rispecchia, io ho avuto brani in classifica ma resto una figura underground. Quando ho scritto “AQUILA” che è un pezzo che parla di sorellanza, delle amiche che ti supportano e che t’ispirano. Tutte le mie migliori amiche possiedono caratteristiche che io vorrei avere, è un lato al quale cerco sempre di ispirarmi perché mi arricchisce e mi rende più forte, anche perché sono persone che sono in grado di sollevarmi dal baratro quando ne ho bisogno.
Ho proposta ad Emma e Elisa questa collaborazione, che hanno accettato con mia grande gratitudine, e così ci siam trovate in questo triangolo esattamente come lo immaginavo, tre streghe buone che s’incontrano davanti al fuoco del vulcano e nella notte guardano le stelle, danzano davanti al fuoco, fanno un rito solenne per omaggiare la natura.
Siamo tre donne molto diverse e loro stesse sono agli antipodi, Emma è una roccia, quindi è la terra mentre Elisa ha un modo di cantare etereo, quasi liquido, è aria. Mi piaceva l’idea di rievocare questi elementi nella canzone insieme a delle amiche che hanno come dicevo prima, delle qualità che tu non hai ma che insieme si completano. Questo album è frutto di incontri bellissimi, è nato e si è sviluppato in un modo molto fluido.
Il primo pezzo che hai fatto uscire è stato “Non ti nascondere” che vedo come un inno alla comunità LGBT+ – che ti ha sempre sostenuto – per mostrarsi per ciò che si è senza paura, è così?
Wow. Vedi quando scrivo lo faccio sempre e solo per me, per una mia esigenza personale, ma quando qualcun ascolta i miei pezzi e mi dice: “stavo passando un brutto periodo ma con questo pezzo mi hai tirato su” oppure, “volevo nascondermi per una serie di motivi miei ma poi ho sentito il tuo pezzo e mi son detto: ma vaffanculo!” Ecco questo è il motivo per cui scrivo canzoni, perché non c’è gratificazione migliore.
Quando mi arrivano questi messaggi mi sento soddisfatta perché vuol die che ho fatto bene il mio lavoro, perché questo è quel che so fare nella vita e puntualmente mi commuovo. Se non possiamo essere d’aiuto a qualcuno in questo momento storico così buio e difficile, in cui siamo tutti sulla stessa cavolo di barca, ma che cavolo esistiamo a fare?
Quindi dai diritti LGBTQ+ che ci son stati privati, all’emergenza climatica, alla guerra in Ucraina, alle donne che si strappano il velo in Iran in protesta ad una ragazza di 22 anni uccisa dalla polizia, storia che mi ha devastato dentro, se ognuno di noi può fare qualcosa anche di piccolo questo è il momento giusto per farlo e liberare tutto il brutto che ci circonda.
Da ragazzina ho molto sofferto per il mio sentirmi diversa, sono cresciuta nel vesuviano in una provincia molto difficile e complessa per tanti motivi. Le cose ora sono un po’ cambiate ovunque ma al sud in generale non devi avere paura di mostrarti per quello che eri se no arrivavano fendenti non richiesti da parte di tutti.
Quindi era un continuo doversi nascondere, ma poi grazie alla musica e ai gruppi che ascoltavo e che avevano sempre qualcosa da dire, t’incoraggiavano a prendere una posizione, quindi già da adolescente ho sviluppato la caparbietà di uscire allo scoperto per quello che ero nonostante i commenti che arrivavano a pioggia.
Ci vuole sempre coraggio per difenderci e quando non l’abbiamo possiamo trovarlo anche in una canzone! Chiudo questa chiacchierata fiume con la domanda che faccio sempre: Qual è l’ultimo album di cui ti sei innamorata?
“Liberato II” di Liberato che ho ascoltato tutta l’estate a manetta! Prima mi hai fatto un complimentone quando hai definito “Vesuvia” un album perché siamo di quella generazione che era abituata ad ascoltarsi il disco per intero non per singole canzoni. Ecco quello di Liberato è un album e mi ha fatto compagnia a seconda del mood, per strada, in treno dove ascolto tantissima musica tra cui “ANNA”, “NUN CE PENZÀ” o “NUNNEOVER”.
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