Marco Bongiorni: gli uomini piangono per il mondo in cui esistono.

Marco Bongiorni lancia sul ring la sua vita, fatta di ricordi, passioni e sofferenze che lo stimolano nel suo percorso artistico a creare un’arte drammaticamente vera.

La creatività che Marco Bongiorni possiede è ereditata da un contesto familiare che l’ha portato a vivere una vita fatta di bellezza e conoscenza. “Uomo che piange” è una serie di dipinti che Marco ha iniziato a realizzare qualche anno fa per un’esigenza personale. Un pianto che ha fatto fatica ad arrivare, il più grande gesto di sofferenza e commozione che si possa avere. Marco studia in modo emozionale e fortemente umano il pianto maschile, a cui non è mai stato attribuito un valore nella pittura.

Questo atto è ancora assurdamente interdetto per molte persone. Marco Bongiorni come tutte le persone ricche di emozioni e sensibilità, che non vuol dire inferiorità, piange. Si emoziona e ci emoziona. 

Chi è Marco? Ci parli un po’ di te?

Sono alto un metro e novantotto, peso 100 kg e sono un pittore.

Tutte le altre informazioni su di me possono essere fraintese o fraintendimenti esse stesse, quindi mi fermo qui.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Quando e come ti sei avvicinato al mondo dell’arte? 

Vengo da una famiglia in cui ho respirato arte visiva fin da piccolo. Nonno scultore, padre architetto, fratello illustratore. 

Abbiamo sempre considerato il lavoro creativo come un vero lavoro. 

Oltre a questo ritengo l’incontro con Claudio Olivieri uno dei momenti fondanti del mio percorso. Lo conobbi un’estate nel suo studio di via Carlo D’Adda a Milano. La luce che pioveva dai lucernari sui suoi quadri mi diede la conferma che la pittura trovava ancora senso nell’essere praticata.

Come definiresti la tua arte ? 

Periferica.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Io sono nato con la stenosi dei dotti lacrimali. In pratica non potevano uscire lacrime dai miei occhi per via di una membrana che non si era riassorbita. Hanno dovuto fare un piccolo intervento quando ero molto piccolo per lasciarmi piangere in pace.

Da allora ho sempre pianto e piango ancora oggi.

Questa serie di dipinti e disegni è iniziata tre anni fa da un’esigenza molto personale in un periodo particolare della mia vita. Mi sono trovato in studio un pomeriggio, solo, e ho cominciato a piangere. 

Poi ho applicato delle lacrime ad alcuni autoritratti che avevo appena fatto. Mi accorgevo che quei segni rigidi e forti davano all’immagine un taglio diverso, le lacrime non cadevano, piuttosto fuoriuscivano con una loro vitalità. Erano quasi un potere da super eroi.

Ho studiato la questione del pianto in pittura, scoprendo che nella cultura visiva occidentale l’uomo che piange non si trova di frequente, al contrario per esempio della donna piangente che rimane uno dei grandi temi occidentali.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Ci sono degli esempi importanti certo, come Bramante e Bouts o casi più recenti come il drammatico abbraccio tra Ivan il Terribile e suo figlio morente di Repon, ma le lacrime sul volto maschile sono ancora una sorta di tabù visivo. Stranamente nella letteratura, soprattutto classica, invece si parla spesso del pianto dell’uomo da quello di Ulisse per Itaca a quelli di Achille ed Ettore.

Riguardo alla tua domanda vorrei dirti che questi miei uomini piangono per il mondo in cui esistono; per le condizioni in cui si trovano a essere in quanto uomini. Perché picchiano, stuprano e molestano.

Per la vergogna di non voler far nulla davanti a violenze e soprusi. Per la loro natura vigliacca che gli fa girare lo sguardo quando altre persone muoiono di fame, di freddo o annegano nel mediterraneo.

Ma poi non ne sono cosi certo perché anche questi uomini sono egoisti come tutti e poi il pianto e il disegno sono fatti specifici, non assoluti.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Questi uomini piangono la morte di amici che non ci sono più; Christian, Claudio, Donatella, Alberto e di altri. Piangono per **** che ha problemi con la giustizia, per **** e **** che si sono ammalati, per ***** e **** che stanno nel tunnel della coca e non ne escono. Piangono **** o le amiche che hanno avuto un aborto o piangono per le dita delle mani di mia nonna Adele che ho visto curvarsi su se stesse per l’artrosi.

Forse piangono perché sono dei divenuti uomini.

Uso le parole di Matteo Nucci che, nel suo Le lacrime degli eroi, racconta Dioniso disperato per la morte del suo amante ucciso da un toro furioso: “Davanti al corpo senza vita di Ampelo, il dio che non sa piangere piange”.

Un’altra tua passione è sicuramente il pugilato, cosa ti trasmette e quanto è importante per te questo sport? 

Mi sono innamorato del pugilato anni fa anche se l’ho sempre praticato in modo amatoriale. Col tempo l’ho guardato, studiato, letto e oggi posso dire che è certamente tra i miei sport preferiti. 

Mi piace la palestra come luogo dove pensare col corpo. Conoscere se stessi e però anche conoscere l’altro. Dove prendere appunti, trovare amicizia e seguire modelli lontani dai tuoi. 

È un luogo dove si forma l’empatia di cui abbiamo bisogno ogni giorno ed è forse per questo che mi è parso naturale associare la boxe al disegno, il linguaggio più empatico che conosca.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Credi che l’arte e il pugilato abbiano delle caratteristiche comuni? Se si quali? 

il pugilato ha caratteristiche in comune con qualsiasi attività umana, ma come dice Joyce Carol “non mi riesce di pensare alla boxe in termini letterari come metafora di qualcos’altro (…) Posso però valutare l’idea che la vita sia una metafora della Boxe”. 

A me interessa il pugilato come esempio, come metodo, come attitudine da rubare e applicare al mio disegno.

In tal senso il mio libro Drawing as fighting, manuale per un disegno da combattimento (Milieu Editore) è un tentativo di dare una forma accessibile a questo approccio che è certamente personale.

Chi legge il libro o partecipa a un workshop DAF fa esperienza diretta di cosa e quanto si possa imparare da un pugile.

La distanza per esempio è una delle parole che più frequentemente sentirai ripetere se entri in una palestra di pugilato. Sapere trovare la distanza giusta, imparare a sentirla, essere in grado di tenerla, sono lezioni che valgono sul ring, ma anche sul foglio foglio di carta.

Marco Bongiorni – Drawing as fighting, manuale per un disegno da combattimento (milieu editore)

Cosa ti affascina maggiormente? 

In termini pugilistici la schivata dei grandi pugili. Da Meyweather a Canelo e Lomachenko. La loro capacità di leggere le intenzioni dell’avversario prima che si manifestino.

Oltre a questo sono ricettivo su aspetti molto diversi del mondo. Adesso sono nel viaggio della pastorizia. Sto studiando pecore e pastori.

Che musica attribuiresti alla tua arte? 

Non so risponderti, ma ho imparato molto sul disegno ascoltando Dj tourtamoblist come Gruff, Skyzo, Tyone e tutta l’Alien Army.

Marco Bongiorni – Uomo che piange, 2021

Che progetti hai per il futuro? 

Stiamo preparando un progetto con la fondazione Ermanno Casoli di Fabriano.