Phoebe Green: canto per capire me stessa

Phoebe Green accantona le sue radici artistiche contraddistinte dalla chitarra e nel suo secondo album “Lucky Me”, riscopre se stessa a suo agio tra sonorità elettro pop dai testi auto-laceranti, coraggiosi, ma anche ironici. La cantautrice di Manchester si mette a nudo e abbraccia il cambiamento, interiore e artistico.

Vado subito al sodo, Phoebe Green è un’artista da tenere d’occhio, la nuova stella nascente del pop inglese che dovete conoscere.

Dopo un debutto influenzato da atmosfere rarefatte e pop-folk, il suo secondo album “Lucky Me”, si tuffa nell’elettro pop e nell’indie rock, cambiando con disinvoltura registro in un album avventuroso e coeso che esplora il cambiamento, il rapporto di genere e la salute mentale. Insomma Phoebe è risorta da se stessa come una fenice dai ricci rosso fuoco.

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Ciao Phoebe come stai?

Ciao! Sto bene grazie.

Finalmente “Lucky Me” il tuo nuovo album è fuori, come ti senti e cosa avevi in ​​mente prima di iniziare a lavorarci?

Penso che finalmente è salpato, ero davvero sopraffatta prima e subito dopo il rilascio, ma ho avuto il tempo di conviverci e ora è un sollievo sapere che è nel mondo con una nuova vita.

Lavorare a “Lucky Me” è stato davvero terapeutico per me, poiché ha documentato un periodo piuttosto intenso della mia vita, sono felice che qualcosa di così speciale sia nato dalle mie esperienze.

Amo la brutale sincerità dei tuoi testi, come puoi essere così onesta con i tuoi sentimenti? Come hai permesso a te stessa di scrivere in questo modo?

Grazie! C’è voluto molto lavoro per permettermi di essere vulnerabile, e lo trovo ancora molto intimo, ma penso che la natura più ottimista delle canzoni mascheri alcuni dei testi più difficili.

Trovo sempre un modo per nascondermi dietro qualcosa, anche se è impercettibile quanto un beat veloce!

è difficile per me essere onesta con me stessa, ma penso che scrivere musica sia qualcosa di catartico che mi permette di giudicare le mie stesse emozioni, non meno di quanto non lo sia nella mia vita quotidiana.

Ti senti vulnerabile quando canti queste canzoni dal vivo?

Si Molto! Penso che sarà davvero commovente sentire le persone cantarle insieme a me, però, sarà più un’esperienza condivisa che estraniante.

Phoebe Green “Lucky Me”

Hai iniziato la tua carriera suonando canzoni con la chitarra, cosa ti ha portato nella vibrante tavolozza del pop elettrico di “Lucky Me”?

Penso di aver capito che suonare la chitarra mi inibiva più di ogni altra cosa, non sono così brava e mi sono ritrovata a preoccuparmi troppo di suonarla sul palco, piuttosto che essere presente e esibirmi davanti al mio pubblico.

Ho iniziato a scrivere demo senza la chitarra e ho scoperto di essere più creativa con diversi strumenti e suoni, perché non ero più limitata dalle mie consuete abilità.

Mi sono resa conto che le mie melodie stavano diventando più avventurose e che le canzoni avevano un suono più unico, ero guidata da un’intuizione che mi spingeva verso quello che pensavo suonasse bene, piuttosto del tecnicamente corretto.

“Lucky Me” suona come un viaggio alla scoperta di te stessa. Com’è stato per te questo percorso?

Molto difficile. È stato estenuante e a volte piuttosto scomodo, ma mi sto avvicinando a un luogo di autoaccettazione e appagamento.

Trascorro molto tempo nelle fasi di transizione, il che significa che sto crescendo e cambiando continuamente, ma mi piace perché imparo molto su me stessa e non voglio mai sentirmi intrappolata in un’identità.

Mi consola il fatto che sono costantemente incoerente, ma sono giovane!

Qual è la cosa più importante che hai imparato da te stessa nella realizzazione di questo album?

Che ci voglia così tanta forza nell’essere in grado di accedere e mostrare le proprie emozioni, ho passato anni a sopprimere i miei sentimenti e questo mi ha portato in posti molto più oscuri del semplice essere aperta e sentire le cose quando si presentano. Può essere davvero difficile provare emozioni estreme, ma fa parte di ciò che siamo come esseri umani, e c’è così tanta bellezza in questo.

