Per festeggiare il pride month, Amazon prime video punta su LOVE CLUB, una serie italiana in quattro episodi ambientata in un’immaginaria periferia milanese, che assomiglia a molti non luoghi in cerca di identità.
Qui si sfiorano le vite di Rose, Thimoty, Zhang e quella di Luz, proprietaria del LOVE CLUB, appunto, locale votato ad ospitare e intrattenere la comunità queer e che,per ragioni economiche, rischia di chiudere.
Durante l’anteprima al Piccolo Teatro di Milano abbiamo incontrato Bex Gunther, Denise Santoro e Silvia Di Gregorio, le tre autrici della serie, il regista Mario Piredda, e l’esordiente Alessio Lu, che interpreta Zhang, un ragazzo cinese, mago del marketing, che sogna di esibirsi per la prima volta come drag queen ma deve difendersi da un fidanzato violento.
Lavorare con attori emergenti quali scenari registici ti ha permesso di esplorare?
Mario Piredda: Non è la prima volta che mi capita di lavorare con attori attrici che non sono mai stati davanti a una macchina da presa. Ho sempre mischiato attori professionisti e non professionisti. Fin da subito abbiamo deciso di aprire il cast anche per i ruoli principali. Credo sia più divertente riuscire a lavorare con persone come Alessio perché riescono a restituire davanti alla camera un vissuto autentico che invece gli attori professionisti devono costruire.
Due scene di sesso, di cui una con nudo integrale, nei primi sei minuti del primo episodio non sono una consuetudine. È una dichiarazione di intenti?
Denise Santoro: è stata assolutamente una scelta voluta. Sentivamo che mancava autenticità.
Bex Gunther: Assolutamente! Come donna lesbica mi sono resa conto che è spesso sbagliato il modo in cui viene rappresentato il sesso lesbico in TV. Amazon Prime Video ci ha chiesto di raccontare le nostre vite e noi siamo persone che fanno sesso, quindi abbiamo scritto queste scene di sesso con molta cura, e poi sul set gli “intimacy coordinators” hanno fatto il loro magia.
Le donne vengono raccontate come molto consapevoli del loro desiderio sessuale e questo, nel terzo episodio, si scontra frontalmente con il tema del consenso. C’è una volontà di educare i giovani maschi dietro a quella scena?
Silvia Di Gregorio: Secondo me è molto importante parlare di consenso e soprattutto vedere delle scene reali e autentiche, perché queste sono situazioni che sono capitate tante volte alle ragazze. Volevamo “educare” in qualche modo, far capire come ci si può approcciare anche nel sesso eterosessuale, come nell’episodio di Rose. Non volevamo parlare solo del nostro mondo queer, ma più in generale di quello che sono i corpi e le relazioni.
Bex Gunther: è importante guardare quella scena dal punto di vista di Rose, e a come lei impara ad affrontare quella situazione che a tutte e tutti potrebbe capitare.
Denise Santoro: Ed è importante anche saper dire no. Non c’è niente di male nel dire di no.
Non si parla mai di app di incontri. Scelta narrativa o le app sono ormai una boomerata?
Bex Gunther: Nooo! (ride) Non penso che siano una boomerata! Noi (riferendosi a Denise Santoro) ci siamo conosciute su Tinder e sono otto anni che siamo sposate, quindi ha funzionato! Magari siamo davvero Boomer, non so! Comunque nella scaletta c’era il tema delle app di incontri ma poi rivedendo le storie abbiamo capito che conveniva focalizzarci su altri temi.
Cosa differenzia LOVE CLUB dalle altre serie e film a tematica lgbtq+ italiane?
Silvia Di Gregorio: Sicuramente il range di età. Qui parliamo di Young Adults quindi siamo lontani da temi più adolescenziale, come ad esempio il coming out. Abbiamo lavorato su conflitti più adulti.
Denise Santoro: io credo che si differenzia anche nel fatto che è una serie scritta da un persone e recitata da persone che fanno parte della comunità LGBTQ+ e credo che questo sia quello che ci differenzia un po’ dagli altri. Quello che abbiamo raccontato nel 90% dei casi lo hanno già vissuto.
L’episodio di Zhang è quello formalmente e visivamente più cinematografico o sbaglio?
Mario Piredda:Sono convinto che ogni storia abbia bisogno di un certo tipo di regia. Leggendo la storia di Zhang mi sono accorto che era molto vicina al mio mondo quindi ho optato per una regia un po’ più classica, con inquadrature più statiche, con una maggiore ricerca del quadro e su altri episodi invece ho scelto di andare in un’altra direzione.
Alessio, la tua interpretazione di Zhang è davvero delicata e in solo 30 min vediamo una grande crescita del personaggio. Quanto di Alessio c’è in Zhang?
Alessio Lu: Il mio è stato un vissuto molto diverso ma su un piano parallelo, la storia è stata molto simile. L’esordio sul set l’ho vissuta quasi come se fosse un percorso di coming out, io scoprivo di essere un attore come Zhang scopriva di essere una drag. Sentivo di vivere le sue stesse emozioni. Lui ha visto il suo primo spettacolo drag esattamente come io ho visto per la prima volta il set di una serie. L’aspetto legato più a un’identità e alla paura di essere quell’identita, è qualcosa che ho vissuto fin da piccolo. Mi sono sempre sentito non identificato come se non ci fosse nessuno come me. Le emozioni che vissuto durante l’adolescenza sono molto simili a quelle che ha vissuto Zhang sul palco e tutto questo è sicuramente stato a servizio del personaggio.
Perché una serie da 4 episodi da 30 minuti e non un film da 2 ore?
Silvia Di Gregorio: Perche una narrazione verticale ci permetteva di raccontare le varie storie più approfonditamente e perchè c’è ancora moltissimo da raccontare!
Bex Gunther: Perché il sequel di Love Club come film non lo vorrei mai vedere! Invece la seconda stagione di Love Club la vorrei vedere moltissimo!
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