La Milano Fashion week (end) vista da Toh! Magazine

Sempre meno sfilate in calendario, sempre più eventi cheap: la Milano Fashion Week dedicata alla SS24 uomo è finita senza che nessuno si accorgesse che fosse iniziata.

I tassisti di Milano sanno sempre tutto quello che succede in città perchè così possono organizzare il loro lavoro al meglio. Capita però che anche ai più preparati di tutti sfugga di mente che dal 16 al 20 giugno a Milano c’è la Fashion Week maschile per l’estate 2024.

In effetti con due sfilate in croce, quattro eventi in giro per la seconda cerchia dei Bastioni può capitare che ti passi di mente.

Noi di Toh! Magazine qualcosa l’abbiamo vista e quello che leggerete di sotto è la somma di quello che ci è rimasto in qualche modo impresso.

Tutto inizia con PierPaolo Piccioli che (ri)porta la sua Valentino all’Università Statale di Milano (Valentino Garavani ha allestito la sua prima collezione di moda uomo nel 1985) e lo fa chiedendosi: cosa vuol dire essere uomini oggi? Bella domanda, che personalmente trovo non abbia necessariamente bisogno di una risposta ma a guardar bene la collezione capisci che questo è un momento per ridefinire un’identità maschile, per riesaminare il significato di mascolinità per scoprire una prospettiva nuova, moderna.

La collezione Valentino The Narratives ne riconsidera la definizione per il presente – la vita degli uomini, la vita dei loro vestiti, la realtà della mascolinità oggi.
Il cambiamento culturale e sociale rivaluta il nostro concetto di maschile, e gli indumenti che lo vestono.

Oggi l’uomo di Piccioli per Valentino porta i blazer e i cappotti sartoriali con shorts corti, addolciti e resi più casual, i classici capi per il lavoro, le uniformi della virilità che ci sono
familiari, sono trattati con delicatezza, mentre le forme di tutta la collezione evolvono in modo sottile, quasi impercettibilmente modificate nelle parti, per trasformare il tutto.
C’è vita nei capi di abbigliamento, vita nei tessuti, fiori come simboli della vita stessa, la transitorietà che diventa permanenza.
Non si può sfuggire alla storia, che influisce sul presente, determina il futuro. Questa collezione, tuttavia, propone e reagisce a una rivalutazione contemporanea della storia – al contempo rimettendo in discussione e costituendo un dialogo ininterrotto su che cosa definisce un uomo oggi.

Da DSquered2 non si finisce mai di toccare il fondo nonostante i due gemelli abbiano pensato di portare in passerella un best of dei loro anni migliori (mi sto ancora chiedendo quali siano stati gli anni migliori per DSquared2).

L’idea mi è parsa quella di uno spring break passato a casa dello zio (Rocco Siffredi) impegnato a girare un porno mentre gli altri ospiti si divertono a guardare.. Ecco io non mi sono divertito perchè penso che i cliché non facciano divertire nessuno.

Magliano, beh che dire follettini e follettine.. noi abbiamo sempre creduto nel suo lavoro, nella sua idea di moda progressista, nel suo essere fintamente fuori dai giri, ci piace dal 2018, anno in cui nasce il brand e improvvisamente dopo anni di piattume e pattume arriva da Bologna a Milano uno che ha davvero talento (non soltanto sotto le coperte) e che con la sua idea di moda può arrivare lontano.

Per la collezione SS24, la prima dopo il successo all’Lvmh Prize, Magliano si concede la prima passarella vera e propria, come mai era successo nella storia del brand.

Così il Palazzo del Ghiaccio si trasforma nel Palamagliano dove sfilano bomber, pantaloni, tute da lavoro e giacche antivento, che si trasformano in pezzi di una couture povera e umile, dove la funzionalità è il più grande elemento di preziosità.

Ma c’è di più: arrivano in passerella capi-amuleto con parole che sono preghiere e ringraziamenti, a cui si aggiungono le catene e gli orecchini fatti di monete e di gettoni telefonici, tenuti vicino al cuore per scongiurare la povertà, come faceva Alda Merini, musa ispiratrice per questa stagione del lavoro di Luca Magliano.

Ci sono anche le maglie e le borse realizzate in tessuto che mostrano la scritta Magliano srl, da non interpretare come un esempio di logomania, ma – in linea con la storia e l’identità progressista del brand – come una celebrazione dell’azienda e in particolare di Bologna, la città che la ospita, oltre che delle persone che ci lavorano.

Mi sono preso un paio di giorni prima di scrivere qualcosa riguardo la SS24 di Prada, ho rivisto più volte la sfilata e oltre all’effetto sorpresa dello slime che colava dal soffitto non ho trovato niente della magia che questo brand regala(va) ogni stagione.

Da quando Raf Simons fiancheggia la Signora ho come la sensazione che Miuccia abbia le mani legate e che Raf stia combinando solo casini, a partire dalla scelta musicale che stagione dopo stagione diventa sempre più banale.

Tornando alla collezione, a sto giro Maria Bianchi e Raffaele Simone si soffermano sulla libertà assoluta del corpo espressa attraverso le fondamenta degli abiti che lo vestono che tradotto vuol dire camicie dalle spalle larghe che si stringono in vita accoppiate a giacche da pescatore o reporter o da chi ha bisogno di un milione di tasche, borse brutte, scarpe lucide. Insomma un esercizio di stile secondo me poco riuscito.

JW Anderson per la ss24 porta in scena una collezione apparentemente semplice ma che in verità è colma di dettagli e riferimenti complessi, bellissimi, colti.

Il Designer, uno dei più cool degli ultimi 15 anni, mixa l’iconografia brit con lo spirito milanese riuscendo nell’obiettivo di creare una community dove ognuno è libero di essere se stesso.

In passerella i classici del guardaroba diventano pezzi speciali: i bermuda sono costruiti con un unico pannello di tessuto che gira intorno ai fianchi all’interno del quale sono inseriti i pantaloncini, la camicia oxford azzurra (ma anche a righe) che abbonda di tessuto sul davanti come fosse un mega volant oppure è tagliata sotto il petto. Grande attenzione sulla maglieria (vero asso nella manica di Jonathan). Unica nota storta: non ho visto accessori pronti a replicare (o superare) il successo della borsa piccione.

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