Volpe: canzoni libere e curiose

Volpe con “Apocalissi Tascabili” mette in atto una via di fuga scritta ai tempi del lockdown, tra cantautorato, pop ed elettronica. Uno sfogo sincero che vi farà evadere anche se liberi dalle restrizioni.

Nicola Gaddi è un cantautore toscano della Garfagnana, che nel 2016 forma il progetto Volpe. Nel suo cammino incontra il chitarrista e tastierista Lorenzo Bertoni e il Producer Valentino Monti, da qui le doti di ciascuno si contaminano a vicenda andando a creare uno spazio che si muove tra acustico, indie ed elettronica.

Nicola è un’artista curioso come l’animale che da il nome al progetto, onnivoro di musica, moda, arte e di qualsiasi cosa attragga la sua attenzione, per questo “Apocalissi Tascabili”, è un album variegato che spazia tra gli stili e in grado di sorprendere, ma che resta coeso nei sentimenti.

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Ciao Nicola, raccontaci come ti sei avvicinato alla musica, “Apocalissi Tascabili” è il secondo album dei Volpe, prima c’è “Fuori dalla Tana” del 2018 quindi di gavetta ne hai fatta…

Vengo da una famiglia che non ha un’attitudine artistica, quindi il fatto che ci fosse un musicista in casa era sì anche un vanto, perché la musica è una forma d’arte, ma non sussisteva il fatto che questa mia passione potesse diventare un lavoro. Fin che a 22 anni mi hanno presentato Giacomo Loré del G.L.ab Studio che è diventato il nostro produttore, spalla e fonico. “Fuori dalla Tana” è un album da cameretta auto prodotto, poi Giacomo ci ha instradato per tutto il percorso sino ad “Apocalissi Tascabili” che è uscito lo scorso ottobre.

Consideri “Apocalissi Tascabili” il concept album di Volpe?

Sì perché fotografa un momento preciso, questo album è nato prima della pandemia e durante è stato stravolto più volte sino ad ottenere la forma attuale. E’ stato un dibattito sofferto quello di rimettere mano ai brani, ma ora sono molto contento che quel giorno piovoso di aprile mi misi a rimaneggiare “Celabbiamofatta” la canzone che più rappresenta quel periodo e che poi visto il risultato mi ha fatto rimettere in discussione tutto.

E’ un album sull’immobilismo, a partire dallo scatto di copertina dove c’è questa porta in uno spazio aperto che non riuscivo ad attraversare, potevo girarci intorno ma non attraverso, ero bloccato nello scoprire cosa ci stava dietro.

Quindi è il racconto degli ultimi due anni, che comincia con “Celabbiamofatta” e arriva ad una pacifica risoluzione con me stesso in “Ulisse” che è il brano che lo chiude e che originariamente prendeva spunto dalla poesia di Mariangela Gualtieri “Si può, sai, stando qui”.

Una cosa che ti piace fare nelle canzoni è giocare con la voce, che distorci ed effetti, chi ti ha ispirato?

Per citare degli italiani nel 2022 i Post Nebbia hanno fatto un lavoro bellissimo sulla produzione in cui ci sono tanti effetti giocati bene, nel senso che non annoiano mai l’ascoltatore sulla parte vocale. Anche Ginevra ha fatto un lavoro alla voce e alla produzione pazzesca.

E poi a livello internazionale tutta la scena hyper-pop che sta uscendo tantissimo, adoro Charli XCX o il nightcore di A.G.Cook, un mondo che si rifà a suoni inesplorati quasi alieni.

Giocare sulla voce per me è fondamentale, bisogna saper mettere nel brano quello che si ha in testa.

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Come nasce il video di “Panico” nato dalla collaborazione dell’archivio di moda maschile vintage TheCube?

Intanto di dico che tutti i partecipanti sono amici, persone ingaggiate per strada o su Instagram, una volta selezionate le facce, devo dire che sono stati tutti perfetti e calati nella parte anche più di me. Eravamo in una villa storica in Garfagnana, quindi mi sono fatto da me tutte le scenografie del video e per far star bene tutti questi ospiti ho fatto anche il cameriere per loro!

I ragazzi di TheCube si sono messi in discussione perché non avevano mai fatto un video con così tante persone coinvolte, hanno dovuto caratterizzare tutti compreso “sacchetto boy” che è un personaggio che ricorre nei nostri video.

Poi io amo tutto quello che è inquietante e surreale, e questo video un po’ creepy mi piace tantissimo. Avendo tanti personaggi abbiamo potuto creare molte storie e ci siam divertiti come i pazzi a creare le gemelle, i punk, gli investigatori, spero continui ad avere il responso che sta ottenendo.

Abbiamo attirato anche l’attenzione di VEVO, e tutti ora sono gasati per fare un nuovo video, vedremo… per ora vorremmo giocare dal punto di vista dell’immagine dei Volpe, con luci e colori laccati alla Guy Bourdin.

Si vede che sei molto curioso, parli di moda, di fotografia, di musica, sei sempre stato così onnivoro?

Si, io penso che quando vedi una cosa bella non puoi stare indifferente, poi si parla dell’essere bigotti e conservatori, ma io penso che tutto deve essere naturale, penso anche a cantanti portavoce della scena queer e che usano questo loro essere come unica bandiera, quando dovrebbe essere la normalità. Quello che voglio dire è che quando vediamo una cosa che ci affascina dovrebbe essere naturale lasciarsi trasportare ed accoglierla. Qualsiasi essa sia.

L’ultimo album di cui ti sei innamorato?

Potrei fare il piacione e dirty “Pang” di Caroline Polacheck ma te ne cito altri due, uno che mi ha stupito a livello tecnico che è “Galore” di Oklou e tra i maschietti invece “Red Hearse” dei Red Hearse che è un progetto parallelo del produttore Jack Antonoff.

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