Tra i protagonisti di XFactor 22, grazie a un mix sapiente tra tradizione napoletana cantata in dialetto ed elettronica dalle atmosfere UK, DADA’ catturò l’attenzione dei più attenti.
Domani esce “Mammarella” (Doner music), il primo ep di DADA’, un progetto che va a completarsi a seguito della decisione di pubblicarlo traccia dopo traccia settimana dopo settimana, cominciata con il singolo “Verde Mìn” e giunto sino a “Leonida”.
Mescolando leggende napoletane e vita vera, “Mammarella” è un album che fa parte di un percorso personale, è un lavoro viscerale e acceso come il Vesuvio sotto il quale è stato scritto; erutta attraverso le sue canzoni e racconta le sua verità tramite i “racconti” che le introducono.
Abbiamo chiacchierato di cose e creature con Gaia Eleonora Cipollaro, in arte DADÀ:
Ciao DADA’, come stai?
Bene! Alle prese con il tour e la chiusura di questo primo EP della mia vita, ed entrambe le dimensioni stanno ricevendo una meravigliosa accoglienza; ne sono molto felice.
Come mai hai deciso di pubblicare il tuo primo ep un brano alla volta settimana dopo settimana?
Non mi andava di sciupare un lavoro, che ho levigato con cura, in un sol boccone; non mi sentivo sicura né soddisfatta all’idea di vivere un’esperienza spot. Avendo scoperto nel personale l’importanza e il piacere della gradualità, ho voluto dilatare l’atmosfera anche con questa uscita discografica, nel tentativo di creare un microclima creativo attento e di scambio profondo. Siamo all’ultima traccia dell’EP e sembra che le persone si siano affezionate al venerdì e ai vari episodi, fermandosi con me ad assaporare. Bello.
Chi è Mammarella? Mi spieghi la simbologia della cover in cui tu appari come un pulcinella smascherato e in dolce attesa?
Pulcinella è la maschera per eccellenza napoletana, simbolo di Napoli nel mondo e di conseguenza del mondo a Napoli, perché è custode di tante dualità, che generalmente vengono considerate opposti, ma in realtà per me sono sfumature integrabili di un unicum, che può farle convivere in sé ed esprimerle entrambe: buono-cattivo, gioioso-triste, maschio-femmina, maschera-persona ecc. Ho voluto estremizzare queste ambiguità con Pulcinella in gravidanza per inscenare una gravidanza di possibilità, una poetica in continuo divenire e perché mi sento un po’ mammina delle mie cose, poiché me ne prendo cura in un altro modo; difatti “MAMMARELLA” significa piccola mammina, ma anche una varietà di carciofo che cresce ad Acerra, città di Pulcinella, appunto. Il carciofo va mangiato sfogliandolo foglia dopo foglia, per arrivare al cuore e soprattutto mangiando solo quello che serve…così un po’ nel mio percorso negli ultimi 3 anni.
Ciascun brano dell’EP è cantato in dialetto napoletano ma è preceduto da un intro spoken word in italiano. Cosa ti ha spinto verso questa scelta?
Semplicemente perché sono bilingue dalla nascita, parlo napoletano e italiano e usufruisco di entrambe le lingue per esprimermi. Per me il napoletano è lingua del cuore, ma anche del teatro interiore che sto cercando di tirare fuori; le introduzioni le ho fatte in italiano perché così mi è venuto di farle, e forse perché avevo bisogno di guardare a questi sei micromondi con un atteggiamento più razionale per poter spiegare al pubblico cosa avrebbero visto in termini di struttura discografica, ma non perché il napoletano non si capisce, anzi, ma perché avevo bisogno di dirlo in quel modo là. Se un giorno imparerò il francese e sentirò di volere dire una cosa in francese, lo farò.
Mi parli dell’ospedale delle bambole di “Cose ‘e Criature”, che è meraviglioso?
