Il lato seducente di Tyler Matthew Oyer

Tyler Matthew Oyer è un artista che naviga senza paura tra le sfumature più intime e provocatorie della fotografia, della musica e delle performance.

Il suo approccio alla fotografia di nudo va oltre l’estetica superficiale, esplorando la complessità dell’identità, della vulnerabilità e dell’interazione tra corpo e contesto. Tyler riesce a creare immagini in cui ogni modello diventa protagonista di una storia che si sviluppa nel tempo. La sua fotografia non si limita a congelare un momento, ma a restituirlo come un pezzo di memoria vivente, un archivio dinamico che può essere rivisitato, reinterpretato e arricchito. Tyler fotografa persone che suscitano in lui sensazioni importanti, ma soprattutto che lo divertono, da uomini sexy a artiste straordinarie come FKA Twigs e Sevdaliza. In questa intervista, Tyler ci offre uno sguardo sulle sue riflessioni artistiche, sulla nudità come forma di espressione e sul delicato confine tra arte, intimità ed erotismo.

Una conversazione che ci invita a riflettere sulla natura del corpo, della società e, soprattutto, sulla nostra identità in evoluzione.

La nudità nei tuoi scatti sembra raccontare storie che vanno oltre il corpo. Come costruisci una narrativa attorno ai tuoi soggetti, e quanto è importante il contesto rispetto alla figura nuda in sé?

Trovo bellezza in tutti i modelli che fotografo, ed è proprio questo che mi attrae verso di loro fin dall’inizio. Ma c’è un trasferimento che va oltre l’estetica. È più una questione di energia. Adoro le personalità eccentriche, i personaggi vivaci. Le sessioni fotografiche più difficili per me sono con modelli rigidi o silenziosi, forse anche a disagio.

Amo ridere durante uno shooting, persino diventare una sorta di motivatore.

Fotografare un attore, un ballerino o un modello che è molto connesso al proprio corpo è il massimo del divertimento, perché è come entrare in una danza collaborativa. Questo è il contesto che costruiamo insieme, ed è per questo che le foto risultano sia intime che potenti: non è uno scambio unilaterale.

Il corpo maschile è spesso visto come simbolo di potere. Come lo smonti, o lo esalti, attraverso la nudità nei tuoi scatti?

Non sono sicuro di stare decostruendo il corpo maschile come simbolo di potere, ma penso di complicarlo. Il patriarcato assume molte forme che non si limitano al corpo maschile, ma allo stesso tempo il corpo maschile non è solo un simbolo del patriarcato. Credo che tutti i corpi possano racchiudere tenerezza e bellezza, poesia, gentilezza, e connettersi a strati più sfumati di fisicità e identità. Spero che sia questo ciò che le mie foto trasmettono.

Il corpo maschile nei tuoi scatti si fa anche paesaggio. Come decidi cosa esplorare e cosa lasciare inesplorato?

Lavoro in modo molto intuitivo. Non rifletto troppo sul concetto o sul risultato né prima né durante il lavoro. È bello pensare al corpo come a un paesaggio, perché, in fin dei conti, siamo esseri naturali, e penso che questo sia un modo più autentico di concepire la fotografia di una persona, specialmente di qualcuno che si è lasciato andare, mostrando vulnerabilità e magari posando completamente nudo davanti alla mia macchina fotografica. Uso sempre il linguaggio durante gli scatti: mi confronto con il modello, do indicazioni e suggerimenti, ed esploriamo insieme ciò che è possibile in quel momento.

In un mondo che sembra ancora censurare la nudità, ma non la violenza, cosa pensi che il nudo maschile abbia da dire a una società come la nostra?

Stiamo vivendo un momento estremamente pornografico nella storia dell’umanità. In un certo senso, questo è liberatorio sul piano sessuale, ma è anche un sintomo del capitalismo avanzato.

Oggi le persone possono guadagnare più soldi posando nude online che lavorando come insegnanti o operai specializzati. Cosa dice questo di noi? In sostanza, le persone hanno iniziato a usare le immagini del proprio corpo come una forma di valuta, sia su piattaforme come OnlyFans, X, o persino come influencer. Sebbene ciò abbia un impatto positivo sulla loro economia, può ulteriormente alienarci gli uni dagli altri e causare problemi di salute mentale, poiché trasformare l’intera identità di una persona in una merce può avere conseguenze profonde.

Qual è il dettaglio del corpo maschile che trovi più difficile da catturare, ma anche il più affascinante?

Un sorriso autentico.

Quando un modello accetta di posare nudo per te, qual è il primo pensiero che ti passa per la testa?

Sfida accettata! Facciamo arte!

Se dovessi rappresentare una tua canzone attraverso un’unica immagine fotografica di nudo maschile, che tipo di corpo e di posa sceglieresti?

Il mio nuovo album, VENUS, uscirà questa primavera. C’è una canzone intitolata TRANSFORM e mi piacerebbe catturare un modello che danza intuitivamente su questo brano.

Hai scattato diversi personaggi famosi, il più divertente?

Queen of Melrose!

Pensi che il tuo approccio alla fotografia sia più “visivo” o “sonoro”? Ovvero, c’è mai un’eco musicale o ritmica nel modo in cui componi i tuoi scatti?

Ho lavorato in molti generi per tanti anni. Quando fotografo, non penso realmente alla musica, e quando creo musica, non penso davvero alla fotografia, ma una cosa che le unisce è l’idea del worldbuilding. È un concetto che rimane costante in tutti i miei mezzi espressivi, che si tratti di musica, fotografia, performance, scultura, pittura o anche della mia scrittura.

Molte persone vedono la fotografia di nudo come qualcosa di strettamente erotico o estetico. Tu come descriveresti il confine tra arte, intimità ed erotismo nei tuoi lavori?

Penso che stia ancora cercando di capirlo. La mia pratica è molto radicata nel corpo, provenendo dalla performance, dal teatro e dalla danza.

Quando usiamo il nostro corpo nell’arte, c’è un’intimità o un erotismo automatico, perché i nostri corpi sono contenitori di tutte quelle dimensioni, esperienze e sensazioni.

Una cosa a cui penso molto con la mia fotografia è il tempo e come, quando fotografi qualcuno, congeli un momento nel tempo in modo indefinito – diventa iconico. Poi puoi rivedere quell’immagine come parte di un archivio, o puoi rivedere quel modello e continuare la storia anni dopo scattando di nuovo il suo ritratto. In definitiva, per me si tratta di custodire i nostri lasciti individuali e collettivi.