Sento che usi la musica come una forma di meccanismo di difesa. Pensi di aver raggiunto un punto nel tuo modo di fare musica, in cui ti senti più a tuo agio nell’essere vulnerabile?

Ci sto arrivando, sono decisamente molto più vicina di quanto non fossi; Uso ancora umorismo o metafore nei miei testi per sminuire ciò che sto effettivamente cercando di dire, o li maschero con effetti pazzi, ma la produzione pop più incentrata sulla voce mi permette di essere il punto focale della canzone, e non ti nascondo che lo trovo piuttosto spaventoso.

Penso che tu sia una ragazza coraggiosa, non è un caso che hai aperto alcune date per Self Esteem, parlando di saper esporti. Penso che artisti come te possano cambiare la mascolinità tossica del sistema. Qual è il tuo punto di vista?

Grazie, sto iniziando a sentirmi così! Sicuramente penso che la mascolinità tossica in questo settore sia ancora diffusa e piuttosto inevitabile, ma sono le persone con cui scegliamo di circondarci a rendere più sopportabile l’esistenza, in un ambiente spesso degradante.

Mi piacerebbe fare la differenza il più possibile, anche se significa solo dire “no” di più agli uomini o sfidare le loro opinioni, quando ero più giovane e meno sicura di me lasciavo scivolare via le cose, ma ora faccio fatica a nascondermi quando qualcosa mi ha fatto incazzare!

Ho letto che Manchester ha un’incredibile scena artistica queer, senti di farne parte?

Sì, sicuramente! Mi sento molto più a mio agio nell’identificarmi come artista queer ora ed è fantastico vivere in un posto dove è così celebrato. La maggior parte dei miei amici sono artisti, il che mi tiene piuttosto impegnata, è davvero fantastico.

Con la tua scrittura pensi di avere aiutato la comunità lgbtqia+ a comprendere alcune questioni delicate come la salute mentale e l’accettazione?

Mi piacerebbe pensare di aver aiutato la community con le mie canzoni, ma penso che la vergogna con cui veniamo nutriti da così giovani a volte sia davvero difficile scrollarsela di dosso, e sicuramente mi colpisce ancora a ondate.

Ma trovo che sia un sentimento comune; anche in quest’epoca dove molte persone non queer sembrano pensare che il mondo ci stia ampiamente accettando.

Che si tratti di umiliazione o feticizzazione, è un problema che è ancora molto presente nella mia vita, anche se è più sottile, quindi scriverne spero porti una sorta di conforto ad altri come me.

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Tu usi i pronomi lei/loro. Che rapporto hai con la tua identità di genere?

La mia identità di genere è piuttosto fluida, penso che essere completamente femminile per me sia sempre stato un po’ strano, ma come ho detto in precedenza, cambio sempre.

Penso che negli ultimi due anni mi sono adattata di più e mi sono preoccupata meno di ciò che le altre persone potrebbero pensare, poiché non è qualcosa che faccio per loro, ma è qualcosa che sto cercando di capire da sola.

Sembra che ti piaccia giocare con la tua immagine e i tuoi outfit, hai uno stilista preferito?

Sono sempre stato ossessionata da Simone Rocha, amo le silhouette interessanti e i colletti grandi, adoravo il look androgino che Arlo Parks ha indossato per i Grammy.

Indosso principalmente abiti vintage/di seconda mano, ma seguo molti nuovi designer su Instagram, è fantastico scoprire giovani creativi che stanno davvero spingendo i confini della moda.

Il tuo miglior look da palcoscenico:

Un vestito realizzato in lockdown da una persona molto importante per me, consisteva in una tuta arancione con maniche a sbuffo che ho indossato per il mio ultimo concerto da headliner a Manchester, trovi una sua foto sul mio Instagram. Mi ha motivato ad andare avanti immaginando quanto sarebbe stato bello indossarlo un giorno sul palco, e lo è stato davvero.

Ultimo disco di cui ti sei innamorata:

“I Love You Jennifer B” il nuovo album dei Jockstrap, è incredibile!