È un luogo molto bello, incantato, storico e culturale; attivo da generazioni, è un luogo sorridente e libero in cui artigiani della stessa famiglia hanno messo e mettono le mani di continuo e con positività dove forse spesso noi abbiamo paura di far ritorno: nell’infanzia, nei ricordi, nella morbidezza di due mondi…quello dei bambini, dei giocattoli e quello della raffinatissima arte dell’artigianato.
Tiziana Grassi oggi porta avanti nel suo meraviglioso modo l’ospedale, è una donna accogliente è severamente dolce. Protegge come una leonessa quel luogo, anche da occhi superficiali; sa bene che per animare un ricordo serve la curiosità e la voglia di arrivare fino alle viscere delle cose.
Per il mio brano che parla di litigi tra bimbi e zie che richiamano all’ordine è stato perfetto vestirmi da bambolina e calarmi in un mondo su misura per le mie emozioni e per quello che stavo raccontando.
L’album parte con un parlato molto personale legato alle tue esperienze con l’ansia, è stato terapeutico per te scriverlo?
Per me l’arte è tante cose e tutte insieme: arte per l’arte, arte per necessità, arte per inclinazione, arte per edonismo ecc; per quanto trovi l’arte anche una megadisciplina catartica, sicuramente per me è stata fondamentale la terapia e il mio coraggio di fare e vedere determinate cose. Lavorare su questo primo EP mi ha poi allargato questa sensazione di recupero e di benessere, di vivere.
Chi è Leonilda?
Leonilda era una signora che viveva di fronte al basso della mia bisnonna. Un cuore semplice e buono del popolo. Ne ho romanzato le verità, portando tutto sul piano della verosimiglianza e creando questo brano-racconto in cui una capera, spazzolando e intrecciando capelli, sussurra pettegolezzi e segreti di un quartiere intero.
Nelle tue canzoni c’è una duplicità tra tradizione e innovazione, ma anche tra vita privata e romanzata: come hai trovato questo equilibrio che fa stare in piedi tutto?
È un equilibrio mio, da sempre, anche nel personale: ho bisogno di due occhi, di due orecchie, di due mani, di due narici e così via, ma credo che nel mio corpo uno sia oggettivo e l’altro abbia un sensore soggettivo…poi mescolo le due percezioni, una attinente alle cose in generale e l’altra attinente alle mie cose, filtrare dalla mia creatività, da sempre. Da piccola anche le mie bugie esigevano una vena di cinematografia.
Cosa pensi della scena musicale napoletana? C’è una forza femminile importante, penso a Meg, a La Nina, ai Thru Collected…
Credo che a Napoli la musica sia sempre stata sapida, anzi. Oggi ci sono più mezzi per espandersi ed esprimersi, con i loro pro e i loro contro. Auguro alla musica napoletana di distinguersi e ramificarsi da se stessa e nel resto del mondo.
Sono convinta che la lingua non sia un limite interno, ma un pregiudizio. La lingua napoletana è anche femmina e per fortuna gli scogli del panorama della musica napoletana non sono privi di Partenopei pronte a rinnovare il canto.
Parlando per me, sono contenta di essere stata accolta così calorosamente dal pubblico e come realtà a se stante e innovativa; credo che Napoli, da sempre e per sempre, possa rimbalzare da casa sua sino alle pareti del mondo e viceversa in un ping pong culturale e creativo internazionale, ma raffinatamente e artigianalmente glocal.
L’ultimo album di cui ti sei innamorata.
Innamorata proprio, ma veramente, di “Woman” di Rhye, del 2013.
DADÀ on Tour:
03 agosto – Laos Fest, Scalea (CS)
05 agosto – Block Fest, Pisciotta (SA)
06 agosto – Allevamenti Festival, Corletto Monforte (SA)
16 agosto – Il Paese di Gertrude, Cittadella del Capo (CS)
20 agosto – Ariano Folk Festival, Ariano Irpino (AV)
20 agosto – Primavolta Festival, Pineto (TE)
26 agosto – Mag Fstival, Sona (VR)
01 settembre – Mac Fest, Cava dei Tirreni (SA)
DADÀ DADÀ DADÀ DADÀ DADÀ