Filip Adrian con le sue illustrazioni crea un elogio dell’ironia e del camp. È il cinismo di Filip che è assordantemente attraente. Nei suoi disegni si percepisce una rivoluzione silenziosa, basata sull’impulso che da sempre lo ha accompagnato a creare e a disegnare ciò che vede e ciò che sogna.
Questi suoi disegni danno un tono diverso a questo nuovo ramo dell’illustrazione contemporanea, unendo l’umorismo oscuro, l’autoriflessione e la bombardante onnipresenza della cultura pop, dei manga e del camp. Filip riesce a creare delle conversazioni figurative a dir poco stridenti, dove si può vedere l’innocenza adolescenziale contaminata dalla mancanza di pruderie, che fa coppia con l’età adulta, ma che è anche enormemente liberatorio.
È naturale così che si manifesti nei sui disegni il suo amore per l’arte, che deriva dai cartoni animati (Sailor Moon in primis), dalle anime e dalla cultura pop con cui è cresciuto. Il talento di Filip Adrian si rivela chiaramente in ciascuno dei suoi disegni, che è unico nel suo genere e ci porta in un fantastico universo di gomme da masticare rosa al gusto di fragola e veleno verde, con un pizzico di sex appeal queer e camp che ci piace da impazzire… Potere del cristallo di luna, vieni a me!
Quando è nata la tua passione per l’illustrazione?
Mi è sempre piaciuto fare scarabocchi, dipingere, le matite che diventavano acquerello con lo sputo, i pastelli a cera… Al liceo passavo molto tempo su internet perché vivevo in un posto sperduto nella campagna toscana e non avevo amici. Così mi sono fatto una cultura visuale e ho capito che anche gli scarabocchi avevano un loro certo potere e non ho più smesso.
Trovo i tuoi disegni assolutamente divertenti, quando ho iniziato a vederli sono impazzito! Quanto è importante l’ironia in quello che disegni?
Quando uso l’ironia posso raccontare qualsiasi cosa, anche la più oscura, traumatica o inquietante, senza pesantezza e senza creare un certo senso di estraniazione. Se non usassi l’ironia, anche se a volte è più qualcosa che viene da me ed è per me soltanto, non saprei comunicare.
Quand’è disegnando che ti accorgi che hai avuto una buona idea?
Di solito penso prima di disegnare e dopo, non nel mentre. Disegno una serie di visioni, come se fossero fermi immagine di un treno di pensieri. Poi metto via tutto, mi metto a fare altro, così posso rivedere tutto con occhi freschi. Spesso ho delle idee molto brutte.
Cosa speri che le persone possano provare guardando le tue illustrazioni?
Vorrei che si sentissero come quando si reagisce via messaggio/commento con un “LMAO HAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAH ROTFL LOL LOL IO MORTAAA LOLOLOLOL!” con la faccia completamente inespressiva e senza aver neanche pensato di sbilanciarsi abbastanza da sorridere.
Tutto ciò che è artistico e che fa riflettere allo stesso tempo è una forma di espressione ma al contempo anche di ribellione. Cosa ne pensi a riguardo?
La ribellione è molto punk, ma è un po’ meno punk quando vivi nell’agio, nel privilegio e non devi più chiedere a mamma se puoi uscire la sera. A me piace pensare che sia più come prendere qualcuno per mano, in maniera consenziente, e mostrargli qualcosa di non necessariamente nuovo, ma da un punto di vista diverso.
Che rapporto hai coi social media?
Ho passato montagne di tempo sui social media e poi ho un po’ smesso. Mi piace restare aggiornato su cosa fanno le mie amicizie, anche se io non condivido quasi mai niente di personale. Ho smesso di mostrare la mia vita perché preferisco mantenere un po’ di mistero.
Vedere la mia faccia mi stanca molto, e mi stancano un po’ le facce degli altri, però poi mi piacciono i capezzoli, i polpacci, le borse, i capelli, le case, le scarpe, i culi, i costumi, le vacanze degli altri…
Faccio un sacco di screenshot e poi, dopo averli lasciati in qualche cartella a maturare, magari finisce che li disegno. A volte vorrei avere la spensieratezza e la mancanza di autocoscienza, che in fin dei conti sono una benedizione, delle persone che osservo sui social.
La maggior parte degli artisti che intervisto li scopro sui IG però allo stesso tempo credo che abbia fatto dimenticare alle persone come stare davvero insieme in un modo puro. Che ne pensi?
Mi mancano i tempi in cui quando entravo in una stanza e non avevo mai visto prima la maggior parte delle persone e quando ci presentavamo, potevo inventare nomi e persone nuove per intrattenermi ed intrattenere. E mi mancano anche i tempi in cui se non ci vedevamo nella vita vera, potevo solo immaginare dove fossero tutti e cosa stessero facendo. Mi mancano i viaggi fatti con la testa, immaginando cosa stesse succedendo in città, nella nazione, nel continente, nel mondo…
Come descriveresti i tuoi disegni?
Infantili, tittillanti, inquietanti. A volte faccio degli incubi che mi svegliano all’improvviso, ma quando li ripenso quasi mi fanno ridere: è lo stesso processo che uso per pensare a come costruire un’immagine.
Mi accennavi tempo fa alla realizzazione di un fumetto me ne vuoi parlare?
Sto lavorando a due fumetti e un romanzo. Il fumetto di cui ti parlavo è un po’ un progetto segreto. Certo, tecnicamente ne ho parlato persino alle cassiere de Il Gigante sotto casa, alla signora che mi fa il laser alle spalle, e al portinaio dell’edificio in cui lavoro; quindi non posso assolutamente parlarne. Per quanto riguarda l’altro, i miei temi sono spesso gli stessi: nostalgia dell’infanzia, stupidità, un prurito verso il paranormale, imparare sbagliando etc. In questo caso si tratta di una ricerca del benessere provando, in totale stupidità, rimedi non convenzionali e destinati al fallimento. Tipo i sassi carini che non voglio definire con il nome più utilizzato per non attirare odio e rancori.
Se tu avessi un bumper sticker sulla tua bicicletta quale sarebbe?
Premetto che non ne ho uno perché vorrei che la mia bicicletta non fosse riconoscibile, tipo quando la lascio parcheggiata nei posti loschi (il centro commerciale) o quelli sconvenienti (l’ufficio). Per questo scopo avere una grande cassetta colorata sul porta pacchi non mi aiuta. Comunque, se dovessi scegliere un bumper sticker, direi BIMBA A BORDO perché il rosa è il mio colore preferito.
Sei mai scappato di casa da bambino?
Non sono mai scappato di casa perché comunque uscivo da solo tutto il tempo, passavo i giorni fuori e tornavo solo se avevo fame o se tornavano a casa tutti gli altri. Invece, mi piaceva scappare nei posti.
Per esempio mia mamma mi portava a Firenze o Roma o Palermo, e quando tutto diventava troppo noioso e lei si distraeva, mi giravo e scappavo di corsa nella direzione opposta.
Era una cosa di alta magia svanire nel nulla. Quando poi mi annoiavo di nuovo o avevo paura, tornavo indietro a cercarla. Se ci penso è sorprendente che nessuno mi abbia rapito. Probabilmente ero troppo fastidioso per venire rapito. Chissà.
Credi nel karma? È mai tornato indietro qualcosa a ricordarti di qualcosa di cattivo che avevi fatto?
Non mi piace chiamarlo karma, però credo che le cose brutte capitino spesso alle persone brutte. Ho fatto un sacco di cose cattive agli altri, ma mi sono anche fatto da solo un sacco di cose cattive, quindi immagino di aver pareggiato.
Se questo sistema non funzionasse e le cose dovessero essermi davvero tornate indietro, adesso dovrei avere tipo le peggiori malattie incurabili, avere la testa che ruota di 180 gradi e vomitare scarafaggi volanti. Chic!
È anche vero che ho un versamento mensile automatico a Telethon ed ai senza tetto carini una banconota di piccolo taglio la passo volentieri. Non voglio fare della matematica perché i numeri sono per i nerd, ma forse tutto ha senso.
Qual’è il primo pensiero che hai quando ti svegli alla mattina?
E anche oggi non sono morto nel sonno 🙁
Subito dopo controllo se è già il momento di iscriversi ad un prossimo corso di acquagym: è una mia nuova ossessione e se non sono veloce abbastanza con le prenotazioni, poi finisco in lista d’attesa e mi scoraggio. L’acquagym è il secondo, ma a volte primo, pensiero che ho quando mi sveglio.
Preferisci una girl band o una boy band?
Vorrei tanto dire una boy band, ma i tipi nelle boy band che mi vengono i mente non sono mai fighi (o se uno è un po’ figo, gli altri 3 o 4 sembrano Mrs. Doubtfire o dei carlini con la messa in piega), mentre le girl band sono iconiche! Che stile, ragazze! Quando avevo 7 anni non pensavo ad altro che alle Spice Girls e alle guerriere Sailor, la girl band più iconica di tutte.
Chi è la tua più grande influenza?
Più che un’unica influenza, ho una specie di monte Olimpo personale in testa con sulla punta una cattedrale politeista piena di altari dedicati a: Sailor Moon, Courtney Love, Isabella Santacroce, Miranda July, Tea Hacic-Vlahovic, Sam Raimi, le Superchicce, Antonio Ligabue, Nathalie Djurberg, Chiara Fumai, Peter Berlin, stagioni intere di Ru Paul’s Drag Race, Ari Aster, Francois Sagat, Hello Kitty, Lana Del Rey, J.T. Leroy, e tanti altri, ma non voglio dilungarmi troppo. Mi distraggo troppo facilmente per farmi influenzare da una cosa soltanto.
Cosa ti imbarazza maggiormente?
Nulla è imbarazzante se non ti senti in imbarazzo, ma quando mi trovo nel posto sbagliato nel momento sbagliato a fare dello small talk, vorrei che si aprisse una voragine nella quale sparire tra fiamme danzanti, demoni con tridenti e cascate di lava. E poi la mia faccia, quella mi imbarazza più di ogni altra cosa.