Questa intervista è apparsa precedentemente su TOH! N.33
Nel gennaio del 2017, l’artista autodidatta Erik Hanson decide di provare qualcosa di nuovo e di porsi una sfida: dedicare i due anni successivi ad un solo soggetto: Bluto, il sexy daddy di Braccio di Ferro.
Più di 200 opere che ci fanno conoscere in maniera diversa un personaggio che, in fondo, è sempre stato più affascinante del protagonista Popeye: toro, peloso, senza alito al gusto di pipa… Lunga vita a Bluto!
Ciao Erik, ci racconti quali sono le tue origini?
Sono cresciuto nel Minnesota, in una famiglia della classe operaia. I miei insegnanti a scuola avevano notato che avevo talento nell’arte e m’incoraggiavano molto.
La mia insegnante di terza elementare era di New York, e un giorno mi portò una cartolina che rappresentava dei beatnik che dipingevano a Washington Square Park.
Quel giorno sono tornato a casa e ho detto ai miei che una volta maggiorenne mi sarei trasferito a New York per diventare un artista. Mio padre rispose che era l’idea più stupida che avesse mai sentito.
Mi parli di questi due anni con Bluto?
Un giorno un amico mi ha mandato l’immagine di un giocattolo di Bluto e ho deciso di dipingerlo: farlo mi ha dato delle sensazioni che non avevo mai più provato sin da quando ero bambino!
Mi sono preso una cotta per Bluto e sono tornato a guardare i cartoni animati di Braccio di Ferro, rendendomi conto che in fondo non è il cattivo che molta gente pensa che sia. Il rapporto tra lui e Popeye è molto complesso in realtà.
Popeye non fa che vantarsi dei suoi muscoli, infastidendo Bluto che si allena duramente in palestra per avere quel fisico: gli costa molta fatica, i muscoli non appaiono magicamente grazie a una lattina di spinaci.
Così s’infila il suo piccolo costume e va a Muscle Beach con un sorriso a trentadue denti per mettersi in mostra. E anche lì, arriverà sempre Popeye a prenderlo in giro perchè trova il suo costume ridicolo… Ma le liti di solito finiscono molto velocemente, probabilmente è solo il loro modo di stare insieme e mostrare l’affetto che nutrono l’uno per l’altro.
Analizzando i due, ti rendo conto che Bluto è un gran lavoratore ed è orgoglioso di ciò che fa: credo che il mondo sarebbe un posto migliore se ci fossero più Bluto e meno Popeye.
Adoro che tu abbia mostrato una nuova immagine di lui, Che tipo di uomo pensi che sia?
In pratica tutti quelli con cui sono uscito assomigliano in qualche modo a Bluto. Per sei anni ho frequentato un ragazzo che gli assomigliava molto ed era bottom.
Non ho potuto fare a meno di includerlo nella mostra, ho creato delle immagini di Bluto con il sedere al vento che me lo hanno ricordato molto.
C’è sotto qualche messaggio in quest’ossessione?
Il progetto “2 Years of Bluto” significa veramente molto per me: in due anni ho realizzato 230 tele. Mi ha insegnato a dipingere – non ho mai avuto una formazione classica – e a perdonare.
L’argomento m’intrigava perchè Bluto mi ricordava il mio defunto padre, sempre aggressivo e di cattivo umore. Passare due anni a dipingere Bluto è stato un modo per meditare sulla duplice natura di mio padre, quella buona e quella cattiva.
Ho imparato a perdonare, e questo mi ha tolto un grosso fardello.
E mi ha permesso di avere fiducia nella mia capacità di assumermi rischi come pittore e continuare a spingermi oltre, una qualità che ho appreso proprio da mio padre.
Qual è la cosa che ami di più nell’essere un artista?
Quando ero bambino, le lezioni di arte a scuola erano le uniche in cui non mi sentivo stupido, anzi, riuscivo molto bene e mi sentivo davvero me stesso.
È quella sensazione che mi fa sentire un artista, non ho mai smesso di portatla con me.
A cosa stai lavorando?
Parte dello show di Bluto andrà a Los Angeles per essere inclusa nell’asta di beneficenza per il Project Angel Food, e un’altra parte sarà visitabile alla Postmasters Gallery di New York in occasione della mostra dedicata ai 50 anni di Stonewall.